L’Associazione Nazionale Docenti Universitari si dice contraria all’invio , sollecitato da Navarra , dei dati sulla valutazione attribuita dall’Anvur a ciascun ricercatore. Ma è davvero una questione privata?
Parola d’ordine : privacy. L’Andu (Associazione Nazionale Docenti Universitari) scende in campo contro la richiesta del rettore dell’Università, Pietro Navarra, di acquisire i dati circa la valutazione attribuita a ciascun ricercatore dall’Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca ) che ha giudicato la ricerca scientifica dell’Ateneo peloritano la peggiore di tutta Italia (vedi correlati) .
Secondo quanto afferma in un documento, l’iniziativa del Magnifico si pone «in contrasto con le indicazioni del Garante della Privacy e con l’orientamento dell’ANVUR». Poco importa , dunque, se lo stesso Navarra ha assicurato «massima discrezione nell’uso di questo dato» e spiegato che l’unica finalità è quella di valutare la scelta dei prodotti effettuata e migliorare i criteri di selezione in occasione dei prossimi bandi, per l’Andu si tratta comunque di un “abuso”.
L’Associazione docenti non esclude che « in passato l’informazione non sia stata sufficiente e che colleghe e colleghi abbiano scelto prodotti non appropriati», ma è convinta che «tutto questo si corregge con un lavoro di preparazione e diffusione delle conoscenze, non certo chiedendo l’accesso ai punteggi individuali».
La richiesta del rettore viene considerata dall’ Andu una vera e propria “entrata a gamba tesa". «Nonostante le rassicurazioni verbali – si legge nel documento – la trasmissione dei singoli risultati, lungi dall’ essere un’operazione di trasparenza, rischia di giustificare politiche premiali o, più realisticamente, punitive, grossolane e inique. Correttamente l’Anvur, proprio per evitare abusi e usi impropri, ha reso accessibili questi dati solo ai diretti interessati».
L’associazione docenti ricorda infine che « se i singoli Atenei volessero analizzare aree di inefficienza, potrebbero utilizzare i dati già in loro possesso e presenti nel "Catalogo di Ateneo" così come in U-GOV».
Riportate integralmente le motivazioni dell’Andu, un dubbio resta: se è vero com’è vero che dalla valutazione dell’Anvur dipendono anche i trasferimenti del Fondo di finanziamento ordinario per gli Atenei (quest’anno Messina avrà tre milioni di euro in meno) , perché l’amministrazione universitaria non ha il diritto di sapere nome e cognome di chi svolge egregiamente il lavoro per cui viene pagato e di chi non è grado di presentare i tre prodotti di ricerca richiesti o produce ricerche non all’altezza, penalizzando l’intera Università? Se uno studente non studia e viene bocciato fa un danno solo a se stesso, se un ricercatore fallisce nella sua “missione”, affossa tutta l’Università. Ragione per cui l’intera città dovrebbe conoscere i nomi dei ricercatori meritevoli e di quelli “indegni” di questo titolo. Altro che privacy. (Danila La Torre)
Sono un docente universitario e condivido pienamente l’articolo ed in particolare i commenti finali. E’ pienamente legittimo criticare i criteri di valutazione, ma volersi trincerare dietro la privacy in campo lavorativo suona parecchio stonato. Qualcuno all’ANDU ha paura di una figuraccia personale? Tropppo tempo dedicato al sindacato e sottratto alla ricerca? Naturalmente anche l’attività sindacale è pienamente legittima ma lo si dica senza trincerarsi dietro la privacy!
Lasciando stare la valutazione della qualità dei lavori (io personalmente ho presentato 3 lavori eccellenti) sarebbe bello se l’amministrazione potesse diminuire lo stipendio di chi non è stato in grao di presentare nemmeno 3 prodotti in 5 anni.
E’ finito il tempo in cui il cattedratico si becca lo stipendio senza dover rendere conto a nessuno. A Messina ci sono circa il 18% di ricercatori e docenti che hanno presentato 3 prodotti giudicati eccellenti e che sono stati danneggiati e lo saranno in futuro da chi era in altre faccende affaccendato con i soldi publici!
Forse qualche ricercatore pensava che era pagato dall’università (da noi quindi) solo per cercare la borsa del “professore” per poi poter svolgere egregiamente il suo compito di portaborse.
Qualche altro, figlio di, non si poneva nemmeno questo problema, essendo stato assunto (e sempre a nostro carico)solo per i suoi “nobili” ascendenti e santi protettori.
Tutti loro ora tentano di nascondersi dietro la privacy per occultare il passato e non farci scoprire la loro ignoranza.
Ma non hanno ancora capito che quella che sempre rimane bene in vista è la loro arroganza e la conseguente viltà d’animo.
Ma tanto loro la dignità se la sono già venduta, mi dispiace solo che, a differenza dei ricercatori veri, il loro stipendio è “protetto” ed assicurato.
CHE SCHIFO!
Poveri figli nostri, in quali mani!
L’anvur confonde il concetto di privacy (che riguarda aspetti legati alla persona ed alla sua vita privata, separata da quella sociale) con quello di trasparenza. QUest’ultimo è atto dovuto per legge quando riguarda qualsiasi aspetto istituzionale della persona soprattutto quando questa persona, a qualsiasi titolo, è pagata con i soldi della comunità ed ancora di più se esercita il ruolo di formatore al più alto livello!!!
vergogna, vergogna, vergogna
Professori……bocciati…..ma pagati…..intanto chi può iscrive i figli in università del nord. Questa nostra accademia figlia dei padri ostaggio dei figli e dei parenti segnalati con concorsi poco credibili … la possiamo anche chiudere…questione di tempo e sarà fuori mercato perché la scienza non si compra.
Lo ripeto e l’ho già detto: Conoscere i nomi non serve a fare gossip, ma a “distinguere”! Come si sentirà chi nella folla di inoperosi, produce? La solita pecora nera, che non va valorizzata ma semmai resa muta e nascosta! Perchè se no, il buon esempio, o l'”efficiente” potrebbe valere come pietra d’angolo per accusare chi invece non fa nulla dalla mattina alla sera… Invece vogliamo i nomi. Basta con questo buonismo ed egualitarismo che vale solo quando ci sono da nascondere le magagne. Vogliamo lodare e ringraziare chi si impegna e chi fa il proprio dovere nonostante tutto.