Il blasonato avvocato ed ex sottosegretario reggino era candidato per Fdi: dopo il rispolverato coinvolgimento nel processo "Gotha", ha rinunciato
REGGIO CALABRIA – Cosentino, è stato nel Partito democratico calabrese e soprattutto nazionale ma è stato anche commissario della Federazione di Messina; è stato il più stretto collaboratore dell’ex premier dèm Matteo Renzi e lo è adesso, in Italia Viva.
Lui è l’ex deputato Ernesto Carbone. E per noi calabresi almeno, è soprattutto il corregionale protagonista della partita che ha visto quasi chiusa la tormentata designazione dei 10 membri laici del Consiglio superiore della magistratura.
Carbone ok
L’avvocato Carbone fa dunque parte adesso dell’organo d’autogoverno dei magistrati, che pure ha avuto un ruolo centrale nel minare, in modo autodistruttivo, in parte la credibilità del corpo magistratuale, che sta cercando da un po’ un faticoso maquillage. Ma il vero nodo ha riguardato e sta tuttora riguardando un avvocato di rango e politico di fama pluridecennale: l’ex sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino.
Il profilo di Giuseppe Valentino
Reggino “doc” – suo nonno fu anche il famosissimo sindaco della ricostruzione di Reggio Calabria dopo il terremoto del 1908 –, fu deputato e senatore e tra i pochi dominus di quella che fu, con Gianfranco Fini, Alleanza nazionale. E sottosegretario nel delicatissimo comparto di sua stretta competenza anche professionale nel secondo e terzo governo Berlusconi.
Il nodo degli addebiti giudiziari
Da 19 anni, però, suo malgrado è anche protagonista delle cronache giudiziarie, seppure non condannato: nel 2004 appunto fu accusato dalla Dda di Catanzaro d’essere la “talpa” che faceva filtrare notizie riservate favorendo le ‘ndrine, nel 2006 di favoreggiamento nei confronti di Stefano Ricucci nel contesto di Bancòpoli. Nel 2021 infine finì tra gli indagati nel maxiprocesso “Gotha” sulle connessioni politica-‘ndrangheta.
Rinuncia sofferta
L’oggi membro di Fratelli d’Italia e presidente della Fondazione “Alleanza nazionale” era stato candidato da Fdi per un posto da meloniano nel Csm. Una candidatura, a detta di tutti, dal profilo prestigioso.
Ma proprio l’inchiesta “Gotha”, riesumata dai media, gli è stata fatale: travolto dal polverone, a malincuore l’ex uomo di Governo ha rinunciato all’ambizione di far parte di Palazzo dei Marescialli, anche e soprattutto per non nuocere alla sua parte politica.
Una decisione sofferta, che comunque non ha impedito al centrodestra di tributargli “comunque” quasi 200 voti – insufficienti però alla sua elezione -, d’inveire contro i media e soprattutto contro Cinquestelle e in misura minore il Partito democratico, “rei” d’aver violato i patti e di voler tentare ora d’accaparrarsi anche il decimo componente laico del Csm. Unico seggio ancora vacante: già eletti gli altri nove membri di nomina parlamentare.
Per quella postazione, si andrà a votare oggi: il candidato del centrodestra è il giurista catanese Felice Giuffrè, ma il “tutti contro tutti” che s’è determinato non giova a formulare precisioni “davvero” attendibili.