Il segretario Provinciale Articolo UNO commenta i dati resi noti dal Dipartimento comunale Servizi al Cittadino – Statistica, che hanno confermato la criticità della situazione messinese
I dati resi noti dal Dipartimento comunale Servizi al Cittadino – Statistica confermano la gravissima condizione socio-economica in cui versa la Città di Messina.
Trend negativo
Il trend complessivo è drammaticamente negativo. Aumenta la disoccupazione, diminuiscono i redditi, migliaia di persone abbandonano la città. La percezione della irreversibilità di questo stato di cose è diffusa e sta determinando un sentimento complessivo di rassegnazione.
Messina sta scontando anni di ritardo rispetto alla definizione di un serio modello di sviluppo.
Fondata su terziario e commercio, la città ha vissuto, più di altre, contando sui trasferimenti centrali in termini di pubblico impiego, strutture decentrate e commesse di stato. Anche il tessuto produttivo, cantieristica navale e agrumicoltura, era tutto sommato sotto la “protezione” del pubblico.
Negli anni abbiamo visto chiudere una dopo l’altra quasi tutte le realtà produttive presenti in città. Una sequenza inesorabile che ha diminuito costantemente gli occupati, riducendo i consumi e quindi la capacità di spesa delle famiglie incidendo in maniera evidente anche sul commercio. La sfilza di saracinesche chiuse anche in pieno centro e la recente chiusura di quasi tutta la grande distribuzione confermano una situazione arrivata allo stremo.
Il recente “assalto” all’Ufficio Provinciale del Lavoro per le selezione a Messina Servizi Bene Comune dall’altro lato da il senso della fame di lavoro che c’è tra i messinesi.
Vent’anni di occasioni mancate
Siamo di fronte ai risultati di oltre vent’anni di occasioni mancate.
Le classi dirigenti, politiche e non solo, che hanno guidato la città di Messina hanno una grandissima responsabilità per non aver saputo rifondare lo sviluppo e dare una prospettiva al territorio. Senza andare lontano e rimanendo ai capoluoghi siciliani, Messina è rimasta al palo, ferma, statica, irrisolta. Ciascuna delle principali città, Palermo e Catania su tutte, ma anche Siracusa, Ragusa e Trapani hanno saputo rinnovarsi, sperimentare, mettere a frutto opportunità e programmi nazionali ed europei per riqualificare e ripensare lo sviluppo locale. La crisi della rappresentanza politica è stata ed è indiscutibile e, nonostante alcune figure di livello nazionale, Messina è stata spesso scartata, fuori dai giochi.
Adesso, come ci dicono i dati del Dipartimento comunale Servizi al Cittadino – Statistica, siamo di fronte ad un punto di non ritorno. O si cambia o si muore. Senza una svolta reale, in termini di sviluppo e lavoro, Messina è condannata a trasformarsi in un grande pensionato, con le energie migliori altrove e nessuna prospettiva.
Articolo Uno ha sempre sostenuto che l’elemento centrale da cui ripartire è la risorsa “mare” che può rifondare l’identità della città orientandone concretamente lo sviluppo anche in relazione alle opportunità legate alla nuova Autorità Portuale dello Stretto e la riorganizzazione delle Zone Economiche Speciali, oltre che ai tradizionali – ma mai sfruttati fino in fondo – ambiti della cantieristica e del turismo.
Seria interlocuzione con Governo e Regione
Occorre avviare una seria interlocuzione sia con il Governo Regionale e sia con quello Nazionale che ha finalmente riportato al centro la questione meridionale, tra l’altro affidando a Peppe Provenzano, un siciliano competente e preparato, il ministero per il Sud e la coesione territoriale. Trasporti, infrastrutture, scuole e università, dissesto idrogeologico: serve un piano di investimenti pubblici per innescare le precondizioni allo sviluppo.
È necessario, però, un cambio di fase. È, infatti, di tutta evidenza che l’attuale guida della città, animata da uno sfrenato carrierismo e ormai caratterizzato da atteggiamenti macchiettistici (come l’ultima vicenda del travestimento), non è in grado, in alcun modo, di assolvere al compito. Non può essere De Luca a condurre Messina fuori dal guado.
Bisogna mettere in campo una classe dirigente diffusa (politici, professionisti, imprese, sindacati, stampa) all’altezza della sfida che abbiamo di fronte: donne e uomini che, guidati da una vera e propria ansia di futuro, sappiano prendere per mano Messina.
Solo cosi la nostra città potrà reagire alla condizione di rassegnazione e gettare le basi per un futuro possibile.
Serve un serio, rigoroso e creativo sforzo collettivo che sappia costruire le condizioni per ragionare sulla città tra vent’anni e, a ritroso, individuare, in modo quanto più condiviso, strategie e percorsi.
Occorre fare in fretta prima che sia troppo tardi.
Domenico Siracusano, Segretario Provinciale Articolo UNO