C'è chi dice no alla liberalizzazione sfrenata delle aperture che comporta la compressione di alcuni diritti. Come i lavoratori della Coop: "Chiusi per scelta, libertà e lavoro per noi sono un valore" o Luigi Di Maio: "è questione di serenità familiare"
La poesia “Il sabato del villaggio” la sapevo a memoria, perché ai “miei tempi” ce le facevano studiare così ed ancora oggi ricordo perfettamente intere strofe. Nessuno come Leopardi è riuscito a descrivere così intensamente l’emozione dell’attesa di quel che ci rende lieti.
Impararla a memoria è stato per me avvertire nel cuore le stesse sensazioni della “donzelletta in sul calar del sole” con il mazzolino di viole e rose in mano destinate ad adornare la sua festa o quelle della “vecchierella” che ricorda quando si ornava lei a festa per “ danzar la sera intra di quei ch'ebbe compagni dell'età più bella”. O infine le sensazioni del contadino che torna a casa dopo essersi spaccato la schiena sui campi e sa che l’indomani è domenica: “E intanto riede alla sua parca mensa, fischiando, il zappatore, e seco pensa al dì del suo riposo”.
Vi chiederete perché vi sto tediando con i miei lontani ricordi di gioventù. Perché nei giorni scorsi il manifesto della Coop e le dichiarazioni del vicepresidente della Camera Di Maio mi hanno riportato con gioia a quella poesia.
A metà aprile sono apparsi i manifesti che ritraevano un dipendente della Coop con questa frase: “I negozi Coop restano chiusi il 25 aprile ed il 1 maggio per scelta. Perché la libertà ed il lavoro sono un valore per noi”.
E’ uno dei manifesti più belli e rivoluzionari che io abbia visto negli ultimi 20 anni. Il coraggio di andare contro corrente per scelta è una rivoluzione. Lo stesso ha fatto l’esponente del M5S Luigi Di Maio a proposito della liberalizzazione sfrenata dell’apertura dei negozi la domenica e nei festivi: “Ci stanno impoverendo. Non è solo una questione economica, ma di serenità familiare e felicità personale”.
Sentire un politico finalmente parlare della “felicità personale” dei cittadini e inserirla come una priorità rispetto all’aspetto economico, mi commuove. Di Maio ha ricordato come la proposta di legge (primo firmatario Dell’Orco) che pone un limite alla liberalizzazione giace in Parlamento dall’aprile del 2013.
Lo shopping non è un valore. E’ un valore solo se diamo a questo termine l’accezione economica. Dietro lo shopping domenicale e festivo, purtroppo oggi, c’è la compressione dei diritti di alcune categorie. E più si va verso il Sud più questi diritti vengono compressi. Al di là di questo aspetto c’è quella dimensione legata alla vita di ognuno di noi che Di Maio, correttamente, evidenzia.
Trascorrere il 25 aprile piuttosto che l’1 maggio in un centro commerciale è la fine della comunità ma soprattutto lo smantellamento di uno Stato che dà il giusto valore al lavoro.
Ad inizio aprile mi ha colpito un avviso davanti ad un negozio di cinesi in una zona nei pressi del viale Europa. L’avviso scorreva 24 ore su 24 accanto all’insegna luminosa: “si avvisa la clientela che questo negozio resterà aperto la DOMENICA DI PASQUA E IL LUNEDI’ DI PASQUETTA”.
Mi sono chiesta se quel giorno è davvero entrata clientela ma non è questo il punto. Quel negozio cinese non vende beni di prima necessità ed almeno due commesse sono messinesi. Qui entra in ballo la proposta di legge Dell’Orco e più in generale una questione che riguarda due diritti: quelli dei lavoratori e quelli dei piccoli imprenditori. C’è poi (non come aspetto secondario) la dimensione umana della festa, quel diritto alla serenità personale che può essere diversa per ognuno di noi ma che non deve mai essere a scapito di un altro.
Andiamo per ordine.
