Operazione Richiesta, l'accusa chiede 15 condanne per il nuovo clan di Camaro

Operazione Richiesta, l’accusa chiede 15 condanne per il nuovo clan di Camaro

Alessandra Serio

Operazione Richiesta, l’accusa chiede 15 condanne per il nuovo clan di Camaro

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martedì 02 Febbraio 2016 - 23:39

Le ha avanzate la Procura alla fine del processo sulle nuove leve e il boss Santi Ferrante, che continuava a tessere le redini delle estorsioni ai commercianti da dietro le sbarre del carcere.

Sono pesanti le richieste di condanna che la Procura ha formulato alla fine del processo "Richiesta", ossia l'inchiesta sul racket gestito dalle nuove leve del clan di Camaro, ancora alle dipendente dirette dei boss storici.

Il PM Diego Capece Minutolo ha sollecitato al Tribunale (Presidente Micali) 11 richieste di condanna per gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato, altre 4 per quelli che hanno optato per rito ordinario.

Eccole, nel dettaglio: 10 anni di carcere per il boss Santi Ferrante, Sebastiano Freni e Giovanni Lanza; 12 anni per Antonino Genovese, Raffaele Genovese, Gianfranco La Rosa e Salvatore Triolo; 4 anni per Vito Genovese; 18 anni per Francesco La Rosa, 13 anni per Francesco Di Biase. Due anni, infine, la richiesta di condanna per Emanuela La Rosa. Hanno invece scelto il rito ordinario Maria Genovese, per il quale il Pm ha chiesto la condanna ha 9 anni, Fabio Mazzei (8 anni), Carmen Giamboi (2 anni e mezzo), Antonio Gianfilippo (3 anni e 4 mesi)

L’indagine era scattata nel 2011 quando il biglietto con un chiarissimo messaggio estorsivo è stato recapitato al titolare di un negozio camaroto. Dietro c'era Di Pietro, scoprì la Squadra Mobile, che lo arrestó nel 2012. Agli investigatori, coordinati dal capo Giuseppe Anzalone, apparve chiaro che la "famiglia" di centro città stava rialzando la testa.

La risposta fu immediata: una quantità di cimici ben piazzate ovunque, persino sotto le panchine della principale piazzetta del quartiere, permisero di ricostruire il pizzo imposto a tappeto a negozi e cantieri della zona, svelando il nome e il cognome degli uomini che tiravano le fila delle estorsioni. Quelle istallate nella sala colloqui dei carceri dove erano rinchiusi i boss, invece, rivelarono che questi continuavano ad avere l'ultima parola su tutto, facendo filtrare i messaggi all'esterno attraverso i familiari. Questo era appunto il compito specifico delle mogli, a volte coinvolte direttamente anche nei principali affari criminali. La retata è scattata con 12 arresti alla fine del 2013.

(Alessandra Serio)

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