Lettera (semi) seria del Ministro Tremonti ai Messinesi

Lettera (semi) seria del Ministro Tremonti ai Messinesi

Lettera (semi) seria del Ministro Tremonti ai Messinesi

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martedì 21 Giugno 2011 - 15:10

Il Ponte visto da chi ci dovrebbe mettere i dané

Cari Messinesi, mi avete proprio stufato.
Ma li leggete i giornali? Vedete cosa sta succedendo in Grecia? Lo capite o no che, domani, potrebbe accadere lo stesso in Italia? Pregate anche voi, come me, ogni mattina, che Moody’s non abbassi il nostro/vostro rating?
Pensate che gli ospedali, le scuole, i treni e i traghetti (per quanto pochi possano essere), i (magri) stipendi dei dipendenti pubblici, le pensioni e quant’altro siano un diritto inalienabile?
Chiedete ai Greci come cambieranno i loro stipendi, le loro pensioni e i loro servizi pubblici nei prossimi anni.
E chiedetevi cosa succederebbe se nessuno comprasse più i titoli di Stato italiani, per paura che il nostro Paese non possa rimborsarli alla scadenza.
Ha detto bene Giovanni Sartori sul Corriere della sera di qualche giorno fa: “Non rischiamo di diventare poveri, siamo già poveri”.
E non per colpa dei Milanesi o dei Veronesi, non per colpa dei Bolognesi, degli Anconetani o della stessa burocrazia romana, abituata da secoli a esigere il “pizzo” su ogni euro prodotto in Italia. Se il Paese è con le pezze al sedere, buona parte della colpa è del Meridione, della sua incapacità a utilizzare le risorse che il resto del Paese, generosamente e stupidamente, gli regala da mezzo secolo.
Calunnie? Allora, senza tirare fuori Garibaldi e l’oro del Banco di Sicilia, spiegatemi perché, Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna, in un solo anno, hanno dato allo Stato, sotto forma di tasse pagate, oltre 56 miliardi di euro (56 miliardi!!!) in più di quanto hanno ricevuto. Mentre Sicilia, Campania e Puglia, al contrario, ne hanno avuti 52,671 (52 miliardi e mezzo!!!) in più.
E spiegatemi perché dovrebbe continuare così in eterno.
Per essere ancora più chiaro, perché ogni cittadino della Lombardia, dovrebbe continuare a trasferire agli abitanti delle regioni in deficit (quasi tutte al Sud) ben 4.293 €. E ogni Veneto 1.394 €, come è successo nel 2007. Mentre ogni Siciliano è stato beneficato con 4.299 € senza far nulla.
Meglio sposare la proposta tedesca, e dividere la Ue in Paesi con Euro forte e Paesi con Euro debole, con le regioni del Mezzogiorno d’Italia, Sicilia in testa, tra i secondi. E chissenefrega se andrete alla deriva, almeno avremo smesso di finanziare i vostri sprechi.
Silvio, quando era al vertice della sua potenza, ci aveva imposto di fare il Ponte sullo Stretto.
Con tutte le grandi e piccole infrastrutture di cui avevamo bisogno a Nord, proprio da voi voleva spendere 6 miliardi!
Diceva: “Dobbiamo fare in modo che il Meridione produca e consumi come il resto del Paese. Vedrete che ne avremo un grande ritorno in termini economici ed elettorali: qualsiasi persona al mondo sarebbe felice sapendo che, dalle sue parti, si spenderanno tutti quei soldi”.
Sbagliava.
Probabilmente non aveva letto quello che dice il più profondo conoscitore dell’animo siciliano: Tomasi di Lampedusa. Che, in un memorabile monologo, fa dire al Principe di Salina “Il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; … convinti che il loro è un paese come tutti gli altri, scelleratamente calunniato; che la normalità civilizzata è qui, la stramberia fuori”.
Umberto ed io abbiamo abbozzato, pur intuendo cosa da questa decisione sarebbero venuti fuori solo guai.
Infatti, altro che consenso e gratitudine!
Raffaele Lombardo, da sostenitore del Governo e strenuo difensore del Ponte – quando voleva il nostro appoggio per essere eletto – si è trasformato nella Sfinge di Grammichele: non ne parla più. Ha cambiato idea?
Non si sa.
Certamente ha cambiato alleati.
Non parliamo poi di voi Messinesi: invece che un “Grazie”, critiche e accuse a mai finire.
Manifestazioni capeggiate da rivoluzionari della domenica, pronti a preferire il 50% di disoccupazione giovanile, il reddito e la qualità della vita tra i più bassi d’Europa pur di non rinunciare alle loro ville al mare e a non veder turbato il loro sonnacchioso impiego pubblico.
E poi interminabili elenchi di richieste, fiumi di pretese, valanghe di rivendicazioni.
Se si deve fare il Ponte vogliamo essere risarciti”.
Risarciti di cosa? Di un benessere ottenuto senza meriti?
Quando, in qualsiasi posto al mondo, sarebbero pronti a fare una statua d’oro a chi volesse investire anche la decima parte del denaro del Ponte sul loro territorio.
Volevate tutto e subito. Prima che inizino i lavori. Anche se il Ponte non si farà
E giù liste di opere compensative, mitigative, connesse, collegate.
Qualsiasi definizione andava bene pur di scroccare qualche altra decina di milioni
Dalla copertura dei torrenti alla realizzazione di reti fognarie abbandonate da decenni; dalla liberazione di ampie fasce d’arenile dimenticate da sessant’anni di incuria e disinteresse alla costruzione di nuove strade; da veloci collegamenti metropolitani sui nuovi binari della ferrovia allo spostamento delle stazioni; dall’incremento dei fondi per la Protezione civile – vi siete ricordati di aver avuto un terremoto solo quando si è cominciato a parlare di Ponte – fino alle lampadine della Nuova Panoramica.
In definitiva, avete chiesto soldi per tutto quello che non eravate riusciti a fare in un secolo.
Non avevate capito che, per collegare l’Italia al Nordafrica, non c’è bisogno né del vostro permesso né del Ponte.
Basta far funzionare il porto di Gioia Tauro – che c’è già – e portarvi binari veloci, come ho promesso qualche giorno fa a Scopelliti (lui sì che è fedele al Governo). Senza andare a sprecare tempo e denaro col vostro maledetto Ponte.
Bene, mi avete, o meglio, ci avete stufato. Ora che Silvio è prossimo a cadere, indebolito dal suo sciagurato vizio di fare promesse impossibili da mentenere in un Paese come questo e massacrato dai media (ma non erano tutti suoi?) e dal voto popolare, finalmente Umberto ed io potremo interrompere questa ridicola pantomima: useremo queste risorse a nord del Po (grazie, prof. Signorino per l’aiuto fornito gratuitamente) e Ponte non se ne farà più.
Salutate per almeno altri cinquant’anni l’affaccio al mare della zona Sud e l’A/V ferroviaria; tenetevi i pozzi neri di Ganzirri, lo sversamento dei liquami nello Stretto e la disoccupazione.
Ci sono mille modi per utilizzare meglio i soldi pubblici frutto delle tasse pagate dai cittadini settentrionali.

