Ritorno alle origini
L’attribuzione del nome “Faro” per via dell’esistenza di una qualche illuminazione, si è visto, è ipotesi caldeggiata da vari studiosi. Lo storico Domenico Puzzolo Sigillo tuttavia, ammonisce al non accontentarsi di una soluzione così semplicistica che deve la sua fortuna ad una tradizione letteraria consolidatasi presso gli Umanisti i quali, per aver identificato tra gli autori greci e latini la lanterna del porto di Alessandria, detta Faro, quale meraviglia del mondo antico, supposero che i Greci chiamassero con “faro” appunto, qualsiasi altra lanterna simile e avessero voluto attribuire al nome proprio Faro (di Messina), lo stesso etimo del nome comune “faro”, che si ipotizzò essere greco.
Peccato però che non esiste in greco il nome comune faro o forme similari col significato di “lanterna”; esiste “Phàros”, nome di luogo che indica l’isola di Faro presso Alessandria. Invertendo la “erre” con la “enne” si ottiene invece “phanòs”, ovverosia “fano”, e non “faro”, che identifica le segnalazioni luminose che si facevano per avvertire del passaggio di navi nemiche. Il nome “Faro” per indicare la località in cui tutti andiamo a farci il bagno d’estate comparirà solo nell’alto Medioevo, giacché il luogo è stato da sempre inteso durante l’epoca greca e latina, seppur con qualche variazione, Peloro, e mai Faro. Puzzolo Sigillo rintraccia in un piccolo libro scolastico del 1882, il Dizionario etimologico dei Vocaboli italiani di origine ellenica con raffronti ad altre etimologie, a cura di Marco Antonio Canini, l’opera in cui finalmente si fa chiarezza sul significato e sul valore del nome Faro, ritenuto dall’autore un termine “piuttosto egiziano che ellenico, sebbene si possa considerare forma secondaria della radice “fào”, splendo, dal coptico “firi”, splendere”.
Ma Faro, avverte poi l’etimologista, è più affine a “pòros”, che significa invece “passaggio”! Il termine, che deriva dal verbo “péiro”, passare, indica proprio uno stretto di mare e il nostro libretto cita proprio l’esempio del “faro di Messina” col significato di “stretto di Messina”. Faro e stretto, sono quindi la stessa cosa ed indicano, secondo il Canini, il braccio di mare che separa la Calabria dalla Sicilia; stessa etimologia hanno altri celebri stretti, si pensi al “Passo” di Calais o al “Bosforo” tracio. Al termine di questo avvincente romanzo filologico possiamo trarre le nostre conclusioni: alla denominazione Torre (di) Faro, data alla torre esistente sull’antico capo Peloro, bisogna dare il significato di “Torre dello Stretto”, in quanto si trovava all’imbocco nord del faro (nel senso di stretto) di Messina e giovava a segnalarne l’esistenza alle navi che entravano o uscivano dalle sue acque. Attorno alla torre si sviluppò nel tempo un villaggio che prese il nome, appunto, di Torre Faro. Il cerchio si chiude.
Desta ancora più stupore a questo punto, come fa notare in calce lo stesso Puzzolo Sigillo, prendere consapevolezza del fatto che tutti i vecchi nomi dei villaggi di Messina, detti “forie”, hanno tutti origine da una specificazione: così il nome greco “kalé akté”, bella spiaggia, si trasformò in Galati, poi dall’antico nome Casale Cammariorum o Casale de Cammariis si è formato il moderno villaggio Camaro e così via da Casale Johannis Pilieriis diventò Giampilieri ed infine dal vecchio nome Casale Phari o Turris Phari e cioè villaggio di Torre Faro o di Faro si è passati al nome moderno, che è semplicemente villaggio Faro.
Vittorio Tumeo