Coronavirus, De Luca al prefetto: "Decreto Conte illogico, non ferma contagi"

Coronavirus, De Luca al prefetto: “Decreto Conte illogico, non ferma contagi”

Rosaria Brancato

Coronavirus, De Luca al prefetto: “Decreto Conte illogico, non ferma contagi”

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giovedì 12 Marzo 2020 - 22:35

#coronavirus- Il sindaco risponde al prefetto che ha stoppato l'ordinanza di mercoledì. "Valuterò la revoca ma...."

In diretta facebook De Luca nel rispondere al prefetto Librizzi che ha stoppato la sua ordinanza sindacale, mette in discussione il decreto Conte, che definisce più o meno una sorta di pannicelli caldi rispetto alla necessità di evitare la trasmissione del contagio. Tesi ribadita anche nella risposta ufficiale al prefetto, con la quale ricorda che comunque la sua ordinanza è stata firmata un’ora prima di quella del presidente del Consiglio.

“I decreti Conte troppo vaghi”

Ho deciso di adottare il provvedimento dell’11 marzo per dare attuazione alle precedenti disposizioni statali- spiega de Luca- munendole di quella efficacia ordinatoria e di quella valenza sanzionatoria di cui le disposizioni del DPCM 8 marzo 2020 risultavano evidentemente prive”. Il sindaco ha evidenziato come entrambi i decreti Conte, ma nello specifico il primo, quello dell8 marzo, si limitavano ad “invitare” i cittadini e le autorità locali, senza dare disposizioni nette e dettagliate relativamente all’applicazione. De Luca insomma sostiene che l’ordinanza sindacale di ieri era dettata dalla volontà di applicare nel dettaglio le disposizioni nazionali dell’8 marzo, quando tutta l’Italia è diventata zona protetta.

“Chi esce diffonde il contagio”

Non si può attribuire l’efficacia di un ordine ad una disposizione che si limita ad invitare, raccomandare e/o sconsigliare di adottare o non adottare una determinata condotta (sia essa quella di spostarsi sul territorio, restare in casa, non allontanarsi da casa se si ha un rialzo di temperatura oltre i 37,5°). Neanche il decreto di ieri introduce alcun espresso divieto di circolare sul territorio, rendendo di fatto inapplicabile anche la prevista denuncia di eventuali trasgressori. Pertanto, innanzi ad una estensione del contagio che non sembra avere altre soluzioni se non quella di limitare la circolazione degli individui, che di tale contagio sono causa e mezzo stesso di diffusione, si è ritenuto di introdurre un espresso DIVIETO DI CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE SE NON PER I MOTIVI PREVISTI DAL DPCM DEL 8 MARZO e di dettagliare una serie di attività per le quali sospendere l’esercizio fino alla data del 3 aprile così come indicato nel precedente decreto”.

L’ordinanza sindacale n°60/2020 è stata pubblicata nella serata di ieri ma nel frattempo è arrivato il decreto nazionale contenente disposizioni urgenti.

“Decreto Conte incongruente”

Ci avevano annunciato il coprifuoco- prosegue De Luca– ma si rivela una evidente incongruenza tra le finalità dichiarate dal Governo ed i mezzi con i quali si ritiene di potere raggiungere l’obiettivo. Se da un lato il Governo ha motivato l’emissione dell’ultimo decreto con la necessità di disporre in via di urgenza nuove misure per il contenimento del contagio, dall’altro le predette misure risultano incongruenti ed affette da una palese illogicità”.

Il sindaco fa riferimento agli allegati del decreto del presidente del consiglio dei Ministri nei quali vengono indicate le attività commerciali sospese e quelle per le quali è invece prevista la DEROGA in quanto considerati beni di prima necessità.

Tra le deroghe secondo il sindaco vi sono alcune categorie di esercizi commerciali che a suo dire non sono da considerare beni di prima necessità o indispensabili per garantire lo svolgimento dei servizi essenziali..

I profumi beni di prima necessità?

Nell’ elenco – prosegue il sindaco– compaiono gli esercizi di vendita di beni di elettronica, le profumerie, le ferramenta, gli esercizi che vendono articoli di illuminazione, gli esercizi che vendono vetro piano e materiale elettrico e termoidraulico, quelli che vendono prodotti per lucidatura, vernici, i negozi di ottica e fotografia, la vendita al dettaglio di piccoli animali domestici che francamente non si riesce davvero ad immaginare di definire come “beni di prima necessità”.

