Qualche giorno fa abbiamo pubblicato la lettera di Fabrizio, inviata a Tempostretto ed indirizzata ad uno dei candidati a rettore. Anche il prof. Vita ha scelto il nostro giornale per rispondere a quello studente
Caro Fabrizio
Ho letto con molta attenzione ciò che hai scritto. Condivido la tua rabbia davanti a certe situazioni che, è innegabile, possono spesso risultare come tu le descrivi. Anche io sono stato uno studente ed anche io sono stato fuori per perfezionare i miei studi… ma sono tornato nella mia Messina, che amo profondamente. Permettimi di non condividere alcune tue affermazioni. Sostieni che a me, forse, importa poco di ciò che accade della nostra città, perché da universitario questa non è di mio “stretto interesse”… così scrivi. Ebbene, sappi che ho deciso di candidarmi proprio perché la penso in modo esattamente contrario. Ho deciso di candidarmi, di metterci la faccia, perché non possiamo sempre dire che le cose vanno cambiate, migliorate ed allo stesso tempo aspettare che altri lo facciano al posto nostro. In questa assunzione di responsabilità mi piace riaffermare l’orgoglio di appartenenza ad una comunità accademica che nella stragrande maggioranza dei casi ha avuto a Messina un ruolo trainante nella cultura e nella dialettica e che deve continuarlo ad avere con sempre maggiore vigore.
Tutta la mia storia personale, la “gavetta” che ho fatto senza l’aiuto di parenti o amici, fatta di periodi all’estero, la mia volontà di costruire qualcosa di nuovo, l’impegno che ho sempre avuto nel portare avanti progetti nuovi nell’interesse della collettività, ogni singola esperienza vissuta fino ad oggi mi ha portato con convinzione a prendere questa decisione.
E’ importante però che ci si creda. Bisogna credere che tutto è migliorabile. Soprattutto alla tua età. Io sono un inguaribile ottimista e pretendo da me più che dagli altri. Ho un sogno che spero possa realizzarsi. Unire esperienza ed innovazione. Unire voci ed intenti. Fare un lavoro di squadra.. tornare ad essere orgogliosi di ciò che ci appartiene.
Cordialmente
Giuseppe Vita
IN ALLEGATO LA LETTERA INVIATA DA FABRIZIO AL PROF.VITA
la vecchia guardia forse non si può rendere più di tanto conto di come oggi vadano le cose, specialmente a Messina città vecchia e antigiovane, dalla quale fuggono via tutti quelli che non sono ammanicati per non dire raccomandati e asserviti. Non facciamo finta di non vederle e capirle certe cose, sarebbe un insulto all’intelligenza e alla dignità della gente perbene
L’Università è senza maestri. Dobbiamo dirla tutta per com’è la verità sulla nostra Università che da 30 anni a questa parte è senza maestri che insegnino ai discenti forti della loro cultura accademica. Parlo di quei Maestri che hanno fatto la storia della cultura accademica e che si sono estinti con la scomparsa di Salvatore Pugliatti. Maestri o pretesi tali che non sono stati capaci – o non lo hanno voluto – di scegliere discenti validi e valorosi che via via si distinguevano nella disciplina di competenza. E che quindi, trascurati dal loro maestro – che si era troppo ammantato di falsa nobiltà col baronato spocchioso e di potere – andavano via. Via anche dalle grinfie di quel barone protetto dai poteri forti come la massoneria. Via dai soprusi, dalle angherie, dalle invidie e dalle gelosie di colleghi che scodinzolavano davanti al barone per acquisire non già la scienza ch’egli avrebbe dovuto promanare, ma solo la cattedra frutto di quel servilismo umiliante durato anche lustri. Servi sciocchi del potere accademico e avidamente millantatori di una cultura apparente che specchiava solo nella casta di appartenenza. Ovvero quelle società scientifico-disciplinari che sono le lobbies legate ad interessi speculativi. Questa è la verità – caro prof. Vita – una verità che lei conosce benissimo e che, forte della sua cultura autentica, ha sempre cercato di evitare ma rimanendo vittima – al contempo – del suo amore per questa città e per l’Università in cui ha studiato e progredito. Ella, caro professore, ha la voce di uno che grida nel deserto perchè ancora oggi il rinnovamento passerà per i tentacoli della piovra che tutto vuole per la sua famelica voluttà di potere che ha distrutto quel poco ch’era rimasto dopo l’esilio di grandi scienziati, umanisti e giuristi, ricercatori a cui è stata negata la possibilità di crescere. A cui è stata negata la possibilità di conclamare il valore della loro scienza e che avrebbero potuto e dovuto essere i maestri di oggi. Se questa Università – e chi ne avrà la responsabilità politica e gestionale – non sarà in grado di sganciarsi dall’autoreferenzialità e dalla spocchia arrogante, non ci sarà futuro, in essa, per le nuove generazioni.
non c’è futuro per le giovani generazioni