Dopo l’intervento dell’on. Borsellino, è stato presentato il libro “Malerba” (ed. Smasher) di Orazio Carnazzo, un romanzo che – come scrive la Borsellino nella Prefazione – «ha il merito di far entrare il lettore in punta dei piedi» nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona P.d.G.,
Violenza di genere, femminicidio. L’impegno di Rita Borsellino – intervenuta nell’ambito del Corso “Donne, politica e istituzioni” sul tema “Femminicidio: troppo amore, incontenibile desiderio di possesso o follia?” presso l’Aula Magna “L. Campagna” del Dipartimento di Scienze Giuridiche e Storia delle Istituzioni – è quello di introdurre la prevenzione nelle scuole e nelle famiglie per debellare il fenomeno della violenza sulle donne.
«Questa non è un’emergenza, non è un fatto nuovo – ha dichiarato l’on. Borsellino, dialogando con M. Antonella Cocchiara e Rosa Maiorana – perché la violenza sulle donne va avanti da sempre. Le donne non vengono uccise per eccesso d’amore, come talvolta si dice, ma per un senso di possesso da parte dell’uomo. L’amore, se c’è stato, non c’è più. Il termine ‘femminicidio’, anche se ormai è entrato nel linguaggio comune, non mi piace, perché riguarda la ‘femmina’ e non comprende l’affermazione della donna. Le uccisioni delle donne un tempo non venivano affrontate nei termini in cui ragioniamo oggi, non le si classificava come ‘femminicidio’ e non suscitavano, almeno apparentemente, grosse reazioni culturali. Oggi questa reazione c’è. Molti uomini pensano di poter affermare il proprio dominio sull’altro genere, punendo, castigando la donna che pensa di potersi affrancare da questo retaggio subculturale. Fino al 1981 il delitto d’onore era previsto nei nostri codici: una cosa talmente aberrante che ci si chiede come abbia resistito fino a pochi decenni fa. Poi, finalmente, si è cominciato a guardare con una prospettiva diversa il rapporto uomo-donna. Il fenomeno del delitto d’onore non è però debellato completamente. Il femminicidio non guarda alle classi sociali, spazia da quelle meno acculturate a quelle più elevate. Parliamo di una subcultura radicata nell’uomo che sopravvive. Oltre al dovere sacrosanto di affrontare il fenomeno dal punto di vista repressivo, bisogna considerare un punto di vista preventivo affidato non solo alle forze dell’ordine, ma soprattutto alle famiglie e alla scuola. I bambini vanno educati sul fatto che uomini e donne sono diversi: non esiste l’uguaglianza tra i due generi. Bisogna educarli, invece, alla pari dignità, la bambina ad avere consapevolezza di sé, il bambino nel riconoscere questa diversità. Ci sono casi in cui il femminicidio non viene perpetrato da un uomo: la violenza psicologica può derivare anche da una donna, dalla madre, come nel caso di Rita Atria. «È la solitudine che molto spesso uccide una donna».
Dopo l’intervento dell’on. Borsellino, è stato presentato il libro “Malerba” (ed. Smasher) di Orazio Carnazzo, un romanzo che – come scrive la Borsellino nella Prefazione – «ha il merito di far entrare il lettore in punta dei piedi» nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona P.d.G., un luogo in cui «la diversità è un ostacolo, un fastidio, un peso da cui liberarsi […] un luogo “non luogo” che non dovrebbe esistere in un Paese moderno e civile».
Tutti i politicanti, gli amministratori e i legislatori si rifanno all’importanza della famiglia e della scuola. Forse per scaricare le proprie malefatte su altri? Nella fattispecie si parla di educazione. Si perché sono mille altri i compiti attribuiti a famiglia e scuola, a parole. Poi si scopre che la famiglia é spesso assente o disattenta ma in ogni caso non adeguatamente supportata dallo Stato. La scuola figuriamoci! Un’istituzione da riformare seriamente (mescolando la riforma Gentile del 1923 con la concezione moderna scandinava) che a sua volta scarica tutto su quattro professori morti di fame.
Auguri Italia e che ognuno si prenda le proprie responsabilità.