Udienze da remoto e collegamenti col carcere per garantire il diritto di difesa anche a Messina in tempo di coronavirus. Ma gli avvocati avvertono: la giustizia virtuale non diventi la regola
Udienze in video conferenza, collegamenti da remoto col carcere di Gazzi, rinvii dei dibattimenti quando non è diversamente richiesto da avvocati o imputati. Il coronavirus non ferma la giustizia, neppure a Messina.
In particolare la giustizia penale ovviamente, perché nel settore civile la sospensione dei termini congela la quasi totalità dell’attività senza grossi problemi.
Le indagini e gli accertamenti sui reati non subiscono stop, così come gli arresti. E ancor più delicato è il caso dei detenuti. Per loro ogni eventuale sospensione o rinvio vuol dire gioco forza un allungamento della loro già pesante condizione, soprattutto quando la detenzione è in attesa di un giudizio ancora non arrivato o non definitivo. Ed è per questo che, come nei periodi feriali, anche in questa fase non è previsto per loro il rinvio d’ufficio.
Come si è attrezzato, quindi, il palazzo di giustizia di Messina per affrontare questo delicato momento, con lo stato di emergenza che sembra destinata ad essere prorogata oltre la data del 15 aprile?
Il più “veloce” ad adeguarsi è stato il Tribunale di Sorveglianza, dove le udienze si tengono già regolarmente in video conferenza, con avvocati e magistrati collegati da remoto e un protocollo operativo per la registrazione e attestazione delle udienze e degli altri atti.
Per quel che riguarda i dibattimenti, le udienze vengono rinviate o si celebrano da remoto ove possibile, a meno che una parte – avvocato o magistrato – o l’imputato detenuto chiedano espressamente di essere presenti in aula.
Il grosso delle udienze fin qui celebrate e non rinviate riguarda quindi il Tribunale del Riesame, le convalide dei provvedimenti e i processi per direttissima. Anche in questo caso ove gli uffici sono attrezzati si cerca di collegarsi da remoto con i giudici e operare su piattaforme con le cancellerie per gli adempimenti. Quando proprio non si riesce a fare diversamente, si entra in Tribunale dotati di mascherina e rispettando le distanze prescritte.
Il carcere di Gazzi si sta attrezzando per permettere ai detenuti di collegarsi dalla struttura, mentre proprio ieri il procuratore capo Maurizio De Lucia ha trasmesso l’elenco delle autorità autorizzate ad effettuare la “partecipazione da remoto”, dalle forze dell’ordine agli uffici di procura.
“C’è grande collaborazione con gli uffici coinvolti e grande disponibilità da parte dei colleghi penalisti – racconta il presidente della Camera Penale Pisani-Amendolia, l’avvocato Adriana La Manna – non è facile ma ci rendiamo conto che dobbiamo lavorare tutti insieme per garantire anche in questi momenti di difficoltà il diritto alla difesa. Stiamo siglando diversi protocolli per rendere operative quanto più migliorìe possibili. Certo, le garanzie offerte dal contraddittorio sono gioco forza ridotte, ed è per questo che spero in un ritorno alla normalità il primo possibile. Nello stilare i protocolli ho infatti voluto specificare e ribadire che si tratta di misure contingenti e transitorie e soltanto se liberamente scelte dalle parti. C’è il rischio di rassegnarsi a un futuro sempre più virtuale, che secondo me non garantirebbe davvero il diritto alla difesa”.
Dello stesso avviso l’avvocato Filippo Mangiapane, presidente della Camera Penale Erasmo da Rotterdam: “I processi penali si fanno in Tribunale, in nessun altro luogo, per tante ragioni”.
“Ma soprattutto, in questo momento, mi preoccupano le condizioni di chi vive in carcere – sottolinea Mangiapane – Tutti ne parlano, dai rappresentanti politici ai giuristi passando per il Papa. Ma di fatto nessuno sta facendo alcunché per alleggerire le difficili condizioni dei carcerati e degli operatori di settore alle prese con la pandemia”.
Sono solo cavolate c’è tutto bloccato le udienze le fanno tanto x ma vengono tutte rimandate documenti bloccati nelle pec da mesi vergogna.