Da rifare processo d'appello per l'infermiere che strangolò la fidanzata a Furci nel 2020. E che potrebbe evitare l'ergastolo
Messina – Nessun dubbio sulla piena colpevolezza di Antonio De Pace in relazione al femminicidio di Lorena Quaranta. Il ragazzo, condannato all’ergastolo in primo e secondo grado, guadagna però una “chance” in Cassazione per evitare il carcere a vita nel massimo rigore, così come deciso dalla Corte d’Assise d’appello di Messina nel luglio scorso.
L’ergastolo per il femminicidio
Accogliendo in parte il ricorso degli avvocati dell’infermiere vibonese, la I sezione della Suprema Corte ha rinviato il processo alla Corte d’Assise d’appello per valutare l’applicabilità delle attenuanti generiche, che se concesse possono sgravare il “fardello” complessivo della condanna di Antonio De Pace. Il procuratore generale presso la Corte di Cassazione aveva invece sollecitato il rigetto dell’appello con la conferma integrale della condanna e la conferma dei risarcimenti alle parti civili (la famiglia di Lorena assistita dall’avvocato Giuseppe Barba e i centri antiviolenza Cedav e Una di Noi rappresentati dalle avvocate Maria Gianquinto e Cettina Miasi).
La notte degli orrori nella villetta di Furci
Il ragazzo ha strangolato la fidanzata di Favara, specializzanda in Medicina a Messina, nella loro abitazione di Furci Siculo. Era il 31 marzo 2020 e fu lo stesso infermiere ad avvisare i Carabinieri. All’arrivo nella villetta, i militari si trovarono davanti un De Pace che biascicava qualche parola, sostenendo di averla uccisa terrorizzato dall’idea di essere contagiato dal covid 19, per poi chiudersi nel durissimo silenzio che ha caratterizzato tutto il suo atteggiamento in carcere e al processo, fino ad oggi.
La Procura non gli ha mai concesso alcun attenuante, smontando anche la tesi del “raptus” di paura. Tesi condivisa dai giudici, che nelle motivazioni della sentenza di I grado ricostruiscono anche le ultime tragiche ore della coppia, prima del delitto e che hanno confermato la condanna all’ergastolo.