Il presidente di “Adesso! Milazzo” spiega la situazione politica all'interno del PD milazzese. E invita a riflettere sulla complessità della questione ambientale nella Valle del Mela, sempre più spesso strumentalizzata per fini politici
Politica e amministrazione non sono semplici da capire, né tantomeno da praticare. Difficile considerarle compatibili con il populismo e il qualunquismo, e neanche con l’ipocrisia. Abbiamo chiesto cosa ne pensa Filippo Lo Schiavo, presidente di “Adesso! Milazzo”, un’associazione di iscritti a uno dei due circoli PD di Milazzo, di cui è anche componente del direttivo. Il prossimo giugno la città mamertina andrà a votare per le amministrative, dopo 5 anni travagliati a causa delle conseguenze del dissesto finanziario, in un clima già da rovente campagna elettorale.
“La vicenda del dissesto” – spiega Lo Schiavo – “inizia nel 2010, quando il sindaco Pino, fresco vincitore delle elezioni, si ritrova a dover denunciare un buco effettivo di circa 60 milioni di euro nelle finanze comunali. Debiti “maturati e ignorati” dalle precedenti amministrazioni e nascosti in parte tra le pieghe del bilancio come “residui attivi” risultati poi inesigibili. Constatata l’impossibilità di risanamento delle casse comunali e seguendo le procedure di legge, Pino propone al Consiglio Comunale di prendere atto e di votare il dissesto del Comune. I consiglieri comunali, ignorando gli interventi a supporto della veridicità del deleterio status delle finanze richiesti dalla Corte dei Conti, dalla Regione e dalla Prefettura, scelgono di non recepire la proposta del sindaco, creando le basi dello scioglimento del Consiglio. Questo è il motivo per cui attualmente, al suo posto, agisce un commissario prefettizio, mentre tre commissari liquidatori, anch’essi di nomina prefettizia, stanno cercando di concordare con l’enorme massa di creditori l’estinzione del debito maturato. I debiti potranno così essere in larga parte estinti grazie al lavoro duro ma proficuo dei commissari, e a un prestito statale di 18 milioni, che dovrà essere restituito nel corso dei prossimi 20 anni. Bisogna dire che amministrare per 5 anni in condizioni simili non è stato facile, ma l’attuale Amministrazione ha dimostrato di saper riportare la situazione in un ambito di normalità”.
Il sindaco Pino è una figura molto discussa, fuori e dentro il suo partito. “Il PD, anche in ambito locale, è nei fatti caratterizzato da diverse correnti di pensiero. Per superare eventuali impasse sulla determinazione del candidato sindaco del PD, gli iscritti e i simpatizzanti, secondo quanto prevede lo statuto del partito, invocano le primarie, che consentono di stabilire quale, tra i nomi proposti dalle varie anime del partito, riesce a raccogliere il consenso dell’elettorato, dirimendo qualunque disputa sul nome e sul programma da proporre e rispettare. In una riunione congiunta dei due circoli del partito, tenutasi il 12 novembre, una ventina di iscritti, contrari all’operato del sindaco, hanno votato una mozione che tenta di impedire a Pino, che di recente ha preso la tessera del PD, di partecipare alle primarie, sulla base di un giudizio negativo sulla sua attività amministrativa, chiedendo anche le immediate dimissioni dei due assessori PD. Senza entrare nel merito della qualità dell’amministrazione Pino in questi 5 anni, non si capisce perché non debbano essere i cittadini a scegliere chi sarà il prossimo candidato sindaco del PD, fra tutti coloro che vorranno partecipare. Così funziona il metodo democratico, oltretutto avallato dallo statuto del partito”.
