Servizi sociali, Atm, Messinambiente, Teatro, Triscele, Aicon, Sicilia Limoni e tante tante altre. In questo 1 maggio festa dei lavoratori Messina non può far altro che contare i suoi troppi drammi occupazionali.
Più che una festa quest’anno il 1 maggio dovrebbe essere un momento da dedicare alla riflessione. Da nord a sud del Paese il quadro è desolante, secondo dati Istat a marzo l'esercito dei disoccupati italiani si è attestato a quota 2 milioni 950mila, con un sempre più preoccupante tasso di disoccupazione giovanile salita al 38,4% nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni. A Messina, naturalmente, la situazione non è più rosea. Proprio nella fascia dei giovani lavora un solo messinese su dieci, solo nel 2012 sono sfumati circa 2200 posti di lavoro ed è aumentato anche il ricorso agli ammortizzatori sociali.
Fatta questa premessa sorge spontaneo chiedersi: ma cosa c’è da festeggiare? Per questi motivi, quest’anno più che mai, forse il 1 maggio dovrebbe essere un’occasione di riflessione, soprattutto per chi avrebbe il “potere” di far qualcosa e invece fino ad oggi è rimasto a guardare. Il 1 maggio messinese ricorda molto le altre recenti festività che troppa gente non ha potuto vivere con la giusta serenità. Ci sono sempre stipendi che mancano, ci sono aziende che hanno chiuso, proteste su proteste, sit-in, presidi, appelli finiti nel dimenticatoio, promesse, speranza, lacrime, amarezza, stanchezza, disillusione, rabbia. C’è tutto questo quando si parla di lavoro a Messina. Perché ormai quando dici lavoro dici vertenze.
Ci sono quelle senza fine che dipendono dalle sempre più critiche condizioni economiche di Palazzo Zanca. L’ombra del dissesto avvolge ancora il Comune che si prepara alle elezioni amministrative. Dissesto o no quel che è certo è che al nuovo primo cittadino toccheranno più oneri che onori. A cominciare dai servizi sociali dove il caos regna sovrano ormai da mesi. A Natale quasi tutti i lavoratori che assistono migliaia di anziani, bambini, disabili, sotto l’albero avevano trovato le lettere di licenziamento. Gli appalti sarebbero scaduti da lì a poco, il destino di oltre 700 lavoratori rimase appeso a un filo per settimane. Poi arrivarono le proroghe. Il commissario Croce decise di andare avanti di mese in mese in attesa di stilare nuovi bandi di gara per l’affidamento del servizio. Si andò avanti così fino al 22 marzo, quando lo stesso Croce decise di sospendere i servizi di assistenza anziani, disabili e di chiudere i Cag. Ricominciò la battaglia, si giunse a nuovi bandi e ad affidamenti attraverso trattative private a nuove cooperative. Ad oggi solo il servizio di assistenza anziani è ripreso (nella giornata di ieri), in questo passaggio di consegne circa 35 lavoratori rischiano di rimanere tagliati fuori per esubero di personale rispetto ai capitolati d’appalto. Sul fronte stipendi per alcuni “fortunati”, si fa per dire, è intervenuto il Comune pagando direttamente i lavoratori che hanno avuto quattro mensilità di arretrati. In generale però quasi tutti i lavoratori dei servizi sociali non hanno avuto stipendi relativi ai mesi del 2013. Ovviamente nessuna idea di quale sarà il futuro.
Restando a Palazzo Zanca ci sono anche le due partecipate sorelle di sventura Messinambiente e Atm. La società che si occupa dei rifiuti ha vissuto in questi giorni una delle cicliche emergenze per la mancanza di soldi in cassa. Le strade sono piene di immondizia, la scorsa settimana era finito di nuovo il carburante, i fornitori si sono fermati. Il Commissario Armando Di Maria nei giorni scorsi aveva ricevuto dall’Ato 3 950mila euro impiegati per pagare lo stipendio ai lavoratori. Per i 534 dipendenti di Messinambiente sarà dunque un primo maggio con lo stipendio, ma il prossimo mese cosa accadrà? Si naviga a vista sperando di non imbattersi nella tempesta.
Senza stipendi da febbraio invece i lavoratori dell’Atm. Per essere precisi l’ultimo che hanno ricevuto era solo la metà della mensilità di febbraio, nonostante gli sforzi del commissario Enrico Spicuzza il quadro è poco incoraggiante. L’Atm è sempre la stessa azienda che non riesce a garantire un servizio degno di questo nome, a Palazzo Zanca sembrava esserci finalmente l’interesse per costituire la nuova Spa, il Commissario Croce aveva addirittura firmato l’atto di delibera della costituzione che attendeva il voto del consiglio comunale. Inutile dire che al momento è finita con un nulla di fatto.
Ci sono ancora i 17 ex Feluca che si occupavano dei servizi informatici per conto del Comune. Proprio nelle scorse settimane sono tornati a Palazzo Zanca per farsi sentire. Il licenziamento era alle porte, hanno messo il consiglio comunale con le spalle al muro costringendolo a votare sulla famosa delibera con cui il Commissario Croce aveva bloccato l’iter di costituzione della New CO in cui tutti i 17 dipendenti sarebbero dovuti transitare. Alla fine lo scorso 11 aprile il voto è arrivato, il Consiglio ha scelto di provare a salvare i lavoratori ma dipenderà tutto dall’approvazione del piano di riequilibrio finanziario decennale che decreterà se sarà dissesto o no. Senza quello inutile continuare qualsiasi valutazione. Nel frattempo per gli ex Feluca è arrivata la proroga della cassa integrazione.
