Sono tutti ragazzi, hanno sogni, un futuro da realizzare. Vorrebbero rimanere in Italia, forse in Sicilia. Oggi quelle porte del Pala Nebiolo verranno aperte e loro potranno uscire
La tranquillità che regna al PalaNebiolo dell’Annunziata sembra quasi surreale. E’ l’orario del pranzo, sono tutti seduti, in ordine, in perfetto ordine, in silenzio, in perfetto silenzio.
Stanno consumando il loro pasto, primo, secondo, pane e frutta. I volontari aiutano e chiedono se hanno bisogno d’altro.
Ci teniamo a distanza, non vogliamo disturbare questo momento. Semplicemente osserviamo e, nel frattempo, chiediamo informazioni su cosa ne sarà di loro, su quanto rimarranno qui, sul perché si ha l’impressione che siano blindati.
“Non sono blindati. Questa è la norma, è la procedura standard che viene adottata in questi casi. Si tratta di una misura di prevenzione, una misura per proteggerli”, ci viene spiegato.
Da oggi, però, quelle porte del Pala Nebiolo si apriranno e loro potranno uscire.
Sono 51 ragazzi, per la maggior parte eritrei. Uno di loro è gahanese, 5 nigeriani, 1 egiziano, 3 somali ed un ragazzo viene dal Sudan.
Alcuni sono sbarcati a Pozzallo, altri a Lampedusa. No, non sono i sopravvissuti dell’ultima tragedia. Si trovano in Sicilia da periodi diversi, qualcuno da due settimane, qualcuno da tre, qualcuno da più tempo ancora.
Il Ministero degli Interni ha chiesto alla Prefettura di Messina di attivarsi per trovare strutture idonee alla loro ospitalità, per smaltire i centri di primo soccorso ed accoglienza della nostra isola ormai pienissimi.
L’Università aveva dato la disponibilità di tutte le sue strutture e, tra le tante, è stato scelto il PalaNebiolo.
E’ grande, ha uno spazio esterno, ha un campo da baseball, ha i gazebo attrezzati, i bagni, il punto infermieristica, i due uffici di immigrazione e polizia scientifica, la zona notte con i lettini e la zona mensa con i tavoli.
Certo, è una situazione temporanea, e per ora va più che bene. Per il futuro ancora non si sa nulla, se verranno spostati, se verranno trasferiti. Nulla.
Chiedo anche se sono stati tutti identificati. “Sì, richiedono asilo politico e si sta procedendo all’istituzione della pratica”.
Sono in tanti ad essere impegnati in questa situazione di accoglienza. Tutte le forze dell’ordine, la Polizia, i Vigili Urbani, la Guardia di Finanza, i Carabinieri, la Forestale. E poi i volontari della Croce Rossa con i loro appelli, la Protezione Civile, il personale del Cascina Global Service ed altre associazioni di volontariato.
Noi parliamo e loro, dall’altro lato della palestra, hanno quasi terminato il pranzo. Si alzano, sempre in silenzio. Si avvicinano alle brandine, ordinate, sistemate.
E’ l’ora del riposo. Qualcuno ascolta musica, qualcuno gioca a carte. “Che gioco è?” domandiamo. “Romino”.
Sono giovanissimi. 19, 22, 25 anni, nessuno supera i 30. Eppure quello sguardo, quello sguardo non ha nulla a che fare con un ventenne.
Hanno tutti una storia da raccontare, sogni da realizzare, un’Italia da scoprire.
Sono timidi, quasi impauriti, restii a parlare, ad aprirsi. Vogliono imparare l’italiano, questo sì. La mattina studiano, hanno un foglietto ed annotano quello che l’infermiera volontaria dice. “Collo, gamba, questo è occio”. “No, non è occio, è occhio”.
Scherzano, per lo più stanno a gruppetti.
“Stiamo cercando di trovare delle attività per il pomeriggio – ci spiega una volontaria – pensavamo a qualche partita di calcio o pallavolo”. In realtà si pensa anche ad una televisione o ad una playstation.
Chiediamo cosa vorrebbero fare nel loro tempo libero. “Football e volleyball”, è la risposta.
Si siedono una brandina e noi li seguiamo. Hanno tutti la stessa tuta, scopriamo che vorrebbero delle ciabatte per stare un po’ più comodi. Ai materassi hanno rinunciato.
Parliamo, chiediamo da dove vengono e perché si trovano qui. Anche loro sanno che è solo per poco tempo.
“Questa palestra è accogliente, molto meglio di Pozzallo”, ci confessano. Dopo? Non sanno cosa faranno, ma molti di loro vogliono rimanere in Italia, forse in Sicilia.
Ci allontaniamo dal Pala Nebiolo, anche noi in silenzio per non violare quella pace surreale.
Veronica Crocitti
@VCrocitti