Chi considera il Meridione una palla al piede delle regioni industriose del Nord, inizia a riflettere su quel che accade in Europa

Chi considera il Meridione una palla al piede delle regioni industriose del Nord, inizia a riflettere su quel che accade in Europa

Giovanni Mollica

Chi considera il Meridione una palla al piede delle regioni industriose del Nord, inizia a riflettere su quel che accade in Europa

venerdì 17 Febbraio 2012 - 18:41

I provvedimenti del Governo potranno anche trarre l’Italia fuori dai pericoli immediati di default, ma non basteranno se non cambiano gli Italiani. Monti lo sa bene e l’ha detto, tra i sorrisi ironici delle forze politiche. Però è vero: il pericolo è solo rimandato. Ma, senza una svolta radicale, vale la pena continuare a competere con avversari più forti che, prima o poi, ci tratteranno come la Grecia?

La camicia di Nesso che alcuni Paesi di Eurolandia hanno indossato una decina d’anni fa, senza sapere a cosa sarebbero andati incontro, comincia a diventare intollerabile.
La prima ad accorgersene è stata la Grecia, alla quale il Fondo Monetario Internazionale, l’Unione Europea e la Banca Centrale Europea, ormai da tempo, tengono una pistola puntata alla tempia. Alzando ripetutamente l’asticella dei sacrifici che il Governo di Papademos deve chiedere al popolo.

Al di là dei diktat sul bilancio, è evidente che la troika dei duri e puri – Merkel (Germania), Katainen (Finlandia) e Rutte (Olanda) – non si fida degli impegni presi da un Parlamento in scadenza e ritarda l’erogazione dei 130 miliardi. Con l’obiettivo di condizionare il Parlamento che uscirà dalle elezioni di Aprile.
Nel più totale dispezzo dell’indipendenza della Grecia.

Non che la diffidenza dei tre Paesi a tripla A sia ingiustificata: troppe volte i Governi ellenici hanno promesso austerità e rigore per poi dimenticarsene.
Giorno dopo giorno diviene più forte la convinzione che il vero fine dell’Europa che conta è costringere la Grecia a uscire dall’Unione monetaria. Per scaricare, una volta per tutte, dal consorzio europeo un socio troppo indebitato e inaffidabile.
A chi toccherà dopo?
Questa è ormai più che un’ipotesi di scuola e dovrebbe fare riflettere i Paesi deboli. Sui quali si abbatteranno certamente gli ultimatum dei primi della classe, in un mondo che si riscopre virtuoso dopo decenni di lassaiz faire.
Prudenza vorrebbe che i Paesi pericolanti – Portogallo, Italia, Irlanda e Spagna – studiassero, in via molto riservata, una qualche exit strategy ben prima di ritrovarsi davanti all’alternativa del diavolo: Bere o Affogare.
Potrebbero trovare validissimi alleati tra i Paesi dell’Est, Polonia in testa, che non sono mai stati pazzi d’amore verso una Germania tornata grande.
Ma, Monti a parte, quali tra i nostri scalcagnati politici alla puttanesca sono in grado di prevedere quel che accadrà tra 5 o 10 anni? E predisporre adeguati provvedimenti?
Una considerazione però può essere fatta senza tema di smentita: per ironia della sorte, si è riprodotta in Europa la situazione italiana. Dove un’alleanza trasversale impone da anni una politica che mira ad emarginare le regioni del Sud, considerate un ostacolo alla ripresa economica del Paese. Solo che, stavolta, ad essere considerati pezzenti non sono solo Siciliani, Calabresi e Campani, ma anche Lombardi, Veneti e Trentini. A dimostrazione che, nel mondo, c’è sempre qualcuno che considera gli altri dei morti di fame.
Il ragionamento è perfettamente analogo a quello del trio Merkel-Katainen-Rutte: non è giusto che le risorse accumulate dalle regioni virtuose vadano a beneficio di quelle indebitate. Come i Tedeschi non intendevano più assicurare la pensione ai cinquantenni greci e italiani, così i Veneti sono stufi di destinare una parte delle loro tasse agli sprechi della Sanità calabrese e siciliana.
E’ inutile fare del moralismo o invocare una solidarietà nella quale ormai crede soltanto il Papa. Sarebbe più realistico esaminare le vie d’uscita da una situazione che, alla lunga, rischia di diventare insostenibile.

