Il Centro Antiviolenza: "Concordato non accettabile nei casi di femminicidio". Polemiche sulla svolta al processo per l'omicidio di Alessandra Musarra
MESSINA – Non va giù neanche al Centro donne antiviolenza la richiesta di concordato avanzata dalla Pubblica Accusa al processo per l’omicidio di Alessandra Musarra. La onlus presieduta dall’avvocato Maria Gianquinto partecipa al processo d’appello: ha chiesto infatti alla Corte d’Assise d’Appello di ammetterla al risarcimento come parte civile, mentre in primo grado è stata esclusa. L’associazione ha supportato la famiglia di Alessandra sin da subito, in particolare la madre, poi ha seguito l’intero processo come rappresentante di tutte le donne vittime di violenza e a nome di tutti gli operatori quotidianamente impegnati in questa lotta.
“Come Centro Antiviolenza la richiesta di concordato non è assolutamente condivisibile trattandosi di femminicidio – spiega la presidente della sigla, che ha affidato ad una lettera aperta tutta la propria amarezza, dopo la prima udienza del processo di secondo grado – La Corte d’Assise ha condannato l imputato alla pena dell’ergastolo ma ha rigettato la richiesta di risarcimento avanzata dai centri antiviolenza e soltanto il CeDAV Onlus si è appellato al fine di sottolineare e ottenere il
riconoscimento dell’importanza del lavoro svolto e dell’impegno profuso quotidianamente in difesa delle donne vittime di violenza e delle loro famiglie.
“L’ Associazione CeDAV Onlus è portatrice di un danno diretto derivante dal femminicidio di Alessandra Musarra in quanto oltre alla lesione alla vita della donna il femminicidio stesso costituisce una profonda ferita per l’intera società. In sede d’appello, pertanto, la Corte dovrà pronunciarsi non solo sulla valutazione della congruità della richiesta di concordato tra accusa e difesa, il cui eventuale accoglimento comporterà una riduzione della pena, ma anche sull’opportunità della richiesta avanzata dal CeDAV Onlus impegnato da oltre 30 anni nel prevenire e contrastare la violenza di genere in ogni forma e ogni tipo di discriminazione contro le donne”, conclude l’avvocata Gianquinto.