Pesanti condanne per gli emissari, scagionati il boss storico Santi Ferrante e la moglie. Dovranno essere risarciti il commerciante che ha denunciato il pizzo e la sigla antiracket che lo ha sostenuto. Ecco la sentenza dopo l'inchiesta della Polizia.
Nove condanne col rito abbreviato e due significative assoluzioni. Regge al verdetto dei giudici, con qualche aggiustamento, l'inchiesta "Richiesta", condotta dalla Squadra Mobile sulle nuove leve del clan di Camaro. Il Collegio della Prima sezione del Tribunale (presidente Micali) ha letto la sentenza oggi, nella caldissima aula bunker del carcere di Gazzi.
La sentenza riconosce estranei ai fatti l'ex boss storico di Camaro, Santi Ferrante, e la moglie Emanuela La Rosa: i due sono stati assolti per non aver commesso il fatto. L'ipotesi degli inquirenti era che il boss continuasse a gestire le estorsioni da dietro le sbarre del carcere. Pesanti le condanne, invece, per quelli che hanno portato avanti le richieste estorsive e gli altri affari, gestiti per lo più dai componenti di due nuclei familiari, operanti nel popoloso quartiere sulle colline del centro cittadino.
La pena più alta, 11 anni e 4 mesi di reclusione, é stata decisa per Francesco La Rosa; poi 10 anni e mezzo per Antonino Genovese, 10 anni per Francesco Di Biase, 9 anni e 4 mesi per Gianfranco La Rosa, 8 anni e 8 mesi per Sebastiano Freni, 8 anni e 4 mesi per Salvatore Triolo, 6 anni e 10 mesi per Raffaele Genovese e Giovanni Lanza; infine 2 anni e 8 mesi per Vito Genovese. Per i Genovese e Salvatore Triolo i giudici hanno escluso l'aggravante di aver favorito l'associazione mafiosa, ed hanno assolto Francesco La Rosa parzialmente, ossia soltanto per un'accusa. Le condanne sono più basse del massimo previsto per i reati contestati: sono state decise in continuazione con le condanne precedenti e ridotte per via del rito abbreviato, scelto da 9 imputati. E' stata condannata a 5 mesi, col rito orinario, Maria Genovese. Assolti invece Fabio Mazzei, Carmen Giamboi e Antonio Gianfilippo.
La vittima che ha denunciato, e l'Associazione Antiracket Siciliana, che l'ha sostenuta, sono state ammesse al risarcimento, che dovrà essere liquidato in sede civile. L'inchiesta, coordinata dal PM Diego Capece Minutolo, era scattata nel 2011 quando il biglietto con un chiarissimo messaggio estorsivo è stato recapitato al titolare di un negozio camaroto. Dietro c'era Di Pietro, scoprì la Squadra Mobile, che lo arrestó nel 2012. Agli investigatori, coordinati dal capo Giuseppe Anzalone, apparve chiaro che la "famiglia" di centro città stava rialzando la testa.
La risposta fu immediata: una quantità di cimici ben piazzate ovunque, persino sotto le panchine della principale piazzetta del quartiere, permisero di ricostruire il pizzo imposto a tappeto a negozi e cantieri della zona, svelando il nome e il cognome degli uomini che tiravano le fila delle estorsioni. Quelle istallate nella sala colloqui dei carceri dove erano rinchiusi i boss, invece, rivelarono che questi continuavano ad avere l'ultima parola su tutto, facendo filtrare i messaggi all'esterno attraverso i familiari. Questo era appunto il compito specifico delle mogli, a volte coinvolte direttamente anche nei principali affari criminali. La retata è scattata con 12 arresti alla fine del 2013. Alessandra Serio
Nuove leve? L’età media è di 40 anni e L’intelligenza 0
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Che belle news !!! Finalmente
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