L'imputato ha parlato davanti ai giudici e ai familiari delle vittime, ribadendo la tesi della legittima difesa. E sul movente ha svelato che...
MESSINA – E’ il giorno della deposizione dell’imputato al processo per il duplice omicidio di Giuseppe Cannavò e Giovanni Portogallo del 2 gennaio dello scorso anno a Camaro. Collegato in video conferenza con l’aula d’udienza, Claudio Costantino ha risposto alle domande dei suoi difensori, gli avvocati Carlo Taormina e Filippo Pagano, volte a ricostruire che cosa è accaduto quel giorno dentro e fuori la sua abitazione di via Morabito.
Con una grande lavagna a fogli davanti, che rappresentava la “scena del crimine”, ovvero la piantina dell’abitazione, l’avvocato Taormina ha chiesto all’imputato di chiarire alcuni passaggi dei fatti, dandogli modo di dare la sua versione dei fatti. Versione che è, in sostanza, sempre quella dell’agguato teso dei due, al quale è sfuggito difendendosi.
La mia verità: volevano uccidermi
Costantino ha raccontato che quel giorno non si era accorto che qualcuno si stava avvicinando alla casa: l’impianto di video sorveglianza c’è, ma non era operativo sull’esterno. Mentre era in soggiorno, ha visto un braccio introdursi dalla finestra e aprire la porta. Ha cercato rifugio in uno stanzino, dove però è stato raggiunto da una persona armata, che è riuscito a disarmare, puntandogli contro la sua stessa pistola. E’ solo a quel punto che si è accorto si trattasse di Portogallo, avvedendosi poi anche di Cannavò, anche lui armato. Ha aperto il fuoco con la pistola di Portogallo, riuscendo a metterli in fuga. Quando ha visto di avere ucciso Portogallo, si è allontanato da casa, cominciando quella misteriosa latitanza terminata poi nell’aprile successivo, quando la Squadra Mobile lo ha catturato in Calabria.
Gli spunti sul movente e la gambizzazione
Tra le sue verità, anche quella legata al “movente” del presunto agguato. Costantino ha infatti raccontato che la gambizzazione di cui è rimasto vittima nel 2021 è avvenuta subito dopo un incontro per questioni di soldi avvenuto a casa di uno stretto parente di Cannavò, a cui era presente lo stesso Cannavò. Per quel fatto è stato condannato il giovane Peppe Molonia, a sua volta vittima di un ferimento, due anni prima.
In aula anche la pubblica accusa, rappresentata dal Pubblico ministero Marco Accolla, e le avvocate di parte civile, Cinzia Panebianco e Angela Martelli. Anche loro hanno rivolto alcune domande a Costantino, e non è mancato qualche “battibecco” col presidente della Corte, il giudice Massimiliano Micali, che in qualche occasione ha “richiamato” l’imputato.
L’imputato non viene in aula per motivi di sicurezza
Costantino era “insofferente”, ha spiegato, al disagio di dover riferire non in aula ma in video collegamento. La Corte per evitare possibili tensioni, vista la presenza dei familiari della vittima per esempio, ha disposto la video conferenza per ragioni di sicurezza. Ad un certo punto i problemi tecnici, a metà giornata, hanno costretto ad una interruzione, poi l’udienza è ripresa sino a pomeriggio inoltrato, con i parenti delle vittime costantemente seduti a bordo aula, sulle grosse panche di legno dell’aula centrale di Palazzo Piacentini.
In serata tutto è stato aggiornato al prossimo 19 luglio. Quel giorno il presidente Micali dovrebbe sciogliere la riserva assunta su alcune richieste dei difensori, legate ai reperti balistici. Ai diversi consulenti chiamati dagli avvocati Taormina e Pagano a esaminare gli aspetti tecnici e scientifici si è recentemente aggiunto Martino Farneti, noto esperto balistico.
cose allucinanti…..d’avanti all’evidenza cosa cavolo vuoi difendere??