4 commenti

  1. Caro articolista,per Lei mal comune è mezzo gaudio?
    Per me no.Io credo che gli abitanti del sud Italia dovrebbero svegliarsi e diventare finalmente più seri,anche quando vanno a votare evitando di preferire uomini e partiti che negli anni non hanno mai fatto nulla di buono,se non elagire sussidi clientelari.
    Molti politici ultimamente hanno sbraitato e battuto i pugni sul tavolo per far tagliare i fondi del ponte.Mi chiedo,quando batteranno fortissimamente i pugni per ottenere le opere che necessitano alla nostra provincia?O li chiedono solo quando vogliono affossare l’unica opera pubblica che aveva qualche speranza di essere realizzata?
    Faccio presente che molti di quei politici che secondo Lei potrebbero cominciare a riflettere sulla nuova situazione europea, quando c’è da fare gli interessi del loro territorio, si battono come leoni,i nostri invece come su detto si battono per non far realizzare niente.

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  2. Continuare con questi articoli, da cui traspare una non certo velata giustificazione del comportamento del meridionale medio, è a mio giudizio profondamente immaturo e anche irresponsabile.Il siciliano medio si è fatto beffa delle più comuni regole comportamentali,si crogiola nel tipico fatalismo che tanto niente cambia,cerca perennemente sussidi statali,scende in piazza e blocca un’intera isola per protestare contro le liberalizzazione ,non certo contro la mal politica, e continua a votare a favore di politici inetti ma che gli garantiscono la totale impunità( mi trovi un solo voto di protesta e cambiamento negli ultimi 50 anni: Dc poi FI e poi PDL, ovvero sempre la stessa solfa). La Sicilia,ovvero i siciliani, sono una regione a statuto speciale che ha dato da mangiare a pochi a spese di una intera comunità,che ha favorito l’illegalità diffusa come stile di vita,che ha ucciso o fatto fuggire le migliori menti, assunto incompetenti totali ovunque, che litiga ancora con la lingua italiana,che non ha idea di cosa sia professionalità, che scende in piazza e blocca tutto per la squadra di calcio …etc. Questo articolo è assurdo e pieno di retorica, in linea con il pensiero medio del siciliano medio :tutti colpevoli, nessun colpevole!!!

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  3. Capirei questo ragionamento solo se si potessero tramutare tutti i Meridionali in Svizzeri o Tedeschi con un colpo di bacchetta magica. Ma non si può. Così come non è realistico pensare che “imparino a votare” (con tutte le perplessità che questa frase suscita). Se è così, ed è così, sul piano pratico si pone il dilemma se continuare per 10 o 20 anni in una politica di “lacrime e sangue”, con tassazioni elevatissime, drastico ridimensionamento dello stato sociale, etc. Nella speranza di progressivi “miglioramenti”. Il che si traduce nel far pagare ai ceti più deboli il costo di una competizione che ci vede perdenti, soprattutto al Sud. E’ questa la soluzione? Ognuno è libero di pensarla come vuole, soprattutto se verrà toccato solo marginalmente da questo tipo di politica. Ma gli altri? Se democrazia è una testa e un voto, è legittimo che qualcuno – i Greci, per esempio, per i quali valgono gli stessi ragionamenti fatti da antosail per i Siciliani – pensi di interrompere questa sfida nella speranza di “soffrire meno”. L’integralismo di chi vorrebbe migliorare il genere umano, naturalmente secondo i suoi personali criteri, ha quasi sempre un costo troppo elevato. Pagato dagli altri.

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  4. L’articolo non auspica soluzioni miracolistiche e radicali – come quelle di chi spera che i Siciliani imparino improvvisamente a scegliere bene i loro rappresentanti o che questi ultimi divengano di colpo “persone serie” -, ma si chiede se a un cambiamento, che presumibilmente richiede generazioni, sia più facile arrivare attraverso 20 anni di sacrifici pesantissimi, per lo più a carico di pensionati, salariati, disoccupati, piccoli imprenditori, bottegai, etc., oppure possa essere preferibile valutare una soluzione diversa. Politicamente parlando, se sia meglio inseguire il modello di competizione proposto dalla Germania (con ottime probabilità di finirne stritolati) o valutare delle alternative. Forse merita una riflessione il fatto che Svezia, Norvegia e Danimarca (Paesi che non hanno affatto abbandonato lo Stato sociale) non hanno adottato l’euro.

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