Don Paolo Terrana: “Un solo desiderio, che i giovani riscoprano dignità e amore-

Don Paolo Terrana: “Un solo desiderio, che i giovani riscoprano dignità e amore-

Don Paolo Terrana: “Un solo desiderio, che i giovani riscoprano dignità e amore-

venerdì 12 Ottobre 2007 - 13:49

Il parroco di S. Matteo, a Giostra, ci parla della sua missione

Don Paolo Terrana, formazione salesiana, 20 anni di sacerdozio da festeggiare il prossimo dicembre, di cui gli ultimi 8 trascorsi alla guida della Parrocchia di S.Matteo, sita in quel di Giostra, rione da sempre considerato a “rischio- a causa dell’alto tasso di criminalità, piccola e grande, che affligge il territorio.

“Parroco di frontiera- viene definito da molti Don Paolo, ma lui si ritrova davvero in questa definizione?

“Chiunque si impegna seriamente in un’attività si trova in frontiera, ma se questa definizione viene intesa nell’accezione che ha assunto negli ultimi tempi, no non credo che la mia incolumità sia in pericolo.-

-Come si definirebbe allora?

“Sono chiamato all’interno della comunità cristiana in qualità di parroco, guida, sostegno, fratello per accompagnarla nel suo cammino verso il Signore. Lo scopo fondamentale è quello di portare le persone a Dio impegnandosi a trovare delle possibilità per i giovani, per gli adulti, per i poveri-.

-A proposito di povertà; è acclarato che vi sia un crescente aumento di “nuovi poveri-, riscontra anche lei questa realtà nell’ambito del suo rione?

“Sì, purtroppo capita che famiglie monoreddito si trovino, di fatto, in una situazione di indigenza, perché, purtroppo, in seno alle famiglie servono più soldi. E poi ci sono i casi delle famiglie irregolari, soprattutto quelle che si formano in giovane età e che, spesso, necessitano dell’aiuto economico delle famiglie-.

-Giostra è un territorio difficile, la criminalità non manca e vi sono tanti altri problemi per i quali lei si è battuto esponendosi in prima persona; ritiene che le istituzioni non siano molto presenti?

“I problemi relativi alla criminalità sono solo quelli più appariscenti; in realtà, ciò che mi preme maggiormente è riuscire a far capire a chi è cresciuto in questo microcosmo che è giusto aprirsi verso l’esterno perché ciò rappresenta la conquista di un profondo rispetto nei confronti della propria persona e degli altri. Lo stesso discorso si può applicare alla fede; per fare un esempio spicciolo posso dire che il 50% delle richieste di battesimo provengono da genitori conviventi, che non si sono sposati per questioni economiche. Ecco, far comprendere che il matrimonio deve essere vissuto come profondo atto di fede e non come mero giorno di festa è un traguardo sociale, culturale, morale e, soprattutto, personale.

Per quanto concerne le istituzioni debbo dire che non sempre sono state presenti, a volte per nolontà, altre volte a causa delle lungaggini burocratiche. Mi sono impegnato per il territorio come penso debba fare chiunque abbia un minimo di coscienza sociale-.

-Si dice che i segni che si lasciano producono frutti; pensa sia sempre così?

“No, ma questo non è molto importante; ciò che conta veramente è seminare perché altrimenti non potrai mai raccogliere nulla. E se i frutti invece di essere centinaia sono appena due o tre è lo stesso. Vuol dire che si è portato a termine il proprio operato.

Da un punto di vista sociale la realtà è assai problematica; questa riflessione non riguarda strettamente Giostra, ma più in generale i giovani che hanno perso il gusto di assaporare il dono di sé. Sono ragazzi che non sanno più cos’è la conquista, perché i genitori si sono fatti in quattro per accontentare ogni loro richiesta. Anche in tal senso si orienta il mio impegno, affinché la società di domani riscopra la propria dignità e la civiltà dell’amore-

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