E' Messina restituita alla Spagna: la lezione dello storico sul dipinto della discordia

E’ Messina restituita alla Spagna: la lezione dello storico sul dipinto della discordia

Autore Esterno

E’ Messina restituita alla Spagna: la lezione dello storico sul dipinto della discordia

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martedì 14 Maggio 2019 - 11:31

Per lo storico Luigi Giacobbe non ci sono dubbi: l'opera di Luca Giordano rappresenta l'allegoria di Messina restituita alla Spagna

Nel corso delle giornate di studi denominate Conversazioni d’arte in Sicilia, organizzate dalla Soprintendenza di Messina presso l’ex Cappella del Buon Pastore, il dott. Luigi Giacobbe (storico e dirigente della soprintendenza) ha presentato un ampio e articolato intervento sulla Messina restituita di Luca Giordano.

Durante la sua disamina, una vera lezione su come si dovrebbe guardare un’opera d’arte e su quale sia il modo corretto per approcciarsi alle fonti, lo storico dell’arte ha esaminato personaggio per personaggio il dipinto di cui sopra, anche attraverso una serie di puntuali riferimenti ai repertori iconografici cui gli artisti e i loro collaboratori facevano riferimento, e ha così ricostruito il tema trattato sulla tela intrecciando l’analisi visiva alla citazione di testi a supporto e tramite confronti con altre opere del medesimo artista.

Dopo aver brevemente introdotto il contesto storico in cui ha operato l’artista, e quanto accaduto alla città di Messina in seguito alla rivolta antispagnola, il dott. Giacobbe ha presentato storicamente e poi “sezionato” il dipinto, evidenziando di volta in volta questa o quell’altra figura o gruppo di figure, partendo dal lato sinistro, in una progressione ideale dal male verso il bene, a iniziare dall’Idra in lontananza, sulla sinistra, evocante la guerra. Al di sotto del mostro si vede un barcaiolo bendato, figura in tensione che rappresenta il furore, e che ha presso di sé delle armi e una bandiera rossa o bandiera “di sfida”, oltre a una scritta di difficile visibilità e aggiunta successivamente, che recita “Caecitate duce, comite inconstantia” (liberamente, “con la cecità come guida, e come compagna l’incostanza”), ulteriore rinvigorimento alla gravità della scena rappresentata.

In alto a sinistra un putto porta via delle pergamene, parte con ogni probabilità di quelle salvate dagli altri puttini nel mezzo della concitata scena, mentre una figura femminile con una canna in mano prova a placare o addirittura a portar via un soldato, identificabile come la Francia da attribuiti quali il gallo sull’elmo e il giglio sullo scudo; la leggiadra donna altro non è che una rappresentazione della Fortuna, incostante in quanto in precario equilibrio su una sfera.

Il soldato è personaggio negativo, ed estremamente dinamico; con una pedata allontana e spinge via una giovane nuda e disperata: la città di Messina con sul capo la corona triturrita. È la figura al centro della composizione e dell’azione, cui si rapportano oltre alla Francia numerosi altri personaggi: la curiosa e non nuova per Giordano figura di una chimera, che mentre le lacera le carni con le sue estremità ferine cerca riparo dai putti che dall’alto calano con spighe di grano e rametti d’ulivo, forieri di pace e riparati da un altro puttino con un telo; oppure il Tempo, non trionfante ma schiacciato da una Messina che tenta inutilmente di trattenere; o infine quel genietto sopra la sua testa, che le toglie dagli occhi la benda, restituendole la vista, e che altro non è che una vividissima raffigurazione dell’Intelletto che, citando l’Iconologia di Cesare Ripa, avrà i capelli “biondi, e acconci con belle anellature. Dalla cima del capo gli uscirà una fiamma di fuoco”. Il giovinetto inoltre indica la direzione e guarda fuori dall’opera, guidando quella Messina che oltre a essere cieca e priva di intelletto era anche sorda, come si nota dal dettaglio dell’orecchio dipinto a rovescio, anch’esso aggiunto successivamente.

Ultimo nucleo della scena è quello che circonda la maestosa figura trionfante, di cui parleremo in seguito: in basso, riccamente vestita troviamo la prima delle Virtù Cardinali, la Giustizia, riconoscibile dallo struzzo, suo attributo; oltre di essa, sulla destra, troviamo con i loro elementi identificativi anche la Prudenza e la Temperanza, mentre in gloria, incoronata da una Vittoria alata, si erge in tutta la sua potenza la Spagna, la cui figura coincide inoltre con la quarta e ultima Virtù: la Fortezza. Ai suoi piedi, aquila e leone, elementi ben presenti nello stemma araldico del Re di Spagna, Carlo II.

L’idea che quindi si vorrebbe dare con il dipinto è quella di una Messina traviata dal poco senno e dall’incostanza, come fanno coloro “che essendo irresoluti, ora lodano contemplazione, ora azione, ora la guerra, ora la pace, ora la scienza, ora ignoranza”; una Messina guidata e nuovamente accolta una volta liberata dal velo che le oscurava gli occhi e la ragione.

Altro ancora ci sarebbe stato da aggiungere, tali e tanti sono gli spunti che quest’opera può offrire, sia nell’analisi dei dettagli sia nel sempre utile raffronto con opere dello stesso autore o anche di altri, coeve; chissà che non si presentino occasioni per poter tornare ancor più compiutamente sull’argomento, magari nell’attesa che gli atti di queste interessanti conversazioni (il cui prossimo appuntamento si terrà alle 15:30, il prossimo 20 maggio) vengano pubblicati.

Alberto Centioli.

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