Tra i corridoi di Palazzo Zanca a protestare nei giorni scorsi anche gli ex Cea che fino al 2010 si occupavano di manutenzione strade. Per loro negli anni solo promesse e dichiarazioni d’intenti. Sono trascorsi 3 anni, gli ammortizzatori sociali sono finiti, sono tutti senza reddito, ma dal Comune al momento di risposte neanche l’ombra.
Fuori dai Palazzi la situazione non fa che peggiorare. Basta andare in via Bonino dove ormai da ottobre i 41 ex lavoratori Triscele trascorrono le loro giornate. Avevano atteso con speranza la presentazione di quel piano industriale che la famiglia Faranda aveva promesso loro quando si decise di chiedere il cambio di destinazione d’uso dell’area in cui sorgono gli stabilimenti del birrificio in via Bonino. E’ arrivato invece il licenziamento. I lavoratori che aspettavano il rilancio della produzione si sono trovati di fronte ad un’azienda che invece è finita. In questo momento sono in mobilità, sperano che arrivi un imprenditore vero che voglia rilanciare la produzione di birra a Messina.
Nella stessa situazione ci sono i 330 dipendenti dell’Aicon, la società che fino a pochissimi anni fa produceva yacht di lusso e aveva un giro d’affari milionario e che oggi è in fallimento. Anche per loro sono arrivati i licenziamenti, in questi giorni sono rimasti in presidio permanente davanti Palazzo dei Leoni per provare a svegliare la politica rimasta con le mani in mano mentre loro sono con gli ufficiali giudiziari alla porta e pronti a vedere le loro case finire all’asta in Tribunale. Sperano di trovare nuovi soggetti imprenditoriali che vogliano investire in questo settore facendo ripartire l’attività.
Si è chiusa nello stesso modo anche la vertenza dei 26 lavoratori della Sicilia Limoni, l’azienda di via Nuova Panoramica dello Stretto che produceva estratti dagli agrumi. Erano andati in ferie il 22 dicembre, dovevano rientrare a lavoro il 7 gennaio. Il 2 furono recapitate loro le lettere di licenziamento perché l’azienda aveva deciso di delocalizzare la produzione fuori dall’Italia. Per giorni sono stati davanti i cancelli di quello che era il loro stabilimento. E’ finita con il licenziamento e con la chiusura di un’altra delle poche attività che erano rimaste.
Cambiamo prospettiva, guardiamo alla cultura e ci rendiamo conto che anche qui non è cambiato niente in questi mesi. Per il Teatro Vittorio Emanuele questo è stato uno degli anni più difficili. Tra tagli delle risorse, balletti politici su un commissariamento che di fatto ancora non c’è e una gestione che da più parti è stata pesantemente attaccata, a pagare sono stati ovviamente i lavoratori. In questo momento non manca lo stipendio, ma dipendenti, tecnici e amministrativi vorrebbero capire quale sarà il loro futuro e soprattutto se questo teatro avrà un futuro. Al momento sembra proprio di no. E poi ci sono i famosi orchestrali che aspettano da sempre la stabilizzazione.
Ancora in attesa di risposte anche i 20 ex Ferrotel. Li abbiamo visti occupare i binari della stazione centrale mandando in tilt la circolazione dei treni per intere mattinate. La Prefettura e la Regione stanno lavorando per raggiungere un accordo con le Ferrovie dello Stato e restituire serenità a questi 20 lavoratori che ormai da gennaio sono senza più alcun sussidio economico.
Messina avrebbe dunque poco da festeggiare. Questi sono i casi simbolo, ma c’è un sottobosco forse ancora più vasto. Intanto ci sono tutti quelli che il lavoro non riescono neanche a trovarlo. C’è chi invece lavora tutto il giorno per poche centinaia di euro perché “di questi tempi è sempre meglio che niente”, svilendo però anni di battaglie per il lavoro e la dignità stessa di lavoratori. C’è chi fa le valigie e cerca la sua occasione fuori, c’è chi vive con l’angoscia dello stipendio costantemente in ritardo, c’è chi non sa se domani potrà ancora contare sul suo posto. Precari, sfiduciati, esodati, disoccupati, inoccupati. C’è un ventaglio ampio di termini che si usano per classificare il vasto mondo del lavoro italiano. Per questo 1 maggio l’augurio che dobbiamo farci è che arrivi presto il giorno in cui verrà usato un solo termine: lavoratori.
(Francesca Stornante)
LAVORO……
giovane Stornante guarda che non bisogna più pensare alle povere vittime del lavoro guardando solo ai lavoratori del pubblico molti ( non tutti) dei quali hanno pensato bene di non superare concorsi pubblici fregando il merito e puntando alla raccomandazione del politico amico. ATM ATO TEATRO LSU PIP FELUCA SERVIZI SOCIALI non sono la stessa cosa di AICON e TRISCELE….ci sono poi i lavoratori autonomi del privato e sono un esercito avvocati architetti medici geometri ingegneri che ogni mattina devono inventarsi il lavoro e non bussano alla porta di nessuno…basta con questa ipocrisia…i siciliani tutti devono pensare a diventare più autonomi e fare da soli…senza lo stipendio devono imparare a superare il concorso della vita basta con la questua…