Operazione Arcangelo. Anche la Tecnis tra le imprese taglieggiate da Santapaola

Operazione Arcangelo. Anche la Tecnis tra le imprese taglieggiate da Santapaola

Operazione Arcangelo. Anche la Tecnis tra le imprese taglieggiate da Santapaola

mercoledì 10 Ottobre 2007 - 15:06

La longa manus del clan Santapaola nella provincia di Messina. Tra i 29 arresti eseguiti ieri dalla Dia di Catania nell’ambito dell’operazione “Arcangelo “ c’è anche Vincenzo Santapaola, classe 1965, figlio di un fratello del boss Nitto, trapiantato a Messina diversi anni addietro. Vincenzo è stato raggiunto ieri dall’ordinanza custodiale emessa dai giudici catanesi e si trova ora ristretto nel carcere di Gazzi. A suo carico è stato eseguito anche un provvedimento di sequestro di beni. Secondo la procura etnea aveva il compito di gestire le estorsioni nel messinese per conto della famiglia.

Tra le imprese a cui era stato imposto il pizzo c’è anche la Tecnis, la società che ha realizzato gli approdi di Tremestieri. Vincenzo Santapaola è accusato di associazione mafiosa ed estorsione. E’ stato coinvolto anche nell’indagine della Dda di Messina denominata Arcipelago sui nuovi assetti dei clan mafiosi cittadini. E’ assistito dall’avvocato Tancredi Traclò.

Oltre che alle 32 ordinanze di custodia cautelare tra gli affiliati al clan Santapaola, di cui 25 eseguite ieri e 4 stamane, l’inchiesta “Arcangelo- ha portato al sequestro preventivo di beni mobili e immobili e conti correnti bancari e depositi in istituti di credito di alcuni degli indagati. Tra i locali ai quali la Dia ha posto già i sigilli ci sono anche due società di onoranze funebri, un autolavaggio, quattro immobili, due auto e altrettante moto, 13 appartamenti e altri beni. I provvedimenti sono stati emessi dal procuratore capo facente funzioni Vincenzo D’Agata, dal procuratore aggiunto Giuseppe Gennaro e dai sostituti Giovannella Scaminaci e Iole Boscarino. Gli inquirenti,indagando su un traffico di cocaina tra Napoli e Catania, ha scoperto anche il nuovo sistema estorsivo messo in campo da Cosa nostra, che impone il pizzo esigendo un’aliquota fissa del 2% sull’ammontare dell’appalto.

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