MESSINA – Apre alla riflessione l’andamento del processo d’appello a Cristian Ioppolo, il giovane condannato all’ergastolo per il femminicidio della ex fidanzata, Alessandra Musarra. La pensa così l’avvocata Cettina La Torre, legale della sorella di Alessandra e presidente del Centro anti violenza “Al tuo fianco” di Roccalumera. Di seguito, l’intervento del legale su vuoti legislativi e importanza dell’efficacia penale nella lotta culturale alla violenza.
La sentenza costituisce un riconoscimento importante delle lotte, sia a livello legislativo che culturale portate avanti in tutti questi anni a tutela delle donne vittime di violenza, e di femminicidi in particolare. Certo occorre riflettere sulla discrasia normativa attualmente vigente, per cui, da un lato, la legge n.69/19, ha escluso la possibilità per gli imputati di tali efferati delitti, di richiedere il giudizio abbreviato in primo grado, ma dall’altro è concesso loro il diritto a richiedere il concordato in appello.
E ciò che più ha colpito in questo processo è stata la circostanza che la richiesta di concordato, in appello, sia pervenuta proprio dal Procuratore Generale, quasi a sconfessare l’attività processuale svolta in primo grado dallo stesso Ufficio. E che, a fronte della mancata adesione da parte dell’imputato, abbia insistito nella richiesta di riduzione della pena a 24 anni di reclusione.
Ma la Corte ha giustamente confermato la sentenza di condanna all’ergastolo, riconoscendo come questo sia un femminicidio commesso per motivi abbietti e futili, e dove nessuna attenuante poteva riconoscersi all’imputato. Ha confermato una sentenza che contiene principi importanti, che riconosce l’idea che il rapporto di coppia non possa che fondarsi sul rispetto del principio di pari dignità, che la relazione affettiva non possa mai, in nessuna occasione giustificare la prevaricazione dell’uno nei confronti dell’altra, che non possa legittimare sentimenti di gelosia che si tramutino in una forma ossessiva di controllo e di dominio, per cui l’amore non possa mai tradursi nell’imposizione del proprio volere; e del principio secondo il quale ogni individuo gode di un potere di autodeterminazione che nessuno, men che meno il partner di una relazione sentimentale può permettersi di invadere e di infrangere. I femminicidi non finiranno mai se non si abbattono determinati stereotipi ancora radicati nella società, se non vi è una rivoluzione culturale che deve partire anche dalle aule di giustizia, con sentenze come queste.
Nessuna sentenza può dirsi giusta, e nessuna pena potrà ridare Alessandra ai propri cari, ma una “ giusta pena” certamente riconosce dignità al dolore dei suoi familiari.
il carcere dovrebbe redimere, non dichiarare la sepoltura di una persona; l’ergastolo per un momento di follia è peggio della pena di morte, compiacersi per un ergastolo non ridarà quella povera ragazza alla famiglia, ma manifesta un odio tardo femminista; Voler fare una bandiera dell’ergastolo ad un uomo è da parte di donne che odiano gli uomini.
Me la riporti tu mia zia in vita? No perché se lo fai lui è libero di uscire dalla cella, se così non è possibile farlo allora taci,deve seppellirsi sotto quelle 4 mura come mia zia è stata seppelita sotto terra x sempre.
X un momento di follia? Ora x un momento di follia si può fare tutto senza pagarne le conseguenze? Ma cosa stai dicendo? Quando ammazzeranno una persona a te cara mi saprai dire.
Io avrei voluto peggio per sto xxxxxxxxx ma purtroppo in Italia ci sono troppi diritti !!!
ERGASTOLO E’ LA GIUSTA PENA.
ORA LO RIEDUCHIAMO POI ESCE DI CARCERE E NOI FAMILIARI LO VEDREMO PRENDERSI IL SOLE,VIVERE LA VITA CHE VOLEVA VIVERE MIA ZIA!!! COMPLIMENTI COSI’ NON FINIRANNO PIU’ I FEMMINICIDI.