L’Ecuba di Euripide, adattata e diretta da Giuseppe Argirò, verrà rappresentata al Teatro Antico di Segesta il 4 e 5 agosto e al Teatro Greco di Tindari il 6 agosto. A interpretare Ecuba Francesca Benedetti. Insieme a lei
Maria Cristina Fioretti (Corifea), Viola Graziosi (Polissena), Graziano Piazza (Taltibio), Maurizio Palladino (Ulisse), Sergio Basile (Agamennone), Maurizio Palladino (Ulisse), Gianluigi Fogacci (Polimestore), Elisabetta Arosio (Corifea).
Dalle note di regia
Troia è caduta, le donne di Ilio attendono la sorte riservata ai vinti. Nella terra di Tracia i Greci aspettano venti propizi alla navigazione, che potrà essere ripresa solo dopo il sacrificio di Polissena, superstite principessa troiana. La vittima immolata dagli Achei costituirà l’estremo onore riservato ad Achille e favorirà il viaggio di ritorno. Ecuba, la regina di Troia, dovrà subire questa decisione, frutto dell’orrore del conflitto. La moglie di Priamo dovrà assistere a quest’ennesimo scempio in terra di Tracia. Qui il più giovane dei suoi figli, Polidoro, è stato ucciso dal re Polimestore, al quale il ragazzo era stato affidato con un’ingente quantità d’oro nel tentativo di salvarlo. Questi i presupposti dell’azione drammatica che alimentano il dolore e i propositi di vendetta di Ecuba.
Protagonisti della tragedia sono i vinti. Le donne troiane, testimoni di un eccidio etnico e culturale, simboleggiano la parte più vulnerabile della società, colpita senza pietà dalla guerra e da ogni forma di conflitto. Troia, infatti, potrebbe essere oggi qualsiasi città del Medio Oriente, devastata dalle orde barbariche del terrorismo islamico. L’analogia con la modernità è fin troppo evidente. La tragedia racconta da sempre l’olocausto dei popoli e l’insensatezza della violenza che diventa il principio disgregante dell’universo. La protagonista di Euripide incarna una sofferenza senza fine, consumata in una disperata solitudine. Ecuba rappresenta il dolore assoluto, senza alcuna catarsi. In questo scenario bellico, lo spettro della guerra si svuota di ogni significato ideologico e declina la violenza in tutte le sue oscene varianti che si propagano come una malattia senza cura, dai vincitori ai vinti; vittime e carnefici vengono cosi accomunati dalla sopraffazione (Giuseppe Argirò)
Le parole di Viola Graziosi
Torno nell’amata Sicilia che ormai è casa, ancora con Euripide che è sempre un maestro. Dopo aver interpretato al Teatro Greco di Siracusa la bella Elena di Troia con tutti i suoi peccati e le sue fragilità uman, ritorno con un personaggio di altrettanta forza e bellezza e grazia, messi al servizio di un’alta dignità femminile. Ancora una volta la donna sconvolge, sorprende, trasforma il suo destino, fa sentire la sua voce. Polissena, figlia di Ecuba, principessa troiana di mirabile bellezza, è vittima di un sacrificio umano in favore degli dèi. Il sacrificio è voluto dallo spettro di Achille, che si era innamorato di lei e le aveva confidato la sua fragilità, il famoso tallone, che gli fu letale.
Invece di supplicare o ribellarsi, invece di disperarsi o lottare, Polissena accetta il suo destino anzi lo sceglie. La sua dolcezza e determinazione ci spiazzano, ci incantano, ci disarmano. Lei decide di non subire ma di offrirsi ad Achille, sull’altare, come una sposa. Saluta la sua amata e dolorante madre e cammina verso la libertà dell’Essere. Quell’ «ignoto dove, luogo da dove non si torna» che faceva tremare i polsi ad Amleto. Questo fa di Polissena una donna moderna e rivoluzionaria che supera i pregiudizi e un destino scontato. Supera anche l’attaccamento ai beni materiali di una vita ordinaria per qualcosa di «extra ordinario». Io non lo vivo come un suicidio, ma come spesso accade con i greci, Polissena è una figura archetipica che ci insegna la possibilità di una « libertà dal conosciuto » come diceva Krishnamurti, da tutto quello che crediamo di possedere, di prevedere nei fatti e nelle emozioni, libertà dall’attaccamento, dal bisogno, dall’illusione di poter trattenere qualcosa, di Avere…per Essere, abbandonando la paura. E questo è Amore. (Viola Graziosi)