Race4Africa. Anche questa edizione del Raid 4L Trophy sarà un po' messinese

Race4Africa. Anche questa edizione del Raid 4L Trophy sarà un po’ messinese

Claudio Panebianco

Race4Africa. Anche questa edizione del Raid 4L Trophy sarà un po’ messinese

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mercoledì 01 Ottobre 2014 - 22:22

Roberto Saglimbeni e Carlo Ciliberto, studenti universitari messinesi, continueranno la linea positiva della città dello Stretto all'interno del progetto umanitario Raid 4L Trophy, guidando la loro auto fino a Marrakech per aiutare e sostenere la popolazione in difficoltà e regalare un sorriso agli "enfants du desert"

Aiutare il prossimo è sicuramente uno degli atti più buoni e puri che l'uomo possa compiere. Se poi per regalare un sorriso a chi, purtroppo, conduce una vita di stenti si affrontano migliaia di chilometri di viaggio, allora l'impresa è lodevole. Ogni anno il Raid 4L Trophy coinvolge centinaia di associazioni umanitarie per donare agli "enfants du desert" beni di prima necessità, materiale didattico e di svago al fine di portare ai bambini dell'Africa più povera la speranza di crescere in un futuro migliore.

A bordo di una Renault 4L tantissimi equipaggi provenienti da ogni parte del mondo cominciano il loro viaggio per arrivare poi a Marrakech, dove il carico prezioso dei partecipanti viene interamente regalato alla popolazione. Nella scorsa edizione due messinesi, Daniele Chiara e Francesco Barbera, entrambi studenti universitari presso l'Ateneo Peloritano di Ingegneria e Scienze Politiche, hanno preso parte all'iniziativa colorando di giallo e rosso un pezzetto del progetto. Quest'anno altri due figli della città dello Stretto si apprestano a partire alla volta dell'Africa: Roberto Saglimbeni e Carlo Ciliberto, giovani messinesi e studenti universitari rispettivamente di Giurisprudenza a Milano e di Architettura a Ferrara, procederanno a bordo della loro Renault 4L con il progetto "Race4Africa". Cominciando da Milano, prima di giungere a destinazione dedicheranno qualche tappa allo Stivale e poi andranno verso la loro meta. Roberto e Carlo stanno ovviamente collaborando con Daniele e Francesco al fine di unire le forze.

Abbiamo intervistato i due piloti per saperne di più sulle sensazioni prima del viaggio e conoscere la storia del loro avvicinamento all'iniziativa, sempre con un pizzico di messinesità.

Come vi è venuta l'idea di partecipare alla corsa e cosa vi ha spinto ad accettare l'incarico?

Roberto: Covavamo il desiderio di partecipare a quest'avventura da almeno tre anni, quando Mario Spinella e Carlo Restuccia, che hanno partecipato nel 2012, ce ne parlarono. Quest'anno si sono presentate le circostanze giuste e abbiamo deciso di organizzarci: sarà un'esperienza formativa incredibile e ci servirà a conoscere genti, luoghi e usi diversi alla luce della solidarietà, vero sfondo del progetto.

Carlo: L'idea di partecipare alla corsa me la porto dietro da quando venni a conoscenza anni fa dell'evento, attraverso i ragazzi che per primi a Messina vi presero parte. Ancora andavo al liceo ma l'entusiasmo era forte. Quest'ultimo è rimasto intatto durante questi anni in me così come in Roberto, finchè a marzo di quest'anno mentre ero in pausa lezione all'università lo chiamai e gli dissi "partecipiamo!". L'idea di fondo che ha mantenuto in noi tale entusiasmo è il fatto che in questo progetto coesistano spirito d'avventura e spirito umanitario, una soluzione che risulta molto accattivante ai giovani e che per tale motivo può riuscire a farli avvicinare ad una situazione spesso considerata "distante" quale è quella dei bambini dei villaggi più poveri del Marocco.

Siete ragazzi messinesi ma avete deciso di condurre i vostri studi universitari lontano dalla città dello Stretto. Partirete alla volta dell'Africa per partecipare ad un grande progetto e portare il nome di Messina ancora una volta alto. Come vi sentite?

Roberto: Chiariamo subito una cosa: noi siamo e ci sentiamo parte di questa città, ed é con orgoglio che porteremo sulle strade del deserto il nome di Messina. Sentiamo una forte responsabilità, un grande entusiasmo e anche un pizzico di paura, ma l'esperienza di chi ci ha preceduto ci conforta e ci aiuta. D'altro canto l'essere dei fuorisede ci sta permettendo di relazionarci con ambienti estranei a Messina e reperire risorse e idee nuove: impostare il progetto su base nazionale, coinvolgendo anche tanti nostri amici messinesi in giro per l'Italia e l'Europa, ci é sembrato il modo migliore di "rendere omaggio" alla nostra condizione, che poi é quella di tanti figli di questa città sparsi praticamente ovunque.

Carlo: La nostra é un'importante missione: attraverso il nostro progetto porteremo in altre parti d'Italia quella lodevole iniziativa che a Messina ormai é "tradizione". Sottolineo quest'ultima parola perché questa iniziativa può e deve essere motivo di vanto per la nostra città e sia io che Roberto ci potremmo considerare dei veri e propri "ambasciatori" di tale tradizione, che ha avuti molto successo all'interno della città e che adesso può avere la sua degna visibilità oltre lo stretto.

In vista della bellissima esperienza che vi aspetta, come pensate che un evento del genere possa servire a migliore la situazione dei paesi del Terzo mondo? Credete realmente che il 4L Trophy sia un perno essenziale dell'aiuto umanitario?

Roberto: Fare del bene, sopratutto in un periodo di crisi, non é semplice e non vogliamo che il fine umanitario, seppur essenziale in quest'iniziativa, sia sovrastimato: gli aiuti che pervengono all'associazione Enfants su Desert, destinataria del materiale umanitario, sono significativi nei numeri e nella sostanza ma ciò che più conta é la responsabilizzazione che un'esperienza del genere genera in ragazzi così giovani. L'idea di doversi organizzare per partire, di relazionarsi con sponsor e contributori, di vivere un'avventura divertente e impegnativa al tempo stesso e, contemporaneamente, di fare del bene é appagante e già da sola ci dà la carica per affrontare al meglio le sfide che ci attendono.

Carlo: Le cifre parlano da sole. Nelle prime edizioni i team erano pochi e gli aiuti non erano molti, ma in 18 anni di avventure il 4L Trophy è riuscito a portare aiuti veramente concreti in Marocco. Nell'ultima edizione infatti sono stati oltre 2000 i team partecipanti, per un totale di 60 tonnellate di materiale umanitario raccolto. Da qui però si può evidenziare l'esiguo numero di team italiani a fronte di una stragrande maggioranza europea. Per tale motivo noi di Race4Africa ci proponiamo di diffondere in tutta italia la voce del nostro progetto, in modo che nei futuri anni un numero sempre maggiore di team italiani possa prendere parte a questa fantastica manifestazione. Noi crediamo nel 4L trophy soprattutto perchè è a nostro avviso il modo più diretto per fare entrare letteralmente in contatto i giovani con le problematiche del Terzo mondo.

Claudio Panebianco

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