Nella seconda puntata di "Covid e Banche", Franco De Domenico si sofferma sulle carenze e sui rischi del decreto liquidità. Ecco quali.
Covid e banche II puntata: i soliti ostacoli dalle banche che vogliono speculare due volte: mettendo in sicurezza i loro crediti e riscuotendo interessi senza alcun rischio. Nel precedente intervento ci siamo occupati delle criticità del decreto “Cura Italia” e delle difficoltà di accesso alla moratoria da parte di tante imprese sia per testo normativo formulato male che per l’atteggiamento “ostruzionistico” delle banche.
Analizziamo il decreto liquidità
Anche con il cosiddetto “decreto liquidità” riscontriamo gli stessi problemi, ma andiamo con ordine la manovra finanziariamente rilevante si articola su tre linee di intervento: Micro imprese e professionisti: previsti finanziamenti fino a 25.000 euro; Imprese fino a 499 dipendenti: previsti finanziamenti fino a 5 milioni di euro; Grandi imprese e soggetti che abbiano già utilizzato il plafond del Fondo di Garanzia.
25 mila euro per micro imprese
Micro imprese e professionisti: la manovra sancisce di assegnare liquidità immediata, pari al 25 per cento dei ricavi dell’anno precedente con un massimo di 25.000,00 euro (misura che dovrebbe prevedere un minimo di almeno 10.000,00 euro per tutti, per essere significativa), orbene, mentre il Governo ha più volte precisato che l’erogazione non è legata al merito creditizio (l’art. 13, precisa “l’intervento… è concesso automaticamente, gratuitamente, e senza valutazione e il soggetto finanziatore eroga il finanziamento coperto dalla garanzia del Fondo, subordinatamente alla verifica formale del possesso dei requisiti, senza attendere l’esito definitivo dell’istruttoria”) in quanto coperta al 100% dal Fondo di garanzia, le banche creano tante difficoltà.
ma le banche…..
Innanzitutto perché non sono obbligate (né potrebbero) e poi facendo emergere condizioni “aggiuntive”, come quella di voler finanziare solo i clienti fidelizzati, ma soprattutto, prevedendo, cosa assai grave, che se un cliente ha in essere un finanziamento (senza garanzia) prima deve estinguere il finanziamento e poi utilizzare solo il credito eccedente.
Togliere ossigeno a chi sta male
Un tradimento dello spirito della manovra! Il decreto, infatti, prevede al comma 2 dell’art. 1 che “il finanziamento … deve essere destinato a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali”. Si prospetta, pertanto, una manovra a danno dello Stato e dei clienti, in quanto le banche intendono utilizzare la garanzia per mettere in sicurezza i loro crediti, diventando i “beneficiari effettivi” della manovra, togliendo ossigeno a chi sta già morendo!
Conte impedisca abusi
Il Governo non può correre questo rischio deve intervenire, subito, con chiarezza, impedendo ogni tipo di abuso, prevedendo che la destinazione dei fondi sia vincolata, arrivando anche a revocare l’autorizzazione e disporre il commissariamento di quegli istituti di credito che praticano un ingiustificato ostruzionismo o che intendono utilizzare i finanziamenti per mettere in sicurezza i propri crediti.
Le imprese di media grandezza
Imprese con numero di dipendenti fino a 499: per queste soggetti è previsto il rilascio della garanzia del Fondo del 90 per cento per finanziamenti fino al 25 per cento del fatturato dell’anno precedente o al doppio della spesa salariale annua dell’anno precedente, ovvero al fabbisogno per costi del capitale di esercizio e per costi di investimento nei successivi 18 mesi, nel caso di PMI (fino a 250 dipendenti), e nei successivi 12 mesi, nel caso di Imprese con numero di dipendenti non superiore a 499.
Il problema si ripropone
Il decreto liquidità concede la garanzia anche in favore di beneficiari finali che presentano, alla data della richiesta di garanzia stessa, esposizioni nei confronti del finanziatore classificate come “inadempienze probabili” o “scadute o sconfinanti deteriorate”, purché la predetta classificazione non sia precedente al 31 gennaio 2020, ma è prevista anche la concessione alle imprese ammesse, dal 1° gennaio 2020 alla procedura del concordato con continuità aziendale. Anche in questo caso si ripropone il problema sia delle imprese con debiti per finanziamenti già in essere, sia dei tempi per la valutazione del merito credito, che come anticipato da Patuelli, presidente dell’ABI, non saranno brevi: “ci sono documenti da fornire, -ha affermato- delibere da assumere perché la garanzia dello stato non è al 100%”.
Le grandi imprese
Imprese con numero di dipendenti da 500 in su: è previsto il rilascio della garanzia del Fondo dal 70 al 90 per cento (in base alla fascia di fatturato) per finanziamenti fino al maggiore tra il 25 per cento del fatturato e il doppio della spesa salariale annua dell’anno precedente. Il decreto liquidità concede la garanzia in favore di beneficiari finali che alla data del 31 dicembre 2019 non rientravano nella definizione di imprese in difficoltà ai sensi del Regolamento UE n. 651/2014 e che al 29 febbraio 2020 non risultavano presenti tra le esposizioni deteriorate presso il sistema bancario, come definite ai sensi della normativa europea.
Le banche speculano….
Un altro criterio elettivo, motivo in più per rallentare l’iter del finanziamento (c’è di mezzo anche la SACE) e per consentire alle banche di speculare. Come per la moratoria anche qui una formulazione infelice della norma. Bisognerebbe fare ricorso a norme inequivocabili, precisando, ad esempio, che possono beneficiare tutte le imprese che “alla data del 29 febbraio non risultavano iscritte nella centrale rischi di Banca d’Italia né nelle altre banche dati di segnalazione del rischio di credito”.
Modificare la legge
Si è ancora in tempo per emendare il testo di legge e dare una prospettiva di utilizzo certo e immediato dei finanziamenti, perché il nocciolo della questione è che i tempi di erogazione delle banche non sono compatibili con quelli richiesti da questa emergenza. Il tempo oggi costituisce una variabile determinante per la sopravvivenza stessa di molte aziende, soprattutto di quelle marginali, con un grado di fragilità finanziaria alto, ma non per questo meno meritevoli di aiuto.
Il governo deve vigilare
Una cosa è certa, infatti, il governo ha messo in campo una manovra importante anche se non sufficiente (per micro imprese e professionisti i fondi difficilmente basteranno), ha, quindi il dovere di vigilare “di più e meglio” affinché tutti possano accedere rapidamente a tali misure, senza ostacoli da parte di un sistema bancario che, tranne rare eccezioni, non è dinamico, né flessibile, né efficiente e non è nemmeno incline al rischio, in parte per necessità, essendosi messo in pancia, per propria incapacità, ingenti crediti deteriorati. Allo stesso tempo il Governo deve vigilare affinché i crediti erogati con la garanzia abbiano la destinazione di legge. A tale fine è necessario che confluiscano in un conto dedicato (gestito senza spese bancarie, con destinazione delle somme tracciata e vincolata agli obbiettivi del decreto liquidità), che non possa essere attaccato per soddisfare interessi diversi da quelli di far ripartire il Paese, da qualunque soggetto provengano, banche, fisco e creditori diversi.
Le banche uniche beneficiarie….
Bisogna, in conclusione, evitare che le banche siano le uniche beneficiarie di questa manovra, atteso che trarranno, comunque, significativi utili, in termini di interessi, su un ampio volume di finanziamenti sostanzialmente senza rischio.
Francesco De Domenico
Università di Messina
…Praticamente quello che sosteneva il Sindaco nella diretta di ieri 21 aprile.