Case, immobili e condominio in pillole. La rubrica della sezione messinese
Rubrica a cura di Confedilizia Messina
Cedolare secca e semplificazioni contrattuali
In occasione della conferenza stampa di inizio anno, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha parlato della necessità di continuare ad attuare, pur gradualmente, la legge delega per la riforma fiscale approvata nel 2023, e di farlo prestando quest’anno particolare attenzione al ceto medio, al quale ‘va dato un segnale, che non è stato dato finora’.
Il proposito è del tutto condivisibile, diverse essendo le disposizioni potenzialmente positive, non solo per il ceto medio, contenute nella riforma.
Fra queste, ve n’è una molto importante, inserita tra i principii e i criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche, laddove si prevede la possibilità, per i redditi dei fabbricati, di “estendere il regime della cedolare secca alle locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo ove il conduttore sia un esercente un’attività d’impresa, un’arte o una professione” (articolo 5).
La cedolare secca, come noto, è il regime tributario opzionale, in vigore dal 2011, sostitutivo dell’Irpef e di altri tributi, per la tassazione dei redditi da locazione abitativa delle persone fisiche. Prevede un’aliquota ordinaria del 21% e un’aliquota speciale del 10% in caso di utilizzo dei contratti “a canone concordato” in una serie di Comuni. Il tutto, appunto, limitato, alle unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo.
L’estensione di tale modalità alternativa (e facoltativa) all’ordinaria imposizione dei canoni è un’esigenza avvertita da tempo sia da parte della proprietà immobiliare (i locatori), sia da parte delle diverse categorie di conduttori potenzialmente interessate (commercianti, artigiani ecc.). Va a merito del Governo e della maggioranza, dunque, essersi fatti interpreti di tale istanza nel contesto del provvedimento più importante di politica tributaria.
Ora, però, occorre dare concreta attuazione a questo principio espresso più di un anno e mezzo fa.
Il problema, naturalmente, è quello delle risorse. Nel 2011, la cedolare per le locazioni abitative fu introdotta in relazione sia ai nuovi contratti, sia a quelli in essere. Nel 2018, il primo tentativo di estensione dello speciale regime al non residenziale fu limitato ai contratti stipulati nell’anno successivo, il 2019, con previsione di ulteriori restrizioni: doveva trattarsi di unità immobiliari, e delle relative pertinenze locate congiuntamente, classificate nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe) e aventi superficie fino a 600 metri quadrati escluse le pertinenze.
Come si potrebbe agire adesso? Dipende, ovviamente, dalla volontà e dalle possibilità del Governo. Qualora si intendesse operare con gradualità, i modi per farlo non sarebbero difficili da individuare.
Si potrebbe anzitutto iniziare dai nuovi rapporti di locazione, con eventuale limitazione a quelli che sorgano in locali non utilizzati da un certo numero di anni, anche al fine di indirizzare la misura verso lo stimolo all’avvio di nuove attività economiche, vieppiù necessario considerata la perdurante desertificazione in atto in molte aree urbane. Inoltre, o in alternativa, potrebbe ipotizzarsi una prima applicazione della norma in determinate aree (piccoli Comuni, zone periferiche, centri storici ecc.) o nei confronti di particolari soggetti (ad esempio, nuove iniziative imprenditoriali da parte di giovani).
I modi per muoversi con gradualità, come detto, si possono individuare, se quella è l’esigenza. La cosa importante è partire. Per aggredire così almeno uno dei problemi che interessano la locazione di immobili non abitativi, quello della fiscalità: nel caso dei proprietari persone fisiche, infatti, l’insieme di tassazione patrimoniale (Imu, indeducibile) e reddituale progressiva (Irpef e addizionali Irpef) incide profondamente sulla redditività effettiva degli immobili e rappresenta un ostacolo all’incontro fra domanda e offerta, fra potenziali locatori e potenziali conduttori.
Se poi si considera che tale gravoso livello di imposizione si intreccia con una normativa contrattuale, risalente a quasi mezzo secolo fa (la legge n. 392 del 1978, nota come legge sull’equo canone), estremamente vincolistica, è chiaro come il quadro peggiori ulteriormente. Ed è altrettanto evidente che un’innovazione come la cedolare secca beneficerebbe di un effetto moltiplicatore se fosse affiancata da disposizioni che consentissero alle parti di concordare deroghe a una o più disposizioni della legge del ’78. (di Giorgio Spaziani Testa, presidente Confedilizia)
Dopo un anno le liberalizzazioni di Milei continuano a beneficiare il mercato immobiliare argentino
Un anno fa, Javier Milei si insediava alla guida dell’Argentina con un’agenda politica tanto ambiziosa quanto divisiva, fondata sulla liberalizzazione economica e sul drastico ridimensionamento dell’intervento statale. I Decretos de Necesidad y Urgencia (DNU), varati poco dopo la sua elezione, hanno riscritto le regole del gioco economico, trasformando in profondità settori chiave come il mercato delle compravendite immobiliari e quello delle locazioni. Contrariamente ai timori di molti critici – sia nazionali sia internazionali – l’Argentina non è precipitata in una crisi sistemica, ma ha sperimentato, al contrario, un rinnovamento che inizia a mostrare risultati tangibili.
Un mercato immobiliare rinvigorito
Tra i settori maggiormente beneficiati dalle riforme figura il mercato immobiliare. Grazie alla deregolamentazione, l’offerta di immobili in locazione ha conosciuto un’impennata senza precedenti. Nell’area metropolitana di Buenos Aires, i dati del portale Zonaprop (il più grande e rinomato del comparto) parlano chiaro: tra dicembre 2023 e giugno 2024, il numero di appartamenti disponibili per la locazione è triplicato (+201,5%), stabilizzandosi successivamente su livelli storici. A fine 2024, l’offerta è aumentata di un ulteriore 0,5%, raggiungendo un +203% rispetto all’anno precedente e superando del 30,7% i livelli del 2019, pre-pandemia.
