Dedalo e Icaro – Dentro il labirintico percorso non è smarrita l’attitudine alla vita

Dedalo e Icaro – Dentro il labirintico percorso non è smarrita l’attitudine alla vita

Tosi Siragusa

Dedalo e Icaro – Dentro il labirintico percorso non è smarrita l’attitudine alla vita

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venerdì 29 Luglio 2022 - 08:01

Alla 66° Edizione del Tindari Festival, sottotitolata “Accoglienza”, per il progetto “Somiglianze” una performance nel segno dell’attenzione verso tematiche delicate, quali l’autismo, promossa dal Comune di Patti e dall’ANGSA Messina, nel ventennale dalla fondazione.

Un teatro fortemente caratterizzato, che si fa pungolo delle coscienze, ponendoci al cospetto del percorso, accidentato, che attraversa la patologia, ma in primis approfondendo l’impatto sulle esistenze di chi ne è affetto, e dei genitori e altri figli, attraverso lo sguardo di sanitari e operatori, di presenze esterne, occasionali e non.

Giacomo Ferraù e Francesco Frongia sono stati abili co-direttori della piece, che si è basata sull’intenso script di Tindaro Granata, Direttore Artistico del Festival, che con sapienza di drammaturgo ha rielaborato l’approfondimento condotto dalla Compagnia durante il periodo di contatto con l’ANGSA di Novara.

Le interpretazioni duttili e magmatiche a rendere ciascuno differenti tipologie umane hanno saputo condurci per mano, introducendoci nella storia che la presenza di una personalità autistica genera.

Una iniziale presentazione documentaristica ha guidato alla costruzione dello spettacolo, con interventi della Associazione ANGSA, a chiarire meglio gli impegni delle famiglie e gli assetti intrinseci alla base, dei Lions, e del Sindaco del Comune di Patti, coinvolti a supporto dell’ iniziativa.

La cesura fra i normodotati e i diversi, per una congerie di limitazioni, è condizionante e la rappresentazione, avvalendosi della condivisione della quotidianità di comunità familiari con soggetti autistici, ne sviscera le cadute e i piccoli successi diuturni.

Il rimando al mito appare consono, nel significato del tentativo paterno di Dedalo, architetto e scultore provetto, della costruzione di un paio di salvifiche ali per lasciare, con Icaro, il labirinto che li imprigiona, ma laddove il figlio disobbediente non segue le raccomandazioni paterne e precipita rovinosamente, la piece ci lascia invece in sospensione.

Le due figure mitologiche sono celebrate anche dal grande artista Antonio Canova, nel suo capolavoro in marmo della giovinezza veneziana.

Il senso ultimo è rendere, come e quanto possibile, Giacomo meno dipendente, e via via più avvezzo a misurarsi con le inevitabili ricadute (che ci saranno), ma il rischio è necessario, quello spiraglio per librarsi è salvifico per tutti e sgrava un po’ il padre dalle preoccupazioni per il suo dopo-vita.

Giacomo è, suo malgrado, per le sue peculiarità, il perno attorno al quale ruota la famiglia, il padre Enzo, la madre e il fratello Libero, ognuno a suo modo non scevro di pesanti tributi alle proprie esistenze, con una summa di sentimenti di rinuncia ad esercitare il ruolo fino in fondo, per la genitrice (probabilmente per insiti sensi di colpa e inadeguatezza, con ripercussioni sul rapporto coniugale, un tempo gioioso), e ancora con comprensibili sentimenti ambivalenti per il percepirsi quale figlio portatore della pesante missione di essere il baluardo futuro per il fratello difficile.

Le luci di Giuliano Almerighi hanno scandito in maniera impeccabile i momenti clou della quotidianità, con il nero pece a precedere ogni nuovo quadro, unitamente alle musiche che in quei frangenti si sono fatte altamente dissonanti.

Le scenografie di Stefano Zullo, caratterizzate da quattro lenzuoli, quasi bianchi sudari a ricoprire suppellettili e mobilio funzionali alla narrazione.

Del pari i movimenti scenici di Riccardo Oliver hanno brillantemente reso il senso della storia.

Una lodevole Coproduzione Teatro dell’Elfo e Eco Di Fondo

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