Anche i genitori di Antonio De Pace depongono al processo e raccontano: "la tragedia un fulmine a ciel sereno"
Tecnicamente è stata una “udienza di passaggio” quella di ieri al processo per il femminicidio di Lorena Quaranta: il giudice ha sentito i testimoni dell’Accusa, ha ascoltato il medico legale che ha effettuato l’autopsia sul corpo di Lorena, qualche altro adempimento poi è stato tutto rinviato a settembre prossimo, per sentire altri testimoni.
Solo che, ieri, sullo sfondo di quel processo, c’era il ricordo di una ragazza strappata alla vita a 27 anni, uccisa da quello che credeva il suo compagno, l’uomo che avrebbe dovuta proteggerla, e che ora si è rinchiuso nel suo silenzio ed è ristretto in carcere, incapace di dire una parola anche soltanto per difendersi. E nell’aula, sul banco dei testimoni e tra i banchi, c’erano i genitori di Lorena e tutto il loro dolore, c’erano i genitori di Antonio De Pace, a loro volta con la stessa angoscia e lo sgomento, se possibile.
Tra i teste è stato sentito proprio il papà dell’infermiere del vibonese, che ha cristallizzato quell’angoscia nella parte più toccante della sua deposizione, cioè quando ha espresso il desiderio di voler “riabbracciare” i genitori di Lorena. L’uomo ha spiegato di non aver colto alcun segnale di tensione rilevante tra i giovani, né di atteggiamenti violenti nel figlio. Un fulmine a ciel sereno, la tragedia, che a loro in qualche maniera ha tolto due figli: il loro in carcere, e Lorena alla quale si erano affezionati molto.
Un fulmine a ciel sereno? Per l’Accusa no. Antonio ha premeditato il delitto. Una esplosione di violenza incontrollata frutto di un’angoscia interiore, ai limiti del patologico, fino a quel giorno non ancora manifestatasi? Secondo la difesa probabilmente sì. Per questo l’avvocato Salvatore Silvestro, difensore dell’infermiere, sta valutando se tornare a chiedere la perizia psichiatrica.