Un virus, nato in un certo ambiente, può essere trasportato dal vento e dal mare in un nuovo ecosistema e lì, se trova le condizioni adatte, sopravvivere e replicarsi
I virus sono dei microrganismi, si tratta di piccolissime particelle infettanti senza cellula che possono muoversi sulla terra, nell’aria e nell’acqua. Pur non essendo in grado di riprodursi autonomamente, i virus possono sopravvivere nell’ambiente esterno, anche se per un tempo limitato, non più di qualche ora. Il virus dell‘influenza, giusto per fare un esempio, può sopravvivere nell’aria per poche ore, soprattutto in condizioni meteorologiche fredde e asciutte.
Il nuovo coronavirus, per esempio, ha trovato le condizioni climatiche ideali sopra descritte per replicarsi nella provincia di Wubei. I virus che viaggiano nell’aria sono stati oggetto di uno studio pubblicato su ISME (Nature), dove si legge che “centinaia di milioni di virus ogni giorno si spostano nello strato più basso dell’atmosfera”. I meccanismi di “aerosolizzazione” dei virus, ossia il sistema con il quale vengono trasportati nell’aria, non sono ancora del tutto conosciuti.
Altri studi hanno suggerito che, in alcuni casi, i microrganismi vengono trascinati soprattutto dai venti forti che sollevano polveri e spruzzi di mare. Un altro recente studio, condotto del servizio forestale degli Stati Uniti, ha confermato che ogni giorno normalmente un esercito di virus viaggia nell’atmosfera e colpisce uomini, animale e piante, ma solo una piccola parte riesce a trovare le condizioni favorevoli ad insediarsi, quindi attivarsi e replicarsi infettando il soggetto.
Ad esempio, durante le intense avvezioni di aria calda che provengono dal Sahara, le nuvole di pulviscolo desertico possono trasportare al loro interno dei piccoli virus, totalmente innocui per gli esseri umani (un po’ meno per i vegetali), che spesso si depositano sulle nostre regioni. Per arrivare alle loro stime, i ricercatori hanno progettato e costruito una sorta di “trappola per virus e batteri” posizionata a una quota variabile, compresa tra i 2.500 e i 3.000 metri sulla Sierra Nevada, in Spagna. Grazie a questa ricerca è stato scoperto che un virus, nato in un certo ambiente, può essere trasportato dal vento e dal mare in un nuovo ecosistema e lì, se trova le condizioni adatte, sopravvivere e replicarsi.
Nel 2005 la Nasa ha scoperto microbi del Pleistocene, di 32mila anni fa, nuotare, ancora attivi, in un lago prima di allora ghiacciato, in Alaska. E si pensa che alcuni funghi, virus e batteri che infettarono Neanderthal e Denisoviani potrebbero un giorno tornare a vedere la luce in queste terre del Nord, dove la temperatura sta salendo tre volte più rapidamente che nel resto del pianeta. Fortunatamente la maggior parte di questi virus non sono in grado di nuocere di nuovo. Destano un po’ più preoccupazione i virus giganti che hanno dimostrato una particolare resistenza, e i batteri a spore, particolarmente difficili da debellare.
Visto che i virus vivono anche nell’acqua del mare. trovo insensato che il governo, per non scontentare i gestori degli stabilimenti, possa decidere la loro apertura per la stagione 2020. Se una persona facesse il bagno nei pressi di un’altra persona positiva al corona virus anche essa in acqua a nuotare resterei certamente infettato.
Antonio Scalera