Firmato
L’esegeta di Giulio Tremonti

12 commenti

  1. giuseppe bonanno 21 Giugno 2011 16:30

    BRAVO 7 +

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  2. “Il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; … convinti che il loro è un paese come tutti gli altri, scelleratamente calunniato; che la normalità civilizzata è qui, la stramberia fuori”.
    Questo diceva il Principe di Salina ……………. dove si sbagliava ?????????????? qualcuno, se ha coraggio risponda

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  3. tutto vero ……. la mega opera è quasi impossibile realizzarla,ma quello che dice il nordista Tremon!! è verità ….

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  4. BE….DUBITO CHE TREMONTI ABBIA DETTO TESTUALI PAROLE.
    DICIAMO CHE SONO STATE INTERPRETATE. ED ALLORA NON FIRMATELE GIULIO TREMONTI( REATO DI CALUNNIA).
    SE AVESSE DETTO QUESTE PAROLE DI COSA CI STUPIAMO? NON HA FORSE RAGIONE?

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  5. la verità fa male! il messinese si merita quel che ha e continuerà a piangere, piangere lacrime….. di coccodrillo per le opportunità che ha avuto; non curante ha continuato a dormire, tanto ci penseranno i politici nostrani a…….cullarci per farci dormire meglio.

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  6. In effetti tutto quello che é scritto corrisponde alla pura verità e non si puo’ far altro che ammetterlo. La sola speranza sarebbe che i messinesi …si sveglino. Ma come fare, un popolo addormentato da anni di servilismo, che lecca il c.lo ai potenti in cambio di un favore…che pensa solo e unicamente à sé stesso non é solo addormentato ma in letargo. Un letargo che quando finirà, farà male, malissimo! Il giorno che non ci saranno più pubblici impieghi, servizi e tutto quello che fa, di un branco di pecore, un popolo civilizzato, quel giorno, prossimo, farà male! Messinesi, continuate a inzozzarvi e inzozzare tutto quello che toccate, fra poco..finisci u spassu!

