"Amam: esempio del malaffare politico e gestionale": il dossier di De Luca

“Amam: esempio del malaffare politico e gestionale”: il dossier di De Luca

Francesca Stornante

“Amam: esempio del malaffare politico e gestionale”: il dossier di De Luca

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lunedì 19 Febbraio 2018 - 16:38

Per il deputato che punta alla poltrona di primo cittadino, la società spreca oltre 10 milioni di euro annui in spese clientelari. Tra utenze non censite, servizi gestiti in modo discutibile, indagini geologiche occultate, ecco dove si è concentrata la lente di ingrandimento.

«L’Amam è il simbolo della mala gestio di un settore che per anni è stato lasciato nell’immobilismo totale proprio per reiterare un sistema che ha prodotto nel tempo solo costi spropositati a fronte di servizi che non brillano per efficienza ed economicità». Per il deputato regionale Cateno De Luca ci sono pochissimi dubbi: nella galassia delle partecipate comunali, l’Amam è un autentico esempio di malaffare politico e gestionale con oltre 10 milioni di euro annui di spese clientelari». I motivi sono nei numeri snocciolati durante una conferenza stampa convocata proprio per accendere prepotentemente i riflettori sulla società che gestisce il servizio idrico cittadino.

Si comincia da un dato: oltre 15.000 utenze abusive e oltre il 50% di acqua sprecata per mancanza di interventi manutentivi. «La città di Messina in base alla media di consumo per il sud-Italia di lt. 175 pro capite necessiterebbe di circa 656 litri di acqua al secondo. Il costo medio per anno del servizio idrico, depurazione e fognatura di una famiglia di 3 persone a Messina è di € 293,00 mentre la media del sud Italia è di € 327,00: questo apparente virtuosismo non è altro che l’asseverazione della totale assenza di interventi di ammodernamento delle rete idrica urbana che è ormai ridotta un colabrodo. La condotta di Fiumefreddo ha una portata di 1.000 litri al secondo, quella della Santissima circa 250 litri al secondo, rapportate al reale fabbisogno della città di Messina (circa 656 litri/secondo), dunque si può ipotizzare che probabilmente le perdite arrivano anche al 50%. L’Amam dichiara che solo il 40/50% dell’acqua immessa nell’acquedotto viene fatturata, in quanto come già specificato il 25/30% viene perso e un altro 25/30% viene “rubato”, cioè prelevato da utenze senza che siano inserite a ruolo ordinario per la fatturazione. Il dato è allarmate: 2/3 dell’acqua immessa nell’acquedotto viene sprecata o non fatturata.

Le utenze ufficiali che l’Amam dichiara sono 88.459 di cui 76.074 per uso domestico, 6.192 per uso commerciale/industriale, 3.096 ad uso condominiale e 3.096 ad uso diverso. Ci sono oltre 15.000 utenze abusive: ad un primo controllo, quindi, sembra una enorme anomalia la presenza di sole “88.459” prese a fronte di 99.704 famiglie residenti in singole unità abitative, circa 13.500 attività commerciali/industriali e di servizi.

Poi c’è la gestione delle utenze e delle bollette: la lettura dei contatori avviene con cadenza quadrimestrale tramite appalto ad aziende esterne con contratti biennali. Tali aziende si occupano anche dell’installazione di nuove utenze, cessazioni, riduzioni, chiusure e riallacci dovuti a morosità. Il costo è stato per il periodo 2015/2016 di € 885.000. La fatturazione e l’intera gestione dei dati è anch’essa esternalizzata ed esattamente a Progetto Grafica S.r.l. Nel bilancio consuntivo del 2016 si trova una voce di € 119.037,51 per servizi di bollettazione più un importo di € 78.408,52 per servizi POSTEL + altri € 406.420.81 per servizi Postaservice. Un costo per bolletta quindi di € 7,14. Considerando che il ruolo viene inviato per posta ordinaria, sembra un importo sproporzionato. Generalmente i costi di postalizzazione a gestori esterni comprensivi di recapito non superano gli 0,80 Cent/€.

Capitolo personale: l’Amam ha 68 dipendenti per un costo annuo di emolumenti totali nel 2016 di 4.056.000 (circa 100.000 € in più del 2015), a fronte della gestione di meno di 90.000 utenze. Da aggiungere il costo di personale esterno addetto alla lettura per altri 442.500, si ha un rapporto utenze/dipendenti sproporzionato che porta ad incidere nel costo per bolletta per € 51,00 ad utenza. Il costo delle risorse umane di Amam ha una media di costo annuale per dipendente di circa € 60.000 euro, cioè di oltre il 60% superiore alla media dei costi dei dipendenti del comune di Messina, che si assesta a circa € 37.500,00 annui a dipendente.

