Virtù e limiti della libertà di parola nel dibattito del collettivo “Articolo 21”

Virtù e limiti della libertà di parola nel dibattito del collettivo “Articolo 21”

Giovanni Passalacqua

Virtù e limiti della libertà di parola nel dibattito del collettivo “Articolo 21”

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mercoledì 15 Aprile 2015 - 22:12

Quali cambiamenti hanno portato i fatti di Parigi? É giusto porre altri limiti alla libertà d'espressione? E qual è la situazione italiana? Ne hanno discusso l'on. D'Alia, il prof. Saitta e il giornalista Cafeo

Il tema è quanto mai attuale: i cambiamenti politici e sociali in difesa della libertà di espressione. A promuovere il dibattito è il collettivo Art. 21, un’associazione universitaria nata per diffondere cultura giuridica, storica e politica. Il convegno, organizzato in collaborazione con l’università di Messina, ha visto la presenza dell’on. Giampiero D’Alia, del prof. Antonio Saitta e del giornalista Tonino Cafeo, moderati da Nino Amato.

“Siamo un’associazione indipendente dalla politica” – spiega Marco Carone, presidente del collettivo – “nel senso che non possiamo definirci apolitici, consapevoli che qualunque atteggiamento di distanza o indifferenza alla politica è deprecabile; tuttavia, siamo slegati da logiche di partito e non intendiamo schierarci. Il nostro obiettivo è accreditarci per ricoprire un ruolo socialmente utile all’interno dell’ateneo, occupandoci di fornire un supporto alle matricole e di consentire agli studenti di interfacciarsi con l’amministrazione universitaria, così da aiutarli a proporre idee e progetti che, da soli, non riuscirebbero a portare avanti”.

Ma il tratto caratteristico dell’associazione è la voglia di appassionare al dibattito culturale. Già nella locandina si coglie il primo spunto del convegno: “Est tout pardonnè?” chiede il celebre Maometto ritratto da Luz nella prima uscita di Charlie Hebdo dopo i fatti di Parigi. E la domanda si può declinare nelle sue tante sfaccettature: quali sono i limiti della satira? Quali quelli della libertà di parola? Quali i compromessi possibili tra la cultura occidentale, cristiana, illuminista e kantiana, e quella islamica?

“Le libertà non sono valori assoluti” – spiega Saitta – “e hanno bisogno di regole. In realtà, le libertà sono complementari, e si basano su un punto d’equilibrio comune: la dignità umana, questo sì valore assoluto. La satira può ledere altri valori. Certo, la percezione dei limiti cambia nel tempo, e la satira stessa è motore di questi cambiamenti; ma il limite della dignità umana rimane immutato, e il problema diventa definirlo in una maniera che possa essere accettata da tutti gli uomini. Sono stati compiuti molti passi avanti in questo senso, ma gli avvenimenti più recenti dimostrano come ci sia ancora da lavorare. In ogni caso, la nostra costituzione è molto attenta ai problemi derivanti dalla censura del pensiero – ovvia conseguenza del contesto storico in cui è nata -, e ad essa bisogna fare riferimento”.

Parlare di libertà di parola significa parlare di internet, oggi. Ne sa qualcosa D’Alia, che nel 2009 promosse un emendamento che sanciva la repressione di “attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet”, poi abrogato. Una posizione rivendicata dall’onorevole, che ha parlato della necessità di valori comuni che fungano da collante della società, al fine di garantirne l’ordine, e che devono essere tutelati dalla legge.

Di tutt’altro avviso Cafeo, che ha concentrato il suo intervento sulle conseguenze della limitazione delle libertà di parola e di stampa. “I limiti di cui si parla esistono già, almeno per i giornalisti, e sono dettati dalla deontologia professionale. L’Ordine dei giornalisti è un’anomalia tutta italiana, ma svolge comunque funzioni di garanzia. Esistono tuttavia altri problemi: la libertà di pensiero è legata all’editoria, ma nel nostro paese non esistono editori puri – che si occupano esclusivamente di attività editoriale, ndr -, e questo riduce la libertà del giornalista. Nemmeno internet sembra aver inciso su questa struttura. Meglio dunque intervenire per migliorare le condizioni in cui si esercita la libertà di parola, piuttosto che pensare di inasprirne i limiti”.

“Il pluralismo non è ancora una realtà” – conferma Saitta, – “e la stessa democrazia non è la panacea di tutti i mali. Esistono disfunzioni anche nella forma democratica che, non dimentichiamolo, non è detto che funzioni in contesti diversi da quello occidentale. Le primavere arabe lo dimostrano: se una società non è matura, tollerante, critica è impossibile instaurare una democrazia. Ma anche nelle nostre civiltà mancano ancora sufficienti tolleranza e senso critico. Risultati del genere si ottengono solo promuovendo modelli inclusivi di partecipazione politica, sociale, culturale”. Che passano anche dalla libertà di parola che riflette su se stessa, in un circolo virtuoso che ha bisogno di essere esteso e diffuso in maniera capillare nella cosiddetta “società civile”.

Nella gallery le vignette satiriche realizzate per Art. 21 da Paolo Chilelli.

Giovanni Passalacqua

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