Lo scrittore è morto ieri. Lo ricordiamo attraverso il romanzo di Emmanuel Carrère, edito in Italia da Adelphi.
Addio a Eduard Limonov. A darne notizia è stato il deputato della Duma, Sergei Shargunov, a TASS, l’agenzia di stampa nazionale. Il deputato ha quindi aggiunto che Limonov è rimasto lucido fino all’ultimo, non concedendo alcunché all’oblio della follia o della demenza dopo 77 anni di vita realmente vissuta.
«Perché vuole scrivere un libro su di me?» Questa la domanda rivolta a Emmanuel Carrère da parte di Eduard Veniaminoviç Savenko, meglio noto come Limonov. Ecco come Carrère descrive la sua reazione a quella domanda: «Sono colto di sorpresa ma rispondo, con sincerità: perché ha – o ha avuto, non ricordo più il tempo che ho usato – una vita appassionante. Una vita romanzesca, pericolosa, una vita che ha accettato il rischio di calarsi nella storia». E così nasce il libro Limonov, una biografia romanzata di quell’Eduard Savenko che così tanto ha vissuto dall’alto dei suoi attuali 76 anni: delinquente nell’Unione Sovietica, poeta in Francia, prima barbone e poi domestico negli Stati Uniti, combattente nei Balcani, fondatore, insieme a Aleksandr Dugin, del Partito Nazional-Bolscevico nella Russia post sovietica, prigioniero in carceri di massima sicurezza.
Eroe? Qualche volta, dipende dalla situazione. Criminale? A tratti. Ma mai cattivo, mai malvagio, mai disonesto. Dietro l’aria da duro, che tutto è tranne una posa, nasconde un’indole gentile, la volontà di stare sempre dalla parte dei deboli, degli sconfitti, degli ultimi. «Ho pensato che la sua vita romanzesca e spericolata raccontasse qualcosa, non solamente di lui, Limonov, non solamente della Russia, ma della storia di noi tutti dopo la fine della Seconda guerra mondiale», scrive Carrère, oggi considerato uno dei massimi scrittori francesi viventi. Il romanzo Limonov è edito in Italia da Adelphi e continua a vendere bene, a riprova del fatto che sì, la storia personale di un uomo sui generis, eroe o carogna che sia, dice qualcosa della nostra epoca con tutte le sue contraddizioni.
Limonov di Emmanuel Carrère è una vera e propria avventura contemporanea calcata sul modello dei romanzi classici, quelli del passato, dove l’eroe vive un’avventura dopo l’altra e impara sempre qualcosa dall’esperienza precedente. Forse sarebbe esagerato parlare di romanzo di formazione: di formazione c’è poco, Limonov commette spesso azioni indegne e riprovevoli. Eppure lui, Limonov, sembra rimanere in equilibrio sopra l’abisso senza mai entrarci ma sempre lì lì per cadervi. Questo precario equilibrio è ciò che attira il lettore, che lo tiene incollato alle pagine, che lo invoglia a proseguire la lettura e, una volta conclusa, a cercare su Google la continuazione, gli anni che vanno dal 2009 ad oggi, per comprendere come prosegue il romanzo che romanzo più non è ma cronaca, gossip, insomma vita vissuta.
Punk, fascista, comunista, nazional-bolscevico, sempre all’opposizione e mai al potere, Limonov è tutto e il contrario di tutto, una figura ermetica e affascinante, capo carismatico e uomo d’azione, eterosessuale e occasionalmente omosessuale, un entusiasta della vita in tutte le sue sfaccettature. Questo libro parla di lui e anche di noi, del nostro tempo. Carrère offre a Limonov e a noi lettori un romanzo meravigliosamente denso e coinvolgente, un vero e proprio ritratto alla stregua dei quadri di nobili o aristocratici dei tempi andati, dove però la profondità psicologica è portata all’estremo e dove anche gli scandali e le vergogne del diretto interessato vengono a galla in tutto il loro disagio, senza dissimulare alcunché. Un classico contemporaneo.
Ed i compagni di merende nazionalsocialiste lo piangono