Due opere accomunate dall'appartenenza alla medesima temperie del verismo musicale di fine Ottocento e perciò proposte insieme
Promossa e realizzata dalla Fondazione Festival Euro Mediterraneo insieme con Taormina Arte, sabato 2 agosto al Teatro Antico di Taormina è andata in scena la rappresentazione di Pagliacci di Ruggero Leoncavallo e di Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, due opere accomunate dall’appartenenza alla medesima temperie del verismo musicale di fine Ottocento e perciò proposte insieme. La regia e le scene sono state allestite da Enrico Castiglione, i costumi sono opera di Sonia Cammarata, le coreografie di Sarah Lanza mentre la direzione dell’Orchestra Filarmonica Hang Zhou è stata affidata alla bacchetta di Yang Yang che si è avvalso della collaborazione del Coro Lirico Siciliano diretto da Francesco Costa. Cast di sicuro valore per entrambe le opere. Pagliacci: soprano Valeria Sepe (Nedda/Colombina), tenori Piero Giuliacci (Canio/Pagliaccio)e Giuseppe Distefano (Peppe/Arlecchino), baritoni Giovanni di Mare (Tonio/Taddeo) e Valdis Jansons (Silvio). Cavalleria rusticana: soprani Silvana Froli (Santuzza) e Tian Hui (Lola), mezzosoprano Sofio Janelidze (Lucia), tenore Piero Giuliacci (Turiddu), baritono Marcello Lippi (Alfio).
Castiglione ambienta Pagliacci in una realtà circense appena abbozzata: un sipario, una tenda, un gruppo di acrobati e il coro-pubblico. La trama è ispirata a un fatto di cronaca realmente accaduto in Calabria tra il 1865 e il 1870 e prende corpo attraverso una serie di eventi che culminano nel tragico epilogo dell’uccisione di Nedda e Silvio da parte di Canio. La chiave di lettura per decrittare il pensiero dell’autore si trova nel Prologo affidato a Tonio/Taddeo che, avanzando ben oltre il sipario e rivolgendosi al pubblico per annunziare l’apertura dello spettacolo, tiene a precisare che dietro la finzione scenica si nascondono e si agitano patimenti autentici. L’opera è a tratti pervasa da un eccessivo lirismo tessuto su una materia umana e sentimentale (la gelosia, il delitto passionale) di per sé cedevole ad una commozione facile e di sicuro effetto, che il direttore Yang Yang e il canto comunque assecondano in modo equilibrato senza soverchio abbandono; ma il suo indiscutibile pregio risiede indubbiamente nell’ambivalenza, nell’equivoco di fondo tra realtà e finzione generato dall’espediente del teatro nel teatro, cosicché non solo i personaggi dell’opera, i cantanti-maschere, ma anche il pubblico-spettatore rimane irretito nell’ambiguità del suo “doppio” che è il pubblico-coro. Pregevole e attenta l’interpretazione di Yang Yang che ha dovuto confrontarsi con una partitura non sempre facile e insidiosa, caratterizzata da una considerevole molteplicità di registri stilistici, dal colore locale della ballata di Nedda nell’atto primo scena seconda ai richiami alla musica sinfonica, fino all’imitazione della musica settecentesca, nel secondo atto, per segnare l’inizio della commedia e introdurre l’invenzione metateatrale.
Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, liberamente ispirato ad una novella di Vita dei Campi e all’omonimo dramma di Giovanni Verga, vede in scena il Meridione con i suoi tipi umani dominati da travolgenti passioni. Castiglione rinuncia all’ambientazione canonica della chiesa, della casa e dell’osteria. La presenza della chiesa è appena suggerita da un’imponente croce che si staglia al centro del palcoscenico quasi ad assorbirne lo spazio e a siglare icasticamente la scena: la via Crucis della Passione su cui si consuma un altro dramma, quello tutto umano e terreno di Santuzza e Turiddu. La scena è tetra e artatamente scarnificata, quasi metafisica: una scelta minimalista funzionale all’intreccio, al canto e all’esecuzione musicale, che serve anche a dilatare l’azione dei personaggi. I coloratissimi costumi di Sonia Cammarata, sapientemente ispirati alle cinquecentesce ceramiche di Caltagirone, provvedono a suggellare il carattere della ‘sicilanità’ dell’opera. Convincente la performance dei cantanti in entrambe le opere. Mirabile l’esecuzione dell’Orchestra Hang Zhou magistralmente diretta da Yang Yang. Uno spettacolo molto intenso e appassionante, da non perdere. Si replica il 4 agosto alle 21.30.
Giovanni Faraone