Il sindaco Falcomatà: scelta conveniente per l'intero Paese, che con l'occasione deve abbandonare per sempre il discriminatorio criterio della spesa storicaIl sindaco Falcomatà: scelta conveniente per l'intero Paese, che con l'occasione deve abbandonare per sempre il discriminatorio criterio della spesa storica
Passa col voto favorevole della maggioranza e dell’opposizione e con la sola astensione della consigliera di minoranza, Filomena Iatì, la mozione presentata in Consiglio comunale dall’esponente del gruppo S’intesi, Mario Cardia, per chiedere al Governo il raddoppio della quota riservata al Sud dei fondi previsti dal Recovery Fund. Ovvero, di attenersi alle linee guida fissate dell’Europa che indica fra il 66 ed il 68% la percentuale da destinare alle regioni del Mezzogiorno.
Reggio… un po’ come Lipsia
Sul punto, il sindaco Giuseppe Falcomatà, intervenuto in aula, ha parlato di «occasione storica». «Il Governo è di fronte alla possibilità di attuare una nuova Unità nazionale», ha detto il primo cittadino sottolineando «la portata epocale di un provvedimento rispetto al quale Palazzo Chigi deve fare ciò che si è fatto in Germania ai tempi della riunificazione dell’Est e dell’Ovest del Paese. Il Piano è stato approvato dal Consiglio dei ministri, dal Parlamento ed è stato inviato a Bruxelles – ha ammesso il primo cittadino -, ma ci sono i margini per modificare le percentuali delle risorse da distribuire sui territori. In questo momento, quindi, dobbiamo mantenere la lucidità ed essere concentrati sulle sfide dei prossimi mesi».
«Conveniente per tutti»
Saremmo dunque davanti a una scelta «politica e strategica», se tutti gli attori in gioco rispetto ai fondi del Pnrr serbano «la consapevolezza che una loro giusta ed equa distribuzione può davvero congiungere l’Italia perché in politica, in economia, nella vita non esistono situazioni insuperabili», fermo restando che va smentita la “narrazione” che vuole che il Mezzogiorno troppo spesso si sia dimostrato incapace di spendere, e tanto più di spender bene, le risorse (non solo) comunitarie affidategli.
E del resto «i popoli, così come i territori, non sono immobili, cambiano. Il futuro di un territorio muta in base alle scelte che una nazione fa». Va detto quindi che «per un euro investito al Sud il Nord guadagna 0,40 centesimi. Viceversa, alle nostre latitudini si ha un ritorno di appena 0,06 centesimi – così il sindaco -. Questa più equa distribuzione delle risorse, rafforzata anche attraverso la mozione in discussione, sta a significare esattamente questo. È una convenienza per l’intero Paese. E lo dimostra la storia: l’Italia ha vissuto il boom economico degli anni ’60 perché il Sud è stato coinvolto e protagonista degli investimenti». Dunque non si tratta di
«essere meridionalisti per forza», considerato l’esempio di Alcide De Gasperi, statista vero e convintissimo della necessità d’includere il Sud in ogni tipo di processo produttivo e sociale, benché trentino.
Bye bye, spesa storica
Resta il fatto che quella sulla percentuale dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza da destinare al Mezzogiorno va considerata «la battaglia di tutte le battaglie» insieme all’altra che Falcomatà sta portando avanti anche quale delegato Anci per il Mezzogiorno e presidente regionale di Ali- Autonomie: la cancellazione dell’abietto criterio della spesa storica.
Il Paese deve abbandonare «una discriminazione di residenza data dal criterio della spesa storica e, finalmente, definire i livelli essenziali delle prestazioni» anche perché, «senza questo passaggio, un bimbo che nasce nel Mezzogiorno non avrà mai le stesse opportunità di un pari età nato nel Settentrione».