Restituiti i beni ai Chiofalo, imprenditori messinesi del settore ittico, mentre la maxi confisca per mafia ai Bonaffini diventa definitiva
Tornano a Domenico e Gaetano Chiofalo tutti i beni messi sotto chiave nel maxi sequestro da 450 milioni di euro risalente a 10 anni fa a Messina. Lo ha deciso la Corte d’Appello di Messina, che ha invece confermato la confisca nei confronti degli altri imprenditori del settore ittico, Sarino e Angelo Bonaffini.
La sentenza di oggi pomeriggio (presidente del Collegio dott. Sagone) arriva dopo che la Corte di Cassazione aveva annullato il precedente verdetto d’appello, chiedendo un nuovo esame ai giudici di secondo grado.
Soddisfatti i difensori dei Chiofalo, gli avvocati Nunzio Rosso, Carlo Autru , Nino Favazzo e Maurizio Cacace, che già nel 2011 sostennero a gran voce che il provvedimento della magistratura messinese nei confronti dei Chiofalo era sbagliato.
Sul tavolo c’era un patrimonio complessivo che nel 2011, quando scattò il primo sequestro, venne stimato l’astronomica cifra di 450 milioni di euro, tra flotta del pesce, immobili di pregio, valori finanziari e imprese edilizie. Nel 2016 era scattato un secondo sequestro sulle nuove società attraverso le quali, secondo gli investigatori, i Bonaffini avevano continuato ad esercitare la loro attività imprenditoriale malgrado i provvedimenti giudiziari.
La tesi della magistratura messinese e della Questura di Messina, che ha lavorato per anni alla ricostruzione dell’impero dei Bonaffini, è che quel patrimonio era stato agevolato da evasione fiscale, traffico di sostanze stupefacenti e soprattutto dal riciclaggio dei proventi delle attività illecita del clan Mangialupi.
Oggi la Corte d’Appello conferma il quadro accusatorio per i Bonaffini e quindi la confisca dei beni, così come era stata cristallizzata nel 2013 quando i primi giudici di secondo grado messinesi, chiamati a confermare, avevano ridimensionato l’entità dei beni sequestrati, restituendone una parte. Cade invece l’accusa di pericolosità sociale per i Chiofalo, ai quali la Corte d’Appello nel 2013 aveva già restituito le quote della Pescazzurra – la società per il commercio al dettaglio del pesce, e che rientrano oggi in possesso anche degli immobili e delle quote delle altre società immobiliare