Sono consapevole che l’industria del turismo e quella del divertimento (lidi, bar, locali, ristoranti, cinema, nonché musei, parchi) vive di questo, cioè del “dì della festa”, così come è evidente che i servizi pubblici devono essere garantiti.
Ma con il passare degli anni l’asticella si è alzata sempre di più.
E più si alza più qualcuno ne paga il prezzo.
Penso a quante commesse o dipendenti non sono messi in regola o se lo sono la busta paga non corrisponde al lavoro effettivo e se lavorano la domenica o nei festivi non ne hanno alcun straordinario. Penso ai piccoli esercenti, che per non essere strozzati dalla concorrenza dei grandi centri commerciali sono costretti ad un lavoro intollerabile. La categoria dei lavoratori nei festivi si è ampliata a dismisura ma con una conseguenza: la compressione dei diritti.
Trump sta procedendo con la riduzione dal 35% al 15% delle tasse per gli imprenditori noi in Italia aumentiamo l’Iva al 24% (che grava su tutti).
Trump darà una mano all’economia, lo Stato Italiano la massacra.
Se il cinese a Messina si può permettere il lusso di restare aperto a Pasqua e a Pasquetta (presumo sorvolando su tasse e straordinari) lo fa a scapito di chi ci lavora ma anche del suo vicino di bottega.
L’economia messinese, già in ginocchio, è destinata alla fine.
Io non ce l’ho con l’Ikea o con i grandi centri commerciali ma penso che la comunità debba prevalere sulla società.
La festa è un’opportunità per tornare alla dimensione UMANA della vita.
L’1 maggio può essere occasione per tornare nelle piazze o per riflettere su quel che è diventato il lavoro, il 2 giugno sul senso della parola Repubblica, il 25 aprile su quel che è costato ad altri la nostra libertà di andare all’Ikea.
Siamo sicuri che questa liberalizzazione sfrenata che passa come un carro armato sui valori fondanti della nostra Repubblica sia segno di progresso?
Non sono convinta che trascorrere un Lunedì di Pasqua in un negozio di chincaglierie possa migliorare la mia vita, né tantomeno quella della commessa.
Nel dì della festa ognuno può fare quello che vuole: una corsa in spiaggia con i figli, i cani, i gatti, il criceto, gli amici, quella chiacchierata al telefono o quella visita che non si riesce mai a fare, si può leggere un libro, oziare, guardare un film, ridere, sognare ad occhi aperti.
Ma il tuo sogno, la tua felicità non deve essere a scapito di un altro.
Se non riesci a resistere senza comprare quel paio di scarpe alla moda, cavolo, vacci il giorno dopo. La commessa ti accoglierà con un sorriso.
Perché lei, quell’1 maggio non l’ha “pagato” il doppio per far contenta te.
Ps.- vorrei dire grazie a Luigi Di Maio per aver usato l’espressione “felicità personale”. Non la usa nessuno perché non si misura in euro eppure ha un valore inestimabile.
Rosaria Brancato
Si legga il Trattato di Lisbona e tutti gli altri dopo quello, forse capirà chi è che IMPONE queste LIBERALIZZAZIONI e queste CONDIZIONI DISUMANE. Di Maio è buono solo a recitare gli slogan che gli passano i suoi autori, ma come tutto il M5S e tutti gli altri partiti “europeisti” non dice (forse perchè non si è mai letto alcun trattato europeo) quale è la vera causa del problema “L’UNIONE EUROPEA e la sua MONETA a DEBITO”.
Si legga il Trattato di Lisbona e tutti gli altri dopo quello, forse capirà chi è che IMPONE queste LIBERALIZZAZIONI e queste CONDIZIONI DISUMANE. Di Maio è buono solo a recitare gli slogan che gli passano i suoi autori, ma come tutto il M5S e tutti gli altri partiti “europeisti” non dice (forse perchè non si è mai letto alcun trattato europeo) quale è la vera causa del problema “L’UNIONE EUROPEA e la sua MONETA a DEBITO”.