Il dossier di De Luca passa poi alla “truffa del servizio di recupero crediti”: dalla gestione FIRE spa alla gestione in house, con un’evasione che sfiora il 75%. «Il servizio idrico di riscossione è a livelli indecenti. Ogni anno oltre 6 milioni di euro persi: infatti ogni 4 unità abitative, 1 risulta in regola, 2 non pagano o lo fanno parzialmente ed una non riceve nemmeno la fattura/bolletta. Tali mancati introiti, oltre 6 milioni, rappresentano circa il 25% del valore della produzione non fatturato che quindi limita gli investimenti per l’ammodernamento dell’acquedotto e di tutte le infrastrutture necessarie.

Un affondo pesantissimo arrivare pure sui bilanci della partecipata, definiti “di dubbia veridicità”: «L’Amam chiude i vari bilanci in attivo ovviamente per circostanze non legate all’attivo del valore della produzione. L’importo del fondo di svalutazione crediti non sembra essere adeguato alla quantità enorme di crediti riportati degli ultimi 15 anni. E nessun investimento per migliorare i servizi: solo circa 5 milioni per turbine elettriche e zero euro per ricerche idriche ed ammodernamento della rete di distribuzione dell’acqua». Solo il recupero dell’acqua non fatturata, il 25/30% porterebbe nell’immediato ad un aumento del valore della produzione di oltre 6 milioni di euro annui. Capitali che potrebbero essere investiti o meglio finanziare mutui che permetterebbero investimenti per centinaia di milioni di euro.

Un approfondimento a parte meriterebbe il capitolo che secondo De Luca rappresenta il vero fulcro di un sistema affaristico di gestione dell’acqua. La domanda che si pone De Luca è semplice: perché non sono mai state ipotizzate fonti alternative di approvvigionamento, soprattutto dopo che Messina ha sperimentato sulla sua pelle cosa vuol dire basarsi quasi totalmente su Fiumefreddo? «Sono stati occultati i risultati delle ricerche condotte durante l’emergenza acqua e che individuavano un lungo elenco di fonti che Messina ha sul suo territorio. Si preferisce continuare a sostenere spese per gestire le emergenza, come i 3 milioni di euro per l’utilizzo di autobotti per sopperire ad oltre un mese di carenza di acqua o gli oltre 1,2 milioni annui per spese tra servizi di vigilanza, guardiania, servizi di presidio e controllo impianti solo nel 2016. Le fonti di approvvigionamento esaminate che ricadono in circa 1/10 del territorio di Messina – zona sud – rappresentano circa 210 l/sec e ciò evidenzia che le fonti di approvvigionamento idrico esistenti nel territorio della città di MESSINA supera abbondantemente i 1000 l/sec che equivale all’attuale quantità proveniente dall’acquedotto Santissima, Alcantara e Fiumefreddo» ha fatto rilevare l’assessore designato alle infrastrutture Salvatore Mondello.

A fronte di tutto questo non è neanche partita la progettazione dell’intervento inserito nel Masterplan: “Gli interventi – ha detto l’assessore designato alle risorse energetiche Carlotta Previti – sulle risorse idriche inseriti nel Masterplan non sono corredati da progettazione esecutiva e rischiano di non poter essere finanziati. Le risorse finanziarie previste dall’Asse 5 Po Fesr 2014-2020 – Cambiamento climatico, prevenzione gestione rischi ammontano a 295,3 mln di euro, ma occorrono i progetti esecutivi. Infatti, il comune di Messina ha già perso i primo finanziamento di 3 mln di euro per non aver partecipato al bando scaduto ad ottobre 2017

E alla fine due ciliegine sulla torta: Messina rischia di pagare oltre 200 mila euro di sanzione per il mancato adeguamento degli impianti di depurazione e intanto l’Amam non ha rinnovato la concessione di Fiumefreddo e questo provocherà sanzioni e recupero dei canoni non corrisposti. Tutto ciò causerà un aggravio dei costi per gli utenti. Anche perché di fatto da quasi un anno è come se Messina rubasse l’acqua che consuma.

Francesca Stornante

Un commento

  1. una perdita di acqua in via palermo segnalata è stata riparata dopo 3 mesi

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