Una lettera inviata al Policlinico, che proprio un anno fa ha intitolato a Nicholas la nuova Rianimazione. Il papà sta lottando per la libertà di scelta di avere informazioni reciproche tra famiglie dei donatori e riceventi
A Messina il nome di Nicholas Green rappresenta la generosità e l’amore. Anche quando la morte sembra essere più forte, c’è chi è capace di far trionfare comunque la vita. E’ quello che hanno fatto 26 anni fa i genitori del piccolo Nicholas Green. Americani, in vacanza in Italia, hanno insegnato l’importanza di donare gli organi scegliendo di farlo dopo che un proiettile colpì il loro bimbo di 7 anni mentre erano in auto sull’autostrada
Salerno-Reggio. Un tentativo di rapina portò via per sempre il loro piccolo. Era il 29 settembre 1994, Nicholas morì il 1 ottobre. I suoi organi e le cornee furono donati a sette italiani, quattro dei quali adolescenti. E ora Reginald Green, papà di Nicholas, che ha sempre mantenuto un legame speciale con l’Italia e soprattutto con Messina, chiede appoggio per una battaglia che dev’essere soprattutto di civiltà e libertà.
La lettera
«Con il 26esimo anniversario della morte di mio figlio che si avvicina, l’Italia è sul punto di apportare un enorme cambiamento su come dal 1999 le famiglie dei donatori di organi e i loro riceventi vengono trattati.
Alcuni Parlamentari In Italia hanno presentato un disegno di legge per permettere che le due parti possano scriversi ed eventualmente anche incontrarsi, se entrambe lo vogliono. Durante uno scambio di email che ho avuto in questi giorni con il Sen. Pierpaolo Sileri, Viceministro della Salute, il Dott. Sileri mi ha mandato questa inequivocabile dichiarazione di sostegno al cambiamento della legge: “La liberalizzazione dei contatti tra riceventi e donatori è un gesto di umanità e civiltà, un atto doveroso, che deve trovare la giusta collocazione in una modifica della normativa attuale, la legge 91/99. Questa battaglia si può e si deve portare avanti”.
Libertà di scelta
Nel 2016, quando ho dato inizio a questa campagna insieme solamente ad un amico, Andrea Scarabelli, di Roma, nessuno ci ha appoggiato. L’opposizione era talmente tanta che abbiamo pensato a noi stessi come Don Chisciotte e Sancho Panza. Il grande cambiamento è avvenuto perché i media hanno pubblicizzato le nostre ragioni e le persone comuni hanno visto la mancanza di sensibilità, persino la crudeltà della legge attuale che di fatto impedisce alle due parti coinvolte in un trapianto di conoscere qualsiasi cosa tranne le informazioni di base della controparte. Le famiglie dei donatori non riescono così a sapere neanche se i riceventi degli organi della persona amata sono ancora vivi. E i riceventi non possono neanche ringraziare coloro che li hanno salvati quando nessun altro altrimenti era in grado di farlo.
Una speranza
Nessuna delle due parti può nemmeno mandare delle lettere non firmate all’altra, per quanto entrambe potrebbero volerlo fortemente. Nel 2016, l’intera questione era un tabù. Oggi invece le persone di tutta Italia si chiedono ‘Se due famiglie con un legame così profondo vogliono contattarsi, perché qualche burocrate dovrebbe essere in grado di impedirlo’? Sentimenti come questi (per esempio, un affranto padre di Lecco, Marco Galbiati, ha raccolto quasi 50.000 firme in una petizione che chiedeva il cambiamento della legge dopo la morte del figlio Riccardo, nel 2017) e la pressione dei media hanno indotto il Centro Nazionale Trapianti a rimettere la questione al Comitato Nazionale di Bioetica.
Negli Stati Uniti
Ma prima di dare un parere positivo al cambiamento della legge, i membri del Comitato avevano bisogno di vedere delle prove tangibili, e non solamente dei forti sentimenti personali. A loro mandammo i dati che mostravano come, negli Stati Uniti, decine di migliaia di famiglie coinvolte in un trapianto si fossero scritte ed una parte minoritaria si fosse anche incontrata. Nella grande maggioranza dei casi, come hanno dichiarato le autorità sanitarie, i risultati hanno contribuito ad accrescere la felicità e la salute di entrambe le parti.
Dopo attente considerazioni, il Comitato di Bioetica ha caldeggiato che alle famiglie dei donatori di organi dovrebbe essere permesso comunicare con i propri riceventi – una svolta epocale– sotto condizioni controllate e se entrambe le parti lo desiderano. Il Dottor Carlo Petrini, Direttore dell’Unità di Bioetica dell’Istituto Superiore di Sanità e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica come delegato dell’ISS, ha in seguito descritto le prove concrete che avevamo presentato come una ragione “fondamentale se non quella decisiva” per la decisione presa dal Comitato di Bioetica.
Questa inattesa risoluzione ha persuaso molti altri eminenti nomi a sostenere la nostra causa.
Gioire di un gesto che dona vita
Così, le famiglie dei donatori potrebbero presto avere l’opportunità di porre fine ad una vita di incertezze e ricevere notizie direttamente dalle persone a cui hanno salvato la vita. Non c’è un altro sentimento paragonabile a quello di contattare i riceventi degli organi della persona amata: si prova meraviglia di fronte al fatto che delle persone le cui vite volgevano al termine oggi possono praticare sport, avere una carriera e dei figli, l’orgoglio di essersi aperti agli altri per aiutarli quando la pressione di ritrarsi su se stessi, nel dolore e nella disperazione, era quasi insopportabile, e il conforto nel sapere che qualcuno che si amava ha fatto così tanto per rendere il mondo un posto migliore.
Grazie, Italia, per aver sempre ricordato Nicholas in tutti questi anni. Spero davvero che la proposta di legge possa essere approvata e con un ampio sostegno».
Reg Green
Grazie Reginald, suo figlio rimarrà sempre nei nostri cuori