Il giornalista messinese collabora con Repubblica e ha vinto grazie a un articolo in cui parla di lavoro e immigrazione. La dedica alla famiglia e ai colleghi
MESSINA – L’Assostampa Sicilia ha consegnato al messinese Fabrizio Bertè il premio di “Cronista dell’anno 2023” grazie al suo lavoro portato avanti su Repubblica sui temi sociali, come lavoro e immigrazione. Il giornalista è stato premiato, si legge sul sito di Assostampa, per aver dimostrato “abnegazione, sacrifici e una grandissima forza di volontà” che gli permettono di “scovare storie di impegno sociale e di riscatto che colpiscono il lettore e raccontano un altro volto del territorio siciliano”. Un grande riconoscimento per il collega Bertè, che ringrazia “Assostampa Sicilia, il Gruppo Cronisti Siciliani e tutte le persone che hanno deciso di premiarmi, che hanno creduto in me e che hanno gradito il mio pezzo”.
I ringraziamenti di Fabrizio Bertè
“Questo riconoscimento – racconta Bertè ai microfoni di Tempostretto – è per me un grande stimolo. Ringrazio soprattutto Claudia Brunetto, giornalista di Repubblica e segretaria del Gruppo cronisti siciliani. Mi ha detto delle parole bellissime. Mi ha detto che devo capire che questo mestiere posso e devo farlo e che questo premio dev’essere per me una grande motivazione. E che non devo arrendermi mai. E mi ha parlato con il cuore in mano. Ecco, lì mi è venuto spontaneo abbracciarla, così come mi è venuto spontaneo abbracciare Tiziana Tavella. Spesso, sbagliando, ho pensato che se fai il giornalista sei solo. Invece, ho imparato e ho capito che non è così. Ho trovato in Claudia e in Tiziana due persone incredibilmente sensibili e simili a me sotto tanti punti di vista. Ringrazio, inoltre, Massimo Norrito, perché quando ho portato il curriculum a Repubblica avevo appena compiuto 23 anni e non avevo alcuna esperienza. Mi ha dato fiducia e quando ho allentato la presa mi ha sempre motivato”.
La storia di Idrissa Camara
Bertè poi spiega il lavoro che lo ha portato a ricevere il premio: “Ho partecipato con un pezzo dal titolo ‘Il progetto di Idrissa Camara: Regalo un sorriso ai bimbi in Guinea’. Idrissa Camara, calciatore del Mazara, ha creato un bel ponte solidale (gli unici ponti di cui abbiamo bisogno) che unisce la Sicilia alla sua Guinea-Bissau. Per dimostrare il forte attaccamento alle sue origini. Idrissa, da bimbo, ha toccato con mano la povertà. E la vera ricchezza, per lui, era rappresentata da un pallone sgonfio e da un campo arrangiato E Idrissa, che in pochi mesi è diventato l’idolo di Mazara del Vallo, con il suo sorriso contagioso, ha caricato palloni, maglie, pantaloncini e tute in un pacco enorme e lo ha spedito in Guinea. Lì, dove i bambini sognano di diventare come Osimhen e Koulibaly, o dove prendono in mano un bastone, fingendo che sia un microfono, sognando di diventare giornalisti sportivi. Ho scelto di partecipare al premio con questo pezzo perché ho conosciuto Idrissa e mi ha fatto molta simpatia. E ho apprezzato tanto il suo spirito e la sua sensibilità. Ma anche perché ho scritto questo pezzo in compagnia di una persona per me molto speciale”.
La dedica alla famiglia e “ai colleghi precari come me”
Non mancano le dediche per il premio: “A mia nonna, che non c’è più e mi manca tanto. Ogni volta che scrivevo un pezzo voleva che le comprassi il giornale e le ritagliassi l’articolo. E poi ai miei genitori e a mia sorella Ilaria. Ma vorrei condividerlo con tutti i miei colleghi precari, come me. Con tutti coloro che coltivano il sogno di diventare giornalisti e che sono costretti, però, contemporaneamente, a fare altri lavori. Per ‘campare’. È un mestiere bellissimo, ma il precariato, le incertezze e le paure che ogni giorno ti avvolgono e ti stravolgono possono ucciderti. E mantenere alta la tensione e l’attenzione, quando hai poche certezze e tanti dubbi, non è per nulla facile. Lo dedico anche a qualche collega messinese più anziano che più di una volta mi ha guardato dall’alto verso il basso, con altezzosità, boria e presunzione e che si è lasciato andare a giudizi personali poco carini. Ci sono colleghi che combattono il precariato e tendono una mano a chi ha più difficoltà e colleghi che pensano solamente a coltivare il proprio orticello, guardandosi allo specchio e non guardando il mondo che li circonda. Ma dedico questo premio anche a tutti coloro che hanno un sogno, a chi sta vivendo un momento difficile e a chi ha paura del domani, o di non riuscire a realizzarsi”.
“Ringrazio anche Alessia Candito, di Repubblica, che più di una volta mi ha ‘sgridato’, cercando di farmi capire quanto è importante non buttare via tutto ciò che si sta costruendo – prosegue -. E voglio citare anche Francesco, con cui siamo stati compagni di banco al ‘Seguenza’ e abbiamo condiviso gioie e dolori. È un amico vero e ascolta con grande pazienza i miei ‘tormenti’. E Sonia, che a Palermo ha gioito con me per il premio e lotta ogni giorno per continuare a fare la giornalista, tra tante difficoltà. Ma soprattutto, voglio condividere questo premio con Claudia Benassai, una giornalista che prende a pugni il precariato e che mi ha dato tanti ‘schiaffi’ e consigli, cercando di farmi capire che non bisogna mai smettere d’imparare e di dimostrare. Lei è una persona che si è sempre sacrificata tanto e mi ha insegnato tanto. E la mia speranza e che non perda mai il suo spirito combattivo e l’amore per questo mestiere. Leggendo i suoi pezzi ho cercato di migliorarmi e di ‘rubarle’ qualcosa. Vorrei che questo premio possa essere uno stimolo per tutti i miei colleghi precari e per tutti gli aspiranti giornalisti più giovani di me”.
Quei consigli dai colleghi più grandi
“Alcuni colleghi più grandi mi hanno detto: ‘cambia mestiere e pensa a un piano B, il giornalismo dev’essere un hobby’. A dirlo, però, spesso, sono giornalisti che alla fine del mese portano a casa un bel gruzzoletto e che hanno ottimi stipendi e ferie lunghe e pagate. Noi precari, invece, quando andiamo al mare (e se ci andiamo), dobbiamo portarci pc e cellulare e non possiamo permetterci di spegnere mai il cervello. Se il mestiere è in crisi e la gente ha perso fiducia nel lavoro dei cronisti, credo che in grande percentuale la responsabilità sia proprio di chi in questo mondo è protagonista: editori e giornalisti. Anche se, mi piace ricordalo e sottolinearlo, c’è chi, ancora, crede in questo mondo. E chi fa il proprio lavoro con grande passione e serietà”.
Bertè conclude con un aneddoto della premiazione: “Riccardo Arena, che ha presentato la serata, ha ricordato il giorno in cui ci siamo conosciuti. Avevo appena denunciato il folle ‘sistema’ dei tesserini. Quello è stato uno dei momenti in cui ho capito che avrei voluto fare questo mestiere”.