Riceviamo dall'ing. Leonardo Santoro e pubblichiamo un documento relativo all'area di Capo Peloro, davanti alla Torre degli Inglesi. L'erosione costiera degli anni scorsi aveva scoperto la presenza di basamenti di opere portuali finalizzate all’attracco di piccole unità navali. Oggi è tornata la spiaggia e poco si conosce di quei resti
Anche quest’estate l’erosione marina nei fondali di capo Peloro ha riservato nuove sorprese. La notizia è legata al recente rinvenimento, in prossimità della battigia, nei bassi fondali di Capo Peloro di diversi oggetti metallici somiglianti a granate di mortaio risalenti alla seconda guerra mondiale. I probabili ordini bellici riaffiorano peraltro dal fondale ogni qualvolta l’erosione subacquea rimuove la coltre sabbiosa che le copre.
Ma la sorpresa più rilevante, dal punto di vista storico è stato il ricolmamento della spiaggia antistante la Torre degli Inglesi. La stessa che durante le stagioni invernali 2011, 2012 fu completamente erosa proprio nel sito sottostante la torre di avvistamento romana di Capo Peloro. Allora, il tesoro riaffiorato dall’erosione, mentre ci si scervellava sul come porvi rimedio, fu la scopertura della parte apicale dei bastioni sottostanti la torre, fino ad allora (ma sempre in tempi recenti) rimasti sepolti.
Successivamente l’erosione proseguì anche nell’antistante fondale facendo emergere sotto il pelo dell’acqua le probabili vestigia di una struttura lineare che faceva ipotizzare, suggestivamente, non essendo supportata da riscontri di archeologia marina, la presenza di basamenti di opere portuali finalizzate all’attracco di piccole unità navali.
L’orientamento e la geometria dei resti, posti a ridosso delle correnti secondarie di deflusso dominanti nell’area (direzione Tirreno-Jonio) faceva ipotizzare la possibilità di attracco attraverso sistemi di funi e, soprattutto la possibilità di partenza immediata in direzione dello Stretto, per unità veloci a remi pronte a soccorrere o abbordare unità navali in transito, preda delle correnti e non supportate da venti favorevoli. Ovviamente tutte ipotesi suggestive.
Oggi, grazie alla generosa stagione invernale 2013-2014 quel breve tratto di litorale risulta invece abbondantemente ripasciuto di un “mammellone” alto decine di metri e lungo circa un centinaio di metri dalla torre (i cui bastioni insepolti sono comunque rimasti a vista).
Ecco quindi le immagini subacquee di quegli ipotizzati approdi, ormai giacenti, ed intoccabili, con paletta e secchiello, sotto decine di metri di sabbia nell’area frontistante la torre. L’idea che possa trattarsi di residui di strutture portuali trova, dall’esame di alcune immagini inedite, conferma almeno apparente. Si può infatti scartare sia l’origine antropica recente che l’origine naturale. Almeno infatti questo è chiaro, di manufatti si tratta, ma non certo di una più o meno recente barriera di massi o di una massicciata sopralvea posta a protezione del litorale. Può inoltre scartarsi l’origine naturale delle strutture sommerse, che potevano eventualmente richiamare alla memoria formazioni di rocce conglomeratiche di origine submarina denominate “beach rock”, pur presenti nell’area. A queste si ascrivono difatti quei lastroni sommersi fratturati che degradano verso fondali più alti prospicienti sia il litorale tirrenico che, soprattutto ionico dell’area di Ganzirri-Capo Peloro. Queste, in realtà, sono formazioni rocciose conglomeratiche formatesi naturalmente per il deposito di sabbie e ghiaie con interposti ciottoli, cementati tra loro grazie alla presenza di acque stagnanti sovrassature di sali. Formazioni naturalmente risalenti a milioni di anni fa e, periodicamente, messe in luce rispetto la soprastante copertura di sabbie dell’arenile erosa da correnti e marosi.
Ma tornando agli ipotizzati bracci portuali, la geometria è abbastanza evidente dalle immagini: strutture alte qualche metro e lunghe circa settanta metri conformate a V in direzione dello Stretto e direttamente connesse ai basamenti della torre posta a monte. Torre che, si ricorda, ha fondamenta ed origine precedente ad epoca romana, come hanno dimostrato i recenti e pregevoli scavi interni ed esterni effettuati dalla Soprintendenza ai BB.MM.AA. di Messina, unità operativa per la tutela dei beni archeologici.
Ma cosa sarebbe oggi interessante fare? Sicuramente potrebbe essere utile eseguire una campagna con strumentazioni idonee quali geo-radar o similari supportata da una serie di traverse sismiche capaci di “ridisegnare” anche sotto coltri notevoli di sabbia recente, la conformazione e la morfologia del substrato antistante la torre, ormai completamente restituito dal mare dalla odierna splendida spiaggia.
Sognare è bello, anche se ormai si è richiuso l’ombrellone e ci si deve rimboccare le maniche perché non si può più indugiare, rimanendo in attesa di un inverno che sarà comunque terribile, anche visti gli effetti disastrosi degli incendi che hanno devastato quest’estate le colline che circondano Messina.