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  7. secondo me la discussione non è semi è soltanto seria, l’avrà detto veramente sotto voce a qualcuno. appena viene messo a regime il federalismo fiscale ci sarà da ridere.

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  8. anticospeziale 21 Giugno 2011 21:35

    Oggi ho più volte impostato e censurato la secca risposta per evitare biasimo dei miei concittadini. Ma dopo aver “contato a lungo” la risposta è sempre la stessa: HA RAGIONE!
    Ci ha semplicemente pennellato come meglio non era possibile fare!
    Non possiamo che dargli ragione!

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  9. dura verità ma è verita.Finalmente Tremonti ha detto chiaramente che il ponte non si farà,mentre il sindaco Buzzy,il presidente della provincia e Ciucci continua ad incantare il popolo con il loro ritornello,ma non solo questo,continuano a spendere soldi con sondaggi,esperti,consulenze quando il danaro potrebbe servire per ripulire messina e quei pozzi neri di ganzirri.

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  10. Cosa rispondere all’esegeta di Tremonti? purtroppo, quello che hai scritto è l’amara verità che è sotto gli occhi di tutti. Non hai detto nulla sulla disoccupazione. Ti posso assicurare che il lavoro c’è! solo i meridionali e i messinesi in particolare, non lo trovano. Gli artigiani e i contadini sono quasi scomparsi;molte attività le svolgono gli extracomunitari. Il messinese non intende rimboccarsi le maniche, dà le colpe a tutti i politici di destra e di sinistra(mah, meglio non parlare dei politici!!!); ma guai a parlare di lavoro, col beneplacido di tanti genitori che con tutti i mezzi tentano di procurare al proprio rampollo un “posto fisso”,( possibilmente in città), dietro una scrivania.

