Ottimo seguito di pubblico per una kermesse che ha regalato alla città un discorso compiuto e ragionevole intorno alle ineludibili esigenze dell'attualità
“S’un pozzu iri avanti/ un mi mannati arreri/ lassati muriri ammenz’o mari” canta Mario Incudine in “Salina”, testo emblema della complessità di ogni discorso legato all’emigrazione, allo spaesamento, al senso di una fuga pronta a riaffermare la dignità dei valori umani. Si conclude al Palacultura con lo spettacolo “Anime migranti” la seconda edizione del SabirFest, compiuto e ragionevole ponte tra i saperi che ha visto Messina riaffermare la propria centralità culturale nel Mediterraneo: quattro giorni di reading, incontri, dibattiti e spettacoli teatrali contrassegnati dal desiderio di esplorare in primo luogo la disponibilità del pubblico a confrontarsi con un discorso intellettuale strutturato sulle ineludibili esigenze dell’attualità.
Dopo i saluti di rito dei direttori artistici e l’accorato appello per un’integrazione su base europea pronunciato dal sindaco Renato Accorinti, lo spettacolo di Mario Incudine, Moni Ovadia ed Annalisa Canfora commuove a più riprese per la naturale abilità nell’intrecciare amarezze e speranze di una terra ambivalente come la Sicilia, miraggio per chi cerca riparo dalle delicate situazioni politiche del Nord Africa e del Medioriente e seme della malinconia per chi è stato costretto a partire nel rispetto delle proprie ambizioni. Dalla strage di Marcinelle alle recenti tragedie del Canale di Sicilia, lo spettacolo coinvolge attraverso la mappatura sentimentale delle tensioni di un secolo di partenze ed arrivi: Sicilia terra del mito e malinconia dell’anima, snodo cruciale per il futuro dell’intera Europa.
Solo applausi, dunque, per il lavoro conclusivo di una kermesse che si è avvalsa del prezioso contributo della Rete Latitudini di Gigi Spedale per una serie di spettacoli teatrali di elegante ricerca stilistica (da sottolineare, in questa direzione, anche “Metamorfosi” di Roberto Latini). Messina, dunque, al centro del Mediterraneo al di là delle scontate coordinate geografiche come base di un discorso culturale destinato a divenire negli anni sempre più ambizioso.
Domenico Colosi