Ecco cosa ci dicono i recentissimi studi scientifici sulla famiglia dei coronavirus
Con un articolo pubblicato nei giorni scorsi vi abbiamo spiegato come i virus siano dei microrganismi, si tratta di piccolissime particelle infettanti senza cellula che possono muoversi sulla terra, nell’aria e nell’acqua. Pur non essendo in grado di riprodursi autonomamente, i virus possono sopravvivere nell’ambiente esterno, anche se per un tempo limitato, non più di qualche ora. Il virus dell‘influenza, giusto per fare un esempio, può sopravvivere nell’aria per poche ore, soprattutto in condizioni meteorologiche fredde e asciutte.
I rinovirus, chiamati anche “virus del raffreddore comune” sono responsabili tra il 30% e il 70% di tutte le infezioni respiratorie, visto che esistono oltre 100 diversi tipi le reinfezioni sono molto comuni. I coronavirus sono la seconda causa più comune delle infezioni del tratto superiore, causando dal 7% al 18% dei casi;
Sono stati eseguiti diversi studi scientifici per verificare eventuali correlazioni tra lo sviluppo di tali virus e le condizioni meteorologiche locali, e nazionali. Molti di questi hanno dimostrato che la frequenza delle infezioni virali del tratto respiratorio aumenta con le basse temperature e che il rischio di infezione aumenta soprattutto durante l’inverno. È stato dimostrato, ad esempio, che il virus dell’influenza si diffonde rapidamente in condizioni fredde e secche, mentre è completamente inattivo a temperature elevate, che salgono sopra i +30°C (la media della nostra estate).
Uno studio in particolare, realizzato in Scozia, ha mostrato gli effetti dei dati meteorologici locali giornalieri (temperatura, umidità relativa e punto di rugiada) sulle variazioni stagionali della trasmissione virale. Si è dimostrato che i virus influenzali A e B, RSV e HMPV preferiscono le basse temperature. Mentre l’RSV, il virus dell’influenza A e la maggior parte dei virus preferiscono le stagioni in cui la variazione giornaliera di umidità è bassa, come avviene in inverno.
Altri studi mostrano come il rinovirus si sviluppi in condizioni di alta umidità, mentre altra interessante correlazione è quella che lega l’attività dell’RSV con il vento. Più intenso sarà quest’ultimo, maggiore è l’attività dell’RSV. Ulteriori studi dimostrano che la diffusione e la sopravvivenza dei virus che provocano infezioni del tratto respiratorio superiore è più facile nelle regioni a bassa pressione e temperature basse.
I coronavirus appartengono ad una vasta famiglia di virus noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come quelle identificate di recente e note come la Sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la Sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Nomi noti, ormai da anni entrati nel vocabolario comune.
Uno studio eseguito nel sud del Brasile, ha mostrato che le infezioni del tratto respiratorio indotto da coronavirus sono favorite dalle basse temperature. Va però detto che recenti studi eseguiti in Medio Oriente, in modo particolare in Arabia Saudita, hanno mostrato un incremento di casi di MERS con temperatura molto elevate, alta pressione e bassissimi valori di umidità relativa, che sono le stesse condizioni meteorologiche che troviamo d’estate in riva al Mediterraneo.
In parole povere la dipendenza della attività dei virus dai fattori meteorologici non cambia solo da virus a virus, ma anche all’interno della stessa famiglia di virus, come per i coronavirus. Ci sono coronavirus che sono stati debellatidal caldo e dalle alte temperature (> +30°C), ed altri che invece sono riusciti ad adattare anche agli ambienti caldi. Quindi ad oggi nessuno può realmente sapere come si comporterà il nuovo “covid 19” (“SARS-CoV-2”) all’avvento della stagione calda, trattandosi di un virus nuovissimo, di cui ancora si sa poco.
Se in un emisfero fa caldo, nell’altro fa freddo… quindi, queste sono considerazioni che lasciano decisamente il tempo che trovano…