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  11. In effetti un commento breve non basta per una replica appropriata. volevo mandarvi una sorta di articolo.
    1)l’articolo evidentemente non è di Tremonti, ma questo è quasi esplicito. Resta da vedere perché chiamare in causa il (fu) superministro dell’economia: evidentemente per ammantare di autorità una serie di banalità in materia “fiscale”;
    2)Non so infatti dove l’autore abbia preso i dati sui trasferimenti fiscali, probabilmente li ha letti sulla “Padania”. Che il meridione sia area assistita comunque ci può anche stare, non mi sembra una grande scoperta. La scoperta di questi ultimi anni è piuttosto il contrario: commisurando le imposte al reddito e soprattutto agli investimenti pubblici nelle diverse aree il meridione è stato svantaggiato rispetto al nord. Solo per esemplificare: l’autore ha contabilizzato anche quanto è costato all’erario il pagamento delle multe per le quote latte non rispettate?
    3)inoltre i depositi bancari del sud sono serviti in realtà per finanziare consumi e investimenti al nord. Il sistema bancario cioè rastrella finanziamenti dalle nostre tasche che poi però si guarda bene dal prestare ai cittadini meridionali ma porta in dono all’economia del nord, questo avviene attraverso differenziali nei tassi d’interesse non giustificati dal mercato che tutti denunciano ma nessuno agisce per modificare;
    4)L’esigenza redistributiva è nata da una sperequazione della ricchezza tra i diversi territori (è come se il nostro autore avesse scoperto che un professore universitario della Bocconi paga più tasse di un disoccupato napoletano). Ma questa differenza di ricchezza non è frutto del destino cinico e baro, ma di precise scelte nel modello di sviluppo. Dal dopoguerra in poi (ma già dall’unità d’Italia in avanti) le scelte delle classi dirigenti italiane hanno teso a concentrare un moderno sistema produttivo al nord confinando il meridione nella funzione di mercato di sbocco delle merci e serbatoio di manodopera.
    5)Anche per assolvere tale funzione tuttavia era necessario che al sud vi fossero dei redditi da spendere. Inoltre occorreva garantire la pace sociale nell’interesse dell’intero paese. È per questo che verso il meridione si avviarono flussi di denaro in trasferimenti assistenziali, burocrazia, spese improduttive. In particolare però si avviarono lavori pubblici, grandi opere devastanti e inutili che però avevano il grande pregio di garantire, a fronte di un’occupazione instabile, precaria e asservita, favolosi affari alle imprese del settentrione e alla borghesia locale. Questa politica, insieme poi all’intervento straordinario nel mezzogiorno e alle grandi fabbriche “cattedrali nel deserto”, di fatto contribuì non a rafforzare ma a distruggere il tessuto imprenditoriale locale;
    6)E arriviamo così al solo vero evidente motivo della lettera dello pseudotremonti: intonare un peana al ponte, grandissima opera di beneficenza che solo per carità cristiana i settentrionali benevoli e un grande Silvio vogliono regalare al mezzogiorno in difficoltà. Proprio l’ideologia delle grandi opere, di cui il ponte è la massima espressione, è invece parte integrante di quella visione politico-economica che ha condannato il nostro meridione al sottosviluppo e alla dipendenza dal nord. Di più, intorno ad essa si è consolidato nel meridione l’intreccio tra mafie, affari e politica. Per essa il meridione ha svenduto i proprio pregiatissimo territorio, fantastiche ricchezze naturali, accettando la devastazione e il degrado. Aspettando la manna delle grandi opere, e del ponte nello specifico, le classi dirigenti locali, solitamente asservite quando non vendute, hanno trovato l’alibi giusto per non fare tutto quello che dovevano fare in termini di erogazione di servizi e in termini di elaborazione e attuazione di strategie di sviluppo.
    7)Condivido quindi che i messinesi, e i meridionali, invece di lamentarsi e chiedere improbabili opere compensative, dovrebbero darsi da fare per migliorare l’ambiente in cui vivono, sia in senso naturale che socio-economico. Per fare questo è però necessario sgombrare l’orizzonte dalla falsa promessa, cioè dal vero incubo, del ponte e dell’insieme di interessi che si porta dietro. È necessario chiamare alle proprie responsabilità le classi dirigenti locali, senza più alibi di miracolistici e irrealizzabili manne dal cielo.
    8)Infine non si capisce perché anche il governo nazionale non debba essere chiamato alle proprie responsabilità: non è che il sistema autostradale, ferroviario, portuale e aereoportuale del centro nord sia stato realizzato dal comune di Cuasso al Monte. Lo Stato Italiano ha responsabilità precise e precisi doveri verso le popolazioni meridionali, a meno che non condividiamo l’idea che solo nei 150 anni dell’unità ci si debba ricordare che siamo anche noi Italiani…
    9) Quindi, dato che per il Ponte in realtà le somme stanziate direttamente o indirettamente dal settore pubblico sono ingentissime, e vengono giustificate con la bufala di chissà quanti posti di lavoro (bufala smentita dagli studi della stessa società stretto di messina, ma si sa, in questo paese le più elementari verità fanno fatica ad affermarsi), allora da anni migliaia e migliaia di messinesi (e non qualche rivoluzionario della domenica, sennò certo questo governo e gli apologeti del ponte non sarebbero così preoccupati) lottano per affermare che gli investimenti pubblici vanno indirizzati al recupero e alla messa in sicurezza del territorio, alla prevenzione del rischio sismico, alla realizzazione di infrastrutture di prossimità: il raddoppio del binario in Sicilia, il completamento vero delle nostre autostrade, la realizzazione di un sistema viario provinciale dignitoso (lo sa il nostro pseudotremonti che questo governo ci ha fatto perdere 150 milioni di euro su questo capitolo?), scuole, asili, ecc.

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  12. Il “commento breve” alla lettera dell’esegeta di Tremonti contiene certamente alcune verità. Che però servono ad accrescere le conoscenze storiche dei lettori e nulla più, di fronte alla cruda realtà. Dovrebbe bastare la frase “E’ necessario chiamare alle proprie responsabilità le classi dirigenti locali” per rendersi conto che il commento è figlio di un sogno ad occhi aperti. Altrettanto campate in aria affermazioni (giuste) del tipo “… migliaia e migliaia di Messinesi (omissis) lottano per affermare che gli investimenti pubblici vanno indirizzati al recupero e alla messa in sicurezza del territorio …”. Come si fa a non chiedersi perché, al momento di entrare nella cabina elettorale, queste migliaia e migliaia cambiano idea. Equivale a dire che dobbiamo essere tutti buoni, rispettosi delle leggi e agire solo nell’interesse generale. Meravigliosa utopia. Un Paese va nella direzione indicata dagli interessi (soprattutto personali) di chi sa ottenere il consenso elettorale della maggioranza dei cittadini. Confondere le proprie personalissime e lecite aspirazioni con la realtà è molto pericoloso. Anche per la democrazia, a pensarci bene. Mettiamo i piedi per terra e prendiamo atto di quel che si può ottenere veramente, che potrà non piacere a tutti, ma non ha alternative serie. Il resto sarà anche vero ma rimane una delle tante chiacchiere dei salotti della gauche-caviar. Purtroppo.

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