Corruzione, Bigotti resta ai domiciliari e va a processo per il caso Siracusa

Corruzione, Bigotti resta ai domiciliari e va a processo per il caso Siracusa

Alessandra Serio

Corruzione, Bigotti resta ai domiciliari e va a processo per il caso Siracusa

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venerdì 26 Luglio 2019 - 07:34

Parte il 20 novembre il dibattimento sulla presunta tangente Eni e i favori al top manager piemontese dei legali Amara e Calafiore

Ezio Bigotti resta ai domiciliari, e a novembre affronterà il processo. Lo ha deciso ieri il Gup di Messina Tiziana Leanza, alla fine del vaglio preliminare dell’ennesimo troncone processuale del Caso Siracusa.

Il Giudice ha rinviato a giudizio, insieme al top manager piemontese, i commercialisti Mauro Calafiore, Vincenzo Ripoli e Francesco Perricone e Cesare Pisello. Il processo per loro comincerà il prossimo 20 novembre davanti i giudici della Prima sezione penale del Tribunale. Dovranno difendersi dall’accusa, contestata con vari ruoli e livelli di responsabilità, di corruzione in atti giudiziari e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale. Al centro dell’inchiesta della Procura di Messina, le sentenze pilotato al Consiglio di Stato.

E’ riuscito a patteggiare Pietro Amara: per lui questo troncone si conclude con la condanna ad un anno e 2 mesi, concordata con l’Accusa e ratificata dal Giudice.

Lo stesso giudice che ha invece detto no al patteggiamento chiesto dall’ex tecnico petrolifero Massimo Gaboardi,  che tornerà davanti al GUP per il processo abbreviato.

“Non è la decisione sul rinvio a giudizio che ci sorprende – ha dichiarato l’avvocato Nino Favazzo, difensore di Bigotti insieme all’avvocato Cesare Pracanica – perché sappiamo bene che, nell’attuale sistema processuale, il minimo dubbio sulla fondatezza della accusa impone il vaglio dibattimentale. Ciò che, invece, sorprende e preoccupa è la decisione sulla misura, che non è in linea con i principi dettati dalla Suprema Corte in materia cautelare. Si mantiene una misura coercitiva a distanza di oltre cinque mesi dalla sua applicazione, ritenendo ancora sussistente il pericolo di reiterazione dei reati, nei necessari termini di concretezza ed attualità, con valutazione che continua ad essere solo congetturale ed ipotetica e senza considerare che la corte di Cassazione, con sentenza del 26 giugno 2019, ha accolto il ricorso del Bigotti, annullando con rinvio la ordinanza del Tribunale della libertà con cui era stata confermata la misura cautelare originaria. In punto di cautela c’è solo da chiedersi con chi dovrebbe tornare a delinquere il Bigotti se i soggetti ritenuti di riferimento – quali Amara Calafiore e Longo -hanno da tempo operato scelte processuali diverse e definitive. In questo contesto, il mantenimento della misura appare solo inutilmente afflittivo ed anticipatorio di una pena che non si sa se dovrà mai essere espiata”. 

Bigotti e Gaboardi erano stati arrestati a febbraio scorso dalla Finanza dopo le dichiarazioni dell’avvocato Amara e del collega Calafiore, che lo avevano chiamato in causa in alcune vicende da loro pilotate e giudiziariamente risolte grazie alla complicità dell’ex pm di Siracusa, Giancarlo Longo, e di alcuni consulenti della Procura nominati da quest’ultimo. L’obiettivo in questo caso era favorire Ezio Bigotti nell’ambito degli accertamenti condotti dalle Procure di Torino, Roma e Siracusa e in sede tributaria (all’esito della richiesta di voluntary disclosure avanzata da una società del gruppo Bigotti anche in relazione ad accertamenti all’epoca dei fatti in corso da parte dell’Agenzia delle Entrate). E’ poi emersa una manovra degli avvocati aretusei per ostacolare la procura di Milano, a lavoro sull’operato dei vertici dell’Eni.

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