Gli ultimi sviluppi della vicenda che riguarda i 2 medici accusati di non aver diagnosticato la malattia in tempo
Si avvicina la sentenza al processo per la morte dell’avvocata messinese spirata di Aids, contagiata dall’ex compagno che le nascose la sieropositività. Si tratta in questo caso del processo bis a carico dei due medici, in corso davanti al giudice monocratico Marino. Il dibattimento si è chiuso con una lunga e cruciale udienza, due deposizioni chiave, e il giudice ha fissato al prossimo novembre l’udienza che servirà per dare la parola all’Accusa. Il pubblico ministero farà cioè le sue richieste, saranno ascoltati i difensori poi il giudice entrerà in camera di consiglio per la sentenza.
Imputati sono l’ematologa del Policlinico e il reumatologo del Papardo che si occuparono della donna e che, secondo l’Accusa, avrebbero dovuto riconoscere i sintomi dell’Aids e disporre esami specifici, che invece non sono stati effettuati, se non quando era ormai troppo tardi.
Testimoniano i medici
L’istruttoria è stata complessa ed ha scandagliato l’intera vicenda. Cruciali le testimonianze dei medici legali chiamati a dire la loro sulle cure che la giovane avvocata ha ricevuto: i trattamenti farmacologici, gli esami richiesti, i sintomi presentati e che cosa, secondo i consulenti, avrebbero potuto o non potuto suggerire agli specialisti che la seguivano.
I sintomi dell’Aids
All’ultima udienza ha deposto il reumatologo, che ha accettato di rispondere alle domande del PM, dei giudici e degli avvocati, e il medico legale Nino Bondì. Esperto consulente spesso utilizzato anche dalla Procura, il dottore Bondì ha, in questo processo, l’incarico di valutare la parte scientifica per conto della ematologa imputata, difesa dall’avvocata Nicoletta Milicia. Secondo il consulente i primi sintomi della malattia si potevano forse “intravedere” soltanto nel 2016. La causa della morte rimane, secondo gli esperti, l’intossicazione da diazepam, che l’avvocata ha assunto la notte della morte.