Abbiamo un problema, una piaga sociale al pari di chi imbratta i monumenti o lascia in giro i bisogni del cane. C’è un 15-20 % della popolazione che si indigna, sostenendo che sia uso e costume di noi Messinesi ritardare o non rispettare gli appuntamenti di qualsiasi genere. Vorrei comunicare a tali individui, noiosi e privi di fantasia, che il loro problema è la mancata conoscenza della lingua italiana, di cui i miei concittadini sono fulgida bandiera. Quindi, che si scaricassero l’app dell’Accademia della Crusca o riaprissero un libro di grammatica.
Certo, ogni popolo è figlio della sua storia e, tradizione vuole, che la nostra concezione del tempo subisca una dilatazione, un aumento di massa e volume. Consideriamo il concetto di domani. Quando prendiamo un impegno utilizzando questo avverbio – uno dei nostri preferiti – non ci riferiamo al giorno dopo oggi, ma a un domani. É tutta questione di un articolo indeterminativo che viene omesso per semplificare il dialogo, ma è fondamentale. Ci sentiamo domani deve essere accolto dall’interlocutore come una volontà di farsi sentire prima o poi. Per non parlare dell’espressione più tardi. Il termine abbraccia in realtà un lasso di tempo che va dalle successive 5/6 ore ai 5/6 anni. Letteralmente il discorso è ineccepibile, non si capisce perché ci sia ancora chi si ostina a relegare il concetto nell’ambito angusto della medesima giornata. Per cui, saputelli che si sentono offesi dal presunto bidone, avete torto marcio.
Ecco che i più colti, profondi conoscitori della lingua italica, ripiegano su uno di questi giorni. Suvvia, chi di noi non ha mai detto dobbiamo vederci uno di questi giorni, con un sorriso degno di un oscar alla carriera, immaginando potesse essere l’unica via di fuga a un incontro casuale? Del resto cosa vogliamo dire se il giorno in questione tarda ad arrivare? Questi giorni è un concetto assolutamente open, potrebbe abbracciare l’intero secolo e vuoi che nei prossimi ottant’anni non ti si presenti l’occasione di farsi una pizza o un aperitivo insieme? Chi obietta che il termine quei sarebbe grammaticamente più corretto, volendosi riferire a un periodo lontano, provi a dire a qualcuno dai, vediamoci, uno di quei giorni, senza che l’interlocutore pensi al ciclo mestruale. Altro problema è la locuzione in settimana. Analizzando con attenzione il concetto, è normale che se si promette che qualcosa avvenga in settimana, avverrà necessariamente all’interno di una settimana. Non credo verrà mai introdotto un giorno random al di fuori dei tradizionali 7 che conosciamo, neanche da questo governo.
Che non si dica poi che siamo gente poco puntuale, basta solo intendersi sugli orari. Qui corre in nostro aiuto la particella verso, a concederci un sacrosanto margine di errore. Dire verso le 5 non è dire alle 5. Ci garantisce un range di almeno un’ora, se non di più. Il tempo del parcheggio, del caffè, del sonopassatounattimodamiamadre, tutte situazioni normali e fisiologiche che chi aspetta deve tenere in considerazione. Un ritardo di 5 minuti poi, è giustificabile se si comprende che stavolta il concetto di 5 minuti non è letterale. Anche perché, cosa fate mentre aspettate, cronometrate o contate fino a 60 per 5 volte? Cosa siete, ossessivo compulsivi? Anzi, il 5 minuti e arrivo, pure se stiamo ancora in pigiama a fissare il vuoto mentre aspettiamo che si scaldi l’acqua della doccia, è una carezza, una pacca sulla spalla, una dimostrazione di affetto e di importanza che diamo a chi ci attende, significa per me sei importante, arriverò. Orbene, gioite di tanto afflato e risolvete i vostri problemi di adattamento. A volte ci costringete a omettere volutamente qualsiasi avverbio di tempo, di modo che non abbiate nulla a cui aggrapparvi, ed ecco che tiriamo fuori il mi faccio sentire io. Perché offendersi se ciò non avviene entro un lustro? Anzi, più passa il tempo, più aumentano e si sviluppano i mezzi di comunicazione e quindi le possibilità che ciò accada. Abbiate fede.
Siamo gente precisa dunque, ma amiamo lo slow living e fuggiamo dalle occasioni di stress. E se non riusciamo a tener fede a tutti gli impegni di una giornata, certo non ce ne facciamo una malattia. Del resto, domani è un altro giorno…
Bentornata, con la verve di sempre
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