Se per alcune deroghe, come ad esempio i distributori di carburante, è comprensibile l’apertura per garantire lo svolgimento dei servizi essenziali, vi sono altre categorie per le quali si comprende di meno (ad esempio i profumi o la vendita di animali di piccola taglia).

Perchè chiudono solo i “piccoli”?

Ulteriori perplessità il sindaco esprime rispetto ai divieti di ristorazione ed alle deroghe previste dal governo Conte. “Restano aperti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande posti nelle aree di servizio e rifornimento carburante  lungo la rete stradale, autostradale e all’interno delle stazioni ferroviarie, aeroportuali, lacustri e negli ospedali garantendo la distanza di sicurezza interpersonale di un metro. Mi chiedo a carico di chi operi la disposta sospensione delle attività di ristorazione. Risulta evidente che a restare chiuse saranno solo quelle attività di bar, gelateria, pasticceria e ristorazione che hanno sempre esercitato la propria attività con il rapporto diretto con la clientela. I

Favorite le grandi catene

n conclusione, quindi, dopo il decreto di ieri le uniche attività che saranno sospese saranno i bar a conduzione familiare, le piccole pasticcerie, la ristorazione a conduzione familiare… mentre continueranno ad operare le grandi catene della ristorazione. E questo risulta iniquo ed illogico per due motivi: il primo, è che in tal modo si è creata una sperequazione in danno dei soggetti più deboli, impossibilitati di più a competere con le grosse catene industriali. La seconda illogicità deriva dalla palese iniquità dello stesso provvedimento.

Tutelati i poteri economici forti

Se l’obiettivo è quello di contenere il contagio, avrebbe avuto più senso consentire le piccole attività, magari limitandole ad una fascia orario, piuttosto che consentire una generale ed illimitata operatività per le grandi catene, per il cui funzionamento è necessario lo spostamento di molte più persone che  continueranno a circolare divenendo potenziali veicoli di contagio. Tale contraddittorietà nelle disposizioni statali, non tutelano la salute pubblica e non pongono alcun rimedio utile al contenimento del contagio, mentre sembrano essere ispirate ad una mera logica di tutela di forti poteri economici”.

Il sindaco rileva poi come il governo disponga la chiusura di parrucchieri, barbieri ed estetisti, ma consente l’apertura delle lavanderie ed esercizi di pulitura di articoli tessili e pelliccia, delle lavanderie industriali e delle tintorie.

In definitiva con l’ultimo DPCM 11 marzo 2020 chiudono solo i bar, le pasticcerie, le gelaterie, le attività di ristorazione che non hanno la licenza per il servizio a domicilio, i barbieri, i parrucchieri e gli estetisti. Chiudono pure i mercati non alimentari  gli esercizi di vendita al dettaglio di articoli di abbigliamento e per la persona e altre residuali categorie di vendita al dettaglio che ben poca incidenza possono avere sulla quantità di persone che si spostano”.

De Luca: evitiamo i contagi

Il primo cittadino ribadisce d’aver emanato l’ordinanza dell’11 marzo con il solo scopo di fornire ai cittadini disposizioni finalizzate unicamente al contenimento del contagio, e non ad intaccare le loro libertà fondamentali. Non c’era alcuna intenzione di mettere in difficoltà le attività commerciali, molte delle quali, avevano già deciso spontaneamente di sospendere l’attività.

Grandi strutture a rischio contagio

De Luca chiede al prefetto Librizzi di esprimersi anche in merito al fatto che il nuovo decreto Conte prevede l’apertura delle strutture di media e grande distribuzione che anche festivi e prefestivi anche se si trovano all’interno di centri commerciali.“Sfugge la logica per la quale si consente l‘apertura di grandi strutture, che richiamano una consistente clientela, e resta priva di risposta l’unica  richiesta, che è quella di garantire concrete misure di contenimento del contagio, limitando e scoraggiando la circolazione delle persone”.

Il sindaco conclude chiedendo al prefetto di poter avere una risposta alle sue richieste di chiarimenti in tempi celeri, così come avvenuto con lo stop alla sua ordinanza. “Intendo valutare alla luce della sua risposta l’eventuale revoca della contestata ordinanza sindacale”.

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