Parallelamente, la maggiore disponibilità di immobili ha inciso sui canoni di locazione, che in termini reali – ovvero al netto dell’inflazione – hanno registrato una flessione significativa. Secondo l’Osservatorio Statistico del Colegio Inmobiliario di Buenos Aires (l’associazione degli agenti immobiliari), a novembre 2024 i canoni medi reali risultavano inferiori del 36,8% rispetto a gennaio dello stesso anno. Questa dinamica ha reso le locazioni più accessibili per i conduttori, mentre i proprietari, attratti dalla nuova flessibilità normativa, hanno ripreso a immettere sul mercato appartamenti che in passato restavano vuoti. La redditività lorda delle locazioni, oggi al 6,35%, conferma l’efficacia di questo modello, segnando un netto miglioramento rispetto al 2,03% del 2023.
Compravendite in crescita e fiducia rinnovata
Il mercato immobiliare non ha visto solo una ripresa delle locazioni, ma anche un boom delle compravendite. Secondo il Collegio dei Notai di Buenos Aires, nel 2024 gli atti di compravendita sono aumentati del 30%, raggiungendo il livello più alto dal 2017. Tra gennaio e novembre si sono registrate 47.000 transazioni, con una stima finale di circa 52.000 a dicembre. Questo incremento è stato sostenuto dalla rinascita del credito ipotecario, cresciuto di oltre il 470% rispetto al 2023.
Un indicatore eloquente di questa ritrovata fiducia è il numero di mensilità di stipendio necessarie per acquistare un metro quadro di un immobile: a dicembre 2024, erano mediamente 1,8, contro le 4,38 di un anno prima. Un miglioramento che riflette l’aumento del potere d’acquisto, la stabilità economica e una maggiore accessibilità del mercato.
Le riforme di Milei e il circolo virtuoso dell’economia
Dietro questa ripresa c’è la svolta impressa da Milei, che con la sua politica economica ha puntato sulla lotta all’inflazione e sulla liberalizzazione delle locazioni, favorendo investimenti immobiliari e attrazione di capitali. A dicembre 2024, il tasso mensile di inflazione era sceso al 2,5%, un risultato impressionante rispetto al 25,3% di dicembre 2023. Sul piano annuo, l’inflazione è passata da un vertiginoso 292,2% di aprile al 100% di fine anno. Questo rallentamento ha permesso alle retribuzioni reali di crescere (+10,7% tra gennaio e ottobre 2024), innescando una ripresa del PIL (+3,9% nel terzo trimestre) e un rimbalzo degli investimenti (+12%).
La crescita degli investimenti ha riguardato anche il settore immobiliare, che ha beneficiato della liberalizzazione delle locazioni introdotta dal governo. Eliminando i controlli sui canoni e semplificando le regole per la stipula dei contratti, le nuove politiche hanno incentivato l’offerta di immobili in affitto, rendendo più fluido il mercato e favorendo l’accesso all’abitazione per molte famiglie. Questo intervento ha anche attratto investitori stranieri, che vedono nel settore immobiliare argentino un’opportunità concreta per ottenere rendimenti interessanti in un contesto di maggiore stabilità economica.
Il Fondo Monetario Internazionale prevede per il 2025 una crescita del PIL argentino pari al 5%, una delle più alte a livello globale. Tale previsione si fonda sul consolidamento degli obiettivi già raggiunti: riduzione della povertà, stabilità macroeconomica e riforme strutturali che hanno eliminato vincoli e rigidità in settori strategici, incluso quello delle locazioni.
Un futuro promettente ma non senza sfide
Se il 2024 ha segnato una svolta per l’Argentina, il 2025 sarà il banco di prova per valutare la sostenibilità di queste riforme. La liberalizzazione del mercato immobiliare è un esempio di come misure coraggiose possano generare effetti virtuosi, ma il successo di lungo termine dipenderà dalla capacità di Milei di mantenere la fiducia di cittadini e investitori, consolidando i progressi ottenuti. Una sfida ambiziosa, ma non impossibile per un leader che ha saputo, almeno per ora, invertire il destino di un Paese che molti davano per perduto.
L’inquilino può far convivere con lui una persona originariamente non prevista in contratto?
Solo in presenza di una esplicita clausola specificatamente sottoscritta in contratto sarà possibile opporsi ad un convivente non previsto eccependo la risoluzione contrattuale entro 3 mesi. Il locatore potrà comunque intentare una causa per il risarcimento dei danni patiti, qualora sia in grado di dare in giudizio la difficile prova di aver patito dalla presenza non prevista una maggiore usura rispetto al livello ascrivibile ad un singolo conduttore.
È valida una delibera a maggioranza che stabilisce un incremento forfetizzato della quota di spese dell’ascensore?
È nulla la delibera dell’assemblea di condominio approvata a maggioranza con cui si stabilisca, per una unità immobiliare adibita ad uso ufficio ed in ragione dei disagi da essa provocati, un incremento forfetizzato della quota di contribuzione alle spese di gestione dell’impianto di ascensore sul presupposto della più consistente utilizzazione, rispetto agli altri, del bene comune. La modifica del criterio legale dettato dall’art. 1124 c.c. (il quale già consente di tener conto del più intenso uso in proporzione all’altezza dei piani) richiede, infatti, il consenso di tutti i condòmini, non essendo secondo la giurisprudenza maggioritaria comunque applicabile alle spese per il funzionamento dell’ascensore il criterio di riparto in base all’uso differenziato previsto dal secondo comma dell’art. 1123 c.c. (Cassazione civile sez. II, 18/07/2023, n. 20888). —
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