Il commercialista, tra i fondatori di Capitale Messina, chiede alla magistratura contabile ed alla procura d'intervenire per dichiarare quel dissesto che è nei fatti da molto tempo ma che la giunta Accorinti non ha dichiarato e che neanche De Luca sembra intenzionato a fare.
Per tutta la durata del mandato Accorinti, attraverso l’associazione CapitaleMessina il commercialista Paolo Bitto ha tenuto accesi i riflettori sulle questioni relative ai conti ed allo stato di dissesto del Comune di Messina. Posizione che ha mantenuto anche in campagna elettorale, candidato nelle liste di centro destra e in questa fase d’inizio mandato di De Luca.
Bitto si è spesso soffermato sulla situazione dell’Atm, evidenziando le gravissime criticità, tali da portare l’azienda sul baratro.
Per il commercialista non ci sono dubbi: Messina è al dissesto da molto tempo e non averlo dichiarato sin dal 2013 e continuare a non dichiararlo è un’omissione gravissima (tra l’altro val la pena ricordare che è in corso un processo sui bilanci collegato proprio alla mancata dichiarazione di dissesto attraverso modi per allontanarlo nel tempo o diluirlo).
De Luca ha detto a chiare lettere che non sarà lui il “becchino”, il sindaco che dichiarerà il dissesto e che se la situazione non sarà risolvibile con il Pluriennale si dimetterà.
Paolo Bitto ha quindi deciso, per evitare altri 5 anni come quelli appena trascorsi e serviti solo a “vivacchiare” di rivolgersi alla Corte dei Conti ed alla Procura Generale di Messina.
La nota, una richiesta intervento ex art.247 D.Lgs. 267/2000, ovvero “omesso dissesto” è stata depositata il 15 ottobre, con allegati articoli stampa ed il dossier che De Luca ha diffuso insieme alla relazione di inizio mandato.
“Chiedo l'autorevole intervento della sezione controllo della Corte dei Conti al fine di valutare la sussistenza delle condizioni per intervenire ai sensi dell'art.247 del D.lgs. 267/2000. Il contenuto del dossier e degli articoli allegati, fa emergere notevoli criticità finanziarie del Comune di Messina con la paventata conseguenza di una sospensione o di una consistente riduzione nella erogazione dei servizi pubblici essenziali. In particolare, a pag.3) della relazione il bilancio di previsione 2018-2020 viene definito: un malato terminale e strutturalmente in coma. A seguire si riporta che il sistema municipale dal 2014 al 2017 non solo ha generato oltre 50 milioni di nuovi debiti ma non è riuscito ad accantonare la gran parte delle somme necessarie per far fronte al finanziamento del piano di riequilibrio. In alcuni passaggi, il Sindaco, fa inoltre esplicito riferimento a fatti e comportamenti che potrebbero prefigurare reati di rilevanza penale, quali: falsità dei bilanci del Comune di Messina: falsità dei bilanci delle partecipate al fine di creare utili fittizi; falsità del piano di riequilibrio; assunzioni nelle partecipate di dubbia liceità a fini clientelari; creazione di modelli societari criminali e di scatole cinesi simbolo di illegalità, spreco di denaro pubblico ed esempio di malaffare politico e clientelare”.
In poche righe Bitto sintetizza le note dolenti elencate dal sindaco nella relazione di inizio mandato e nei comizi d’ottobre, ma CapitaleMessina e De Luca arrivano a due conclusioni opposte. Per Bitto infatti non c’è altra via che il dissesto e visto che nessun politico ha il coraggio di farlo è bene che intervenga la Corte dei Conti e la Procura per quel che attiene ai reati. Il sindaco invece vuol giocarsi a novembre tutte le carte della rimodulazione del Piano di riequilibrio, ma qualora la situazione fosse irrisolvibile allora lascerà che sia un commissario a prendere una decisione che, se fosse stata presa nel 2013 (e per la verità anche anni prima) ci avrebbe consentito oggi di raccontare un’altra storia.
Rosaria Brancato