Invocate assoluzioni e sconti di pena in appello. L'indagine sulla macellazione clandestina sui Nebrodi risale al 2016
Messina – Si è aperto ieri con un colpo di scena clamoroso il processo d’appello dell’operazione Gamma Interferon, la storica inchiesta del pool antiecomafie del commissariato di Sant’Agata di Militello, che fece luce su un giro di macellazione clandestina e altri reati legati alla zoo economia sui Nebrodi. L’Accusa, rappresentata dal procuratore generale Giuseppe Lombardo, dopo aver ripercorso l’inchiesta e il processo, chiuso con 7 condanne e molte assoluzioni, ha formulato le proprie richieste, sollecitando alla Corte ulteriori assoluzioni e prescrizioni.
Il colpo di scena: le richieste dell’Accusa
In sostanza la Procura Generale si è allineata al ricorso dei difensori, ridimensionando le accuse contestate ai principali imputati condannati e sollecitando prescrizioni e assoluzioni. Per Salvatore Biagio Borgia e Nicolino Gioitta, per esempio, l’Accusa non ritiene che ci siano le prove che sia uno dei “capi del giro”, esclude quindi l’aggravante di capo promotore e chiede uno “sconto di pena” con la condanna finale a 2 anni 3 e mesi per il primo e 3 anni e mezzo per il secondo. Gioitta resta accusato solo di 2 episodi di ricettazione e per lui l’Accusa sollecita anche l’assoluzione dall’accusa di abuso d’ufficio. Sconti di pena anche per Sebastiano Conti Mammanica, 2 anni e mezzo. La Procura generale sollecita invece la conferma della sentenza di primo grado per Tindaro Giacomo Agostino Ninone, Salvatore Artino Inferno e Carmelo Gioitta (per questi ultimi due si tratta di conferma delle prescrizioni).
Infine, chiesta l’assoluzione di Giovanni Girbino, Antonino Calcò e Salvatore Musarra. Si torna in aula il prossimo 30 settembre per ascoltare i difensori, gli avvocati Laura Todaro, Flavia Galbato, Santo Trovato, Alessandro Pruiti, Giuseppe Scillia, Marilena Bonfiglio, Fabio Armeli Iapichino, Giampiero Ricciardi e Sebastiano Calcò.
La sentenza
Il verdetto di primo grado risale a circa un anno fa. Il Tribunale di Patti (presidente Scavuzzo) ha condannato soltanto 7 imputati su più di 40, scagionando tutti gli altri. Ecco le condanne che ora vanno al vaglio della Corte d’Appello: 2 anni e mezzo ad Agostino Ninone Tindaro Giacomo e Giovanni Girbino; 4 anni e 3 mesi a Borgia Biagio Salvatore, 3 anni a Calcò Antonino detto Brik, 3 anni e 3 mesi a Conti Mammamica Sebastiano, 4 anni e mezzo a Gioitta Nicolino; 3 anni a Musarra Salvatore. Tutti hanno incassato assoluzioni parziali, tante le prescrizioni (per oltre 100 accuse). Tutti sono stati condannati anche a risarcire le parti civili: Asp di Messina, Parco dei Nebrodi, associazione Difesa Utenti Servizi Bancari e Finanziari, Codacons e associazione Tribunale dei Consumatori (leggi qui LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA).
L’indagine del pool ecomafie
L’inchiesta prese il via nel 2014 e nasce dall’intuizione del pool di poliziotti anti-agromafie messo in piedi dal commissario di Sant’Agata Daniele Manganaro col prezioso aiuto dell’agente della Scientifica Tiziano Granata.
Il Commissario avviò le intercettazioni telefoniche dopo la denuncia dei movimenti anti racket sul fenomeno che sta dietro ai tanti furti, in quegli anni denunciati, di capi di bestiame sui Nebrodi. Si scoprì dunque che gli animali venivano rubati, venduti, macellati clandestinamente e immessi in commercio senza alcuna tracciabilità. Non sicure e a rischio infezione le modalità di macellazione, oltre che di conservazione, così come il trattamento degli stessi animali.
L’operazione Gamma Interferon
Emblematico il caso delle analisi svolte a campione su una quantità di capi sequestrati. Furono trovate tracce di un antiparassitario vietato nel caso in cui gli animali sono destinati al consumo umano e alla vendita del latte in particolare, perché potenzialmente dannoso dell’essere umano. L’operazione scattò nel 2016 con oltre 30 arresti e più di 50 indagati, compresi alcuni veterinari. I vari processi nati dall’inchiesta hanno però parecchio ridimensionato le singole responsabilità e dell’impianto accusatorio complessivo, oggi, anche alla luce delle richieste del PG Lombardo, resta davvero poco.