Negli ultimi dieci anni sono sparite 2700 aziende. Oltre diecimila i disoccupati. Il sindacato riaccende i riflettori sulla necessità di fare subito investimenti
Come largamente preventivato, la ripartenza è complessa. Rimettere in moto la macchina delle costruzioni non è cosa semplice. I conti li tireremo in autunno, ma se il trend non cambia prevediamo già una percentuale pari al 20%-30% di aziende edili a rischio chiusura definitiva. Che in termini occupazionali significano almeno altri 1000/2000 lavoratori disoccupati, a causa degli effetti della pandemia, che ha solo dato il colpo di grazia ad un settore in crisi profonda già dal 2008. Senza dimenticare che alle nostre latitudini era e rimane, l’unico settore che può garantire una vera e concreta ripresa economico/sociale e di sviluppo occupazionale anche per le future generazioni.
A dirlo è la Feneal Uil, federazione degli edili, che ancora una volta suona la sveglia e accende i riflettori su un settore che dovrebbe essere linfa vitale per un territorio come quello messinese.
“Siamo convinti– spiega Pasquale De Vardo, segretario generale degli edili UIL di Messina e Palermo, che mettendo in campo le giuste sinergie e puntando sul capitale umano delle aziende messinesi, l’emergenza possa diventare occasione di sviluppo, opportunità di rilancio e crescita sociale e culturale. L’arrivo dei fondi Europei consentiranno di avviare gli investimenti sulla rigenerazione urbana e, uniti agli eco-bonus annunciati dal Governo e al probabile, doveroso e vitale, input di accelerazione per sbloccare dalle pastoie burocratiche le grandi infrastrutture, possono sancire la ripresa di un settore strategico per lo sviluppo infrastrutturale della nostra realtà territoriale”.
Per il sindacato però, il quadro ad oggi rimane comunque preoccupante. “Forse sarebbe bene considerare questa fase storica, come un’ultima spiaggia. I campanelli dall’arme sono tanti, una crisi ormai storica quasi strutturale e troppo spesso pretestuosa. Ancora, un livello allarmante di burocratizzazione del sistema amministrativo, il totale disimpegno di investimenti per il sud, un sistema farraginoso di norme e contenziosi. Crescono inoltre le imprese “low cost” che, barattando diritti e sicurezza dei lavoratori, si aggiudicano appalti con percentuali al ribasso quasi raccapriccianti, ma utili solo a far concorrenza sleale a quelle imprese sane che per anni sono state il vero tessuto economico e sociale della nostra provincia”.
Le imprese scomparse nell’ultimo decennio ammontano a circa 2700. Di conseguenza, i lavoratori edili ormai perennemente inoccupati sono oltre 11000. La pandemia non ha di certo giovato ad un sistema già articolato e complesso come quello edile. Ma con i fondi Europei tra recovery fund, Mes, le opere pubbliche già appaltate e finanziate da far realmente partire grazie al fondo salva-opere annunciato dal MIT, gli eco-bonus, i famosi soldi del masterplan e patti per il Sud, la messa a norma e la valorizzazione del patrimonio pubblico e privato, l’opportunità di ripartenza diventa concreta e veramente importanti.
Attenzione però. Perché secondo Feneal Uil bisogna vigilare su due versanti: l’impiego delle risorse e il rischio di una eventuale speculazione di imprese che potrebbero essere create ad hoc per questa occasione. “Bisogna investire tutto e subito nel pubblico e sburocratizzare gli investimenti privati, se la classe politica e dirigenziale, riuscirà a mettere da parte ideologie politiche o arroganze personali, se gli enti appaltanti inizieranno a liberare le risorse, se si inizierà a fare realmente sintesi, Messina potrebbe finalmente tornare a vedere una prospettiva di ripresa reale.