Tra i temi roventi della prossima campagna elettorale, la salvaguardia dell’ambiente sarà senza dubbio il più spinoso. “Questo è un argomento spesso affrontato con ipocrisia e qualunquismo” – continua Lo Schiavo – “si parla molto dell’inquinamento, che molti vogliono far credere responsabilità esclusiva della RAM. Eppure nella Piana di Milazzo, disseminata di coltivazioni specializzate, si utilizzano masse enormi di prodotti chimici inquinanti. Sono mai state compiute serie indagini sullo stato delle falde acquifere? Per non parlare dell’alto tenore di PM10, rilevato costantemente dalle centraline ARPA e riconducibile alle emissioni delle nostre auto, come dimostra la comparazione tra giorni feriali e festivi. E ancora perché, a differenza di quel che è successo con l’amianto, non c’è lo stesso indice anomalo di mortalità tra i lavoratori della RAM? Questi sono segnali della superficialità con cui viene trattato l’argomento. Non si tratta di negare l’esistenza dell’inquinamento, ma di analizzarne adeguatamente i fattori, senza strumentalizzarli a fini politici. Si parla molto di riconversione, di bioraffineria. Ma la bioraffineria ha bisogno del suo “carburante”, che viene dagli scarti agricoli, quasi inesistenti nella nostra zona; riconvertendola, il risultato sarebbe un progressivo adattamento della nostra agricoltura in funzione dei bisogni della bioraffinazione, che aumenterebbe la dipendenza del territorio dall’azienda stessa. Possiamo immaginare la piana di Milazzo coltivata a cardi, con il contestuale espianto di vivai e prodotti orticoli pregiati? E non possiamo parlare neanche di “responsabilità sociale d’impresa”, perché è un concetto che non esiste a livello giuridico. Non si può vincolare il guadagno di alcun soggetto a responsabilità sociali che non sono di sua competenza. Si possono invece negoziare con l’azienda delle soluzioni che aumentino progressivamente la compatibilità con il territorio ed una forma di “dovere” morale che contribuisca alla creazione di servizi per la popolazione”.
I cittadini, però, non si fidano delle rassicurazioni degli organi istituzionali e spesso le percepiscono come interessate o di parte. “Proprio per creare una maggiore efficacia nel controllo della RAM l’amministrazione Pino aveva ottenuto un finanziamento europeo di 10 milioni, stanziati per realizzare i “Giardini di Federico”, un parco ricavato su 10 ettari di terreno ceduto al Comune dalla stessa RAM ai suoi confini, provvisto di centraline di rilevazione delle emissioni, sul quale avrebbe potuto trovare posto anche un distaccamento dell’ARPA. Il governo Crocetta ha deciso, tuttavia, di revocare il finanziamento, nonostante la delibera fosse già stata approvata. Ovviamente, il Comune di Milazzo ha fatto ricorso e il Gga ha chiesto al governo regionale di fornire una spiegazione del suo operato entro 60 gg, ormai quasi scaduti”.
La convivenza con il polo industriale, allora, è possibile? “Chi vuole la chiusura della RAM deve risolvere un problema economico ed etico di non poco conto. Come si sa, nessuno è disposto a rinunciare ai benefici al progresso umano da parte dell’industria e alle comodità, ma non ci importa chi ne subisce le conseguenze. Non vogliamo le discariche ma non differenziamo; non vogliamo la raffineria ma non rinunciamo alla benzina. Eppure, da qualche parte bisognerà buttare i rifiuti, e da qualche altra raffinare la benzina. E altre persone subiranno ciò che noi lamentiamo oggi. La soluzione è una presa di coscienza delle nostre responsabilità; e, ovviamente, una politica capace di mediare con buonsenso tra i diversi interessi dei soggetti presenti nel territorio. Qualcuno giudicherà impopolari e ardite le mie affermazioni, ma non sono fatto per stare in un coro, né per fare il solista. La verità è che chi sa solo protestare dovrebbe misurarsi nella gestione del potere e chi gestisce il potere dovrebbe ogni tanto saper protestare. Mi viene in mente il sindaco di Parma, Pizzarotti eletto nelle liste del M5S. Vi posso garantire che da quel giorno non dice le stesse cose che diceva il giorno prima e l’amore con il suo istrionico capo è già finito da un pezzo. Vorrà dire qualcosa?”
Giovanni Passalacqua