L'anticiclone delle Azzorre ha "deciso" di abbandonare il Mediterraneo

L’anticiclone delle Azzorre ha “deciso” di abbandonare il Mediterraneo

Daniele Ingemi

L’anticiclone delle Azzorre ha “deciso” di abbandonare il Mediterraneo

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giovedì 21 Giugno 2018 - 14:16

Nonostante il lieve miglioramento anche nei prossimi giorni ci dovremo preparare a fare i conti con nuove fasi di marcata instabilità e con lo scoppio dei temibili temporali di calore

Invece di accasarsi sul bacino del Mediterraneo l’anticiclone delle Azzorre ha deciso di elongare le proprie propaggini più orientali in direzione della Germania e della Polonia, con un lungo e stretto cuneo che riesce a raggiungere la Bielorussia e l’Ucraina centrale. Con tale assetto zonale, con un asse disteso dal vicino Atlantico verso l’Europa centro-orientale, l’anticiclone delle Azzorre sta costringendo il flusso perturbato principale a scorrere a latitudini più settentrionali, sopra i 50° di latitudine nord. A latitudini più meridionali, invece, lungo il bordo più meridionale di questo esteso promontorio anticiclonico, che dal vicino Atlantico si allunga fino alla Bielorussia e all’Ucraina, troviamo attivo un flusso secondario di correnti fresche “retrograde” che “avvettanno” masse d’aria fresche, di origini temperata continentale (aria delle nostre stesse latitudini), che dalla Romania, dalla Slovacchia e dalla pianura Ungherese si spingono verso i Balcani, raggiungendo in seguito pure le nostre regioni centro-meridionali. Difatti sono proprio queste infiltrazioni di aria fresca da N-NE e NE, in uscita dai Balcani, ad alimentare l’attività “termoconvettiva” e l’instabilità sulle regioni meridionali e sulla Sicilia, da giorni bersagliate da continui temporali, a tratti anche particolarmente intensi. Il flusso fresco secondario, attivo lungo il margine meridionale del promontorio anticiclonico oceanico disteso verso l’Europa centro-orientale, sta contribuendo a spingere diversi nuclei di vorticità positiva e “anomalie della tropopausa dinamica”, provenienti dalla ex circolazione depressionaria, ormai evoluta in “Upper Level Low”, in fase di colmamento fra l’Egeo e le coste della Turchia occidentale. Il passaggio di questi nuclei di vorticità positiva e “anomalie della tropopausa dinamica”, anche nei prossimi giorni, causerà condizioni di instabilità, sui rilievi dell’Appennino centro-meridionale nel pomeriggio, dove potremmo vedere fenomeni di “termoconvenzione” che daranno luogo a rovesci e a temporali, a tratti localmente intensi, in successiva rapida dissoluzione nel corso della serata.

L’aria più fresca in discesa da N-NE, sommandosi al temporaneo abbassamento dei geopotenziali in quota, esalta il “gradiente termico verticale”, condizione che amplificherà i “forcing” convettivi durante le ore più calde del giorno. Ciò agevola lo sviluppo di grosse “Cellule temporalesche” e possibili locali sistemi convettivi “Multicellulari”, composti da più temporali aggregati fra di loro. Questo tipo di temporali, associati all’instabilità dell’aria (e non a fronti o perturbazioni organizzate), si formano frequentemente nella stagione calda, fra la primavera (a cominciare dal mese di aprile), l’estate e la prima parte della stagione autunnale, nelle regioni dove l’innesco dei moti convettivi (correnti ascendenti) è agevolato da estese calme orizzontali delle masse d’aria e dall‘intensa e prolungata insolazione diurna. Quando un’area piuttosto umida è stata esposta al lungo ad un forte riscaldamento, indotto dalla forte insolazione, l’aria umida preesistente presso il suolo tende ad ascendere verso l’alto, formando dei cumuli piuttosto elevati, dall’aspetto torreggiante. In pratica l’intenso riscaldamento del suolo può formare delle grosse bolle d’aria più calda, rispetto a quella circostante, che tendono a salire verso l’alto andandosi a raffreddare negli strati superiori, condensando gran parte del vapore acqueo in esse contenuto. Si vengono così a creare le cosiddette “termiche“, intense correnti ascensionali che si espandono verso gli strati più alti della troposfera, anche sopra i 10-12 km alle nostre latitudini (a quote più alte sui tropici e all’equatore). Durante la giornata, il movimento ascendente delle masse d’aria, legato alle “termiche“, e l’instabilità atmosferica aumentano in modo sensibile. Tale situazione favorisce l’addensamento di masse cumuliformi, le parti superiori si innalzano sempre più, mentre le basi si anneriscono. In questa fase la nube comincia ad assumere la forma di un grosso congesto che si evolve successivamente in cumulonembo, con la classica incudine lungo la sommità dell’imponente nube verticale. Dalla parte superiore sfuggono dei filamenti fibrosi che vengono chiamati “falsi cirri”.

Qualche volta, in presenza di cumulonembi ben sviluppati in altezza, i “falsi cirri” possono formare un velo di cirrostrati attorno l’incudine del cumulonembo. Proprio in questo momento ha inizio il temporale, il quale avanza lungo la direzione media dei venti prevalenti nella media atmosfera, attorno i 5000-6000 metri di quota. Dopo circa 30-60 minuti, ma alle volte possono trascorrere anche un paio di ore, la nube diminuisce progressivamente di volume e le precipitazioni cessano assieme all’attività elettrica. Quando la corrente ascendente che ha formato il cumulonembo si arresta, per la compensazione dello squilibrio termico che ha alimentato i moti ascensionali (tale compensazione può essere determinate dalle stesse precipitazioni), la parte superiore di quest’ultimo si sfalda in più pezzi formando dei banchi di altocumuli e nubi cirriformi in quota che vengono disperse dai venti regnanti nella media e alta troposfera. Nella nube, all’inizio del temporale, si contrappongono ben due correnti adiacenti, una ascendente e l’altra discendente, denominate rispettivamente “updraft” e “downdraft”. Al suolo, attorno alla zona dove si concentrano le precipitazioni, regnano correnti divergenti, che con l’andar del tempo, cioè nella fase finale, estinguono ad ogni livello i moti ascendenti e così si stabilisce un generale moto discendente che dai medi livelli è diretto verso la base e che dura fino al cessare della precipitazione.

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