Messina- Le ultime provocazioni del sindaco rappresentano la volontà di "umiliare" il Consiglio per tornare alle urne o il sogno di un'Aula di yes men?
Il doppio comizio senza quasi soluzione di continuità di Cateno De Luca (la sera del 31 e il pomeriggio dell’1 gennaio) sembra essere da un lato una provocazione nei confronti del Consiglio comunale e dall’altro la tentazione del sindaco di tornare alle urne a maggio.
La minaccia e l’elogio
La minaccia “o fate l’intergruppo o mi dimetto” ed un rimpasto quanto meno bizzarro in giunta, rappresentano la volontà di De Luca di umiliare l’Aula. D’altra parte l’elogio di quanto ottenuto a Palazzo dei Leoni grazie alla squadra di dirigenti (la Città Metropolitana è ancora senza governance), fa pensare che il sindaco si senta veramente un cavaliere solitario e se fosse per lui governerebbe non solo senza consiglieri ma anche senza assessori.
Sindaci senza maggioranze
E’ vero, l’anomala situazione causata dalla legge e da ballottaggi diventati strumenti contro “l’altro candidato”, sia con Accorinti che con De Luca hanno comportato sindaci senza maggioranza in Aula. Ma tutto si può dire, sia per Accorinti che per De Luca, tranne che l’Aula consiliare sia un terreno minato per chi governa. Complice anche la paura di tornare ad elezioni i consiglieri riescono da anni a far quadrare i conti dei sì, dei no, delle astensioni, delle assenze, dei provvidenziali ritorni.
Un’Aula di yes men?
De Luca, che non ha mai risparmiato toni accesi (per usare un eufemismo) nei confronti dei consiglieri, si è sempre visto approvare gli atti che riteneva determinanti per il suo progetto. Delibere approvate dai consiglieri nella condivisione dei contenuti. Certo, alcune schizofrenie del consiglio non hanno dato un bel vedere, ma finora, pur non avendo la “sua” maggioranza, il sindaco ha potuto contare sul massimo supporto. Se l’1 gennaio intima ai consiglieri “o fate un integruppo o mi dimetto” o vuole umiliarli ( e quindi tornare alle urne) o vuole un’Aula di yes men.
I no a prescindere
Solo una concezione arcaica della politica può portare a considerare opposizione quella che dice solo no a prescindere e additare chi, pur da posizioni diverse, decide di approvare delibere dell’amministrazione. Questo vale a tutti i livelli. Un consigliere, un deputato, una consigliera, una deputata, votano senza vincolo di mandato ed in base alla coscienza. Ed è arcaico quanto accaduto in questi mesi nei confronti di chi decide, con cognizione di causa, di sposare una delibera dell’amministrazione. Peraltro, al netto dell’ipocrisia, sappiamo benissimo tutti che “serve” sempre chi approva o chi esce dall’aula, evitando così l’anticipato ritorno alle urne.
Atto di fedeltà…
Ma proprio per questo è inconcepibile l’atto di fedeltà che De Luca chiede ai consiglieri. Non ha bisogno di un intergruppo, perché la maggioranza la troverà sempre, almeno sugli atti fondamentali. Se chiede ai consiglieri di “abiurare” le liste con le quali sono stati eletti è perché vuole il controllo totale e vuole che questo controllo sia “visibile” all’esterno. L’intergruppo nelle sue intenzioni non deve condividere il Salva Messina 2020, ma deve approvarlo senza discuterlo. Come un dogma.
…o provocazione?
È quindi improbabile che consiglieri, alcuni dei quali vantano una carriera politica di molti anni, si umilino al punto di trasformarsi in yes men. Si potrebbe quindi pensare che De Luca voglia provocare il no dell’Aula per tornare così alle urne.
Le incrinature nei gruppi
Più il sindaco lancia queste provocazioni più l’Aula si divide. Se da un lato ci sono rappresaglie social nei confronti di chi non sposa l’opposizione a prescindere e a oltranza, dall’altro si registrano le prime incrinature nei gruppi consiliari (sia nel centro sinistra che nel M5S ). Chi non segue la linea del “no” rischia la frattura dal gruppo. Il sindaco lo sa ed è in quelle fenditure che sta provando ad entrare.
Il secondo schiaffo
La seconda provocazione, rivolta sia al Consiglio che al mondo politico esterno è il mini rimpasto in giunta. Uno schiaffo a chi pensava a cambi in giunta ed a chi contava su aperture o altri tipi d’impostazione. Nonostante evidenti falle nella sua squadra, De Luca ha detto: “si fa come dico io, mi tengo questi assessori e ne aggiungo due miei”. L’invenzione dell’assessore post datato è surreale ma risponde a questa logica. “Contestate l’assessore Trimarchi? Non me ne frega niente, decido io, come quando, con chi e perché sostituire un assessore”.
L’operazione è chiara, De Luca vuole una squadra, sia in giunta che in Aula, che risponda solo a lui e non alzi neanche un sopracciglio. Il suo ideale è la Città Metropolitana, dove non ha né assessori né consiglio.
Si torna al voto?
Pensare che voglia andare avanti per i prossimi 4 anni continuando ad accentrare è azzardato. Né è scontato che sia pure con l’attuale vento in poppa, De Luca vinca alle urne a maggio. Certo, all’orizzonte non si vedono né coalizioni né figure di candidati che possano fronteggiarlo. Ma il ballottaggio, e De Luca lo sa perché è l’arma che ha utilizzato, a Messina è un terreno minato. Il ballottaggio a Messina è un voto contro e non per. Probabilmente conta di vincere al primo turno, ma è una sfida piena d’incognite.
Prima o poi la corda di spezza
Continuare a tirare la corda con un Consiglio comunale che ha dimostrato di affrontare con serietà la mole di delibere arrivate in un anno, che ha votato con responsabilità anche quando sarebbe stato più facile votare per dispetto, può risultare fatale. Prima o poi la corda di spezza.