Da Bach a Gubajdulina, l'impeto di una pianista fuori dal comune
Ultima pianista ad esibirsi nella stagione della Filarmonica Laudamo, Alice Di Piazza ha presentato al Palacultura un programma, intitolato “La Poesie de la Transcendance” che è spaziato dalla musica sacra barocca di Bach, per arrivare, attraverso dei sommi capolavori tardo romantici di Brahms, ad un’autrice contemporanea, Sof’ia Gubajdulina, il cui brano però si ispira di nuovo al grande Bach.
Il concerto ha avuto inizio con l’esecuzione dello splendido Orgel-Choral vorspiele BWV659 di Johann Sebastian Bach. Si tratta di uno dei Corali di Lipsia, scritto per organo, incluso nel secondo volume, intitolato Nun komm’ der Heiden Heiland (Ora vieni, salvatore delle genti), e fa parte della grande produzione sacra di Bach che ha visto la luce durante il suo soggiorno nella città tedesca (ove compose, tra l’altro le due grandi Passioni, secondo San Giovanni e secondo San Matteo). Un brano in cui si manifesta tutta la severa e profonda spiritualità luterana del grande musicista. Le “Due Rapsodie op. 79” di Brahms, che hanno seguito il corale, furono scritte nel 1879, all’età di 46 anni. Sono pertanto due capolavori della maturità del musicista di Amburgo, eppure ripropongono quella irruenza e passionalità propria dei lavori giovanili, ma con ben altro fascino e ispirazione, tanto da far affermare al musicologo Hans Gal che in questi brani “Brahms tocca il vertice della propria arte”. Impetuosa la prima rapsodia, ma con un momento centrale di oasi di dolcezza, la seconda è forse ancora più interessante con ben quattro temi principali, il quarto dei quali, a carattere misterioso, davvero indimenticabile. “A Brahms non restavano più che quatto anni da vivere, quando dal cuore gli fiorì l’ultima primavera creativa: il nuovo pianoforte. Non più Sonate, non più Variazioni, ma Fantasie, Intermezzi, Capricci, Klavierstucke, e basta. La sua arte era cresciuta nel segno della disciplina. Ora la visitò l’ultima dea: la Libertà”. Non si può descrivere meglio la poesia che caratterizza le ultime composizioni pianistiche di Johannes Brahms che con queste parole di Massimo Mila. Le sette “Fantasie” op. 116 – 1 “Capriccio: Presto energico”; 2 “Intermezzo: Andante”; 3 “Capriccio: Allegro passionato”; 4 “Intermezzo: Adagio”; 5 “Intermezzo: Andante con grazia ed intimissimo sentimento”; 6 “Intermezzo: Andantino teneramente”; 7 “Capriccio: Allegro agitato” – appartengono all’ultimissima produzione di Brahms, composte nel 1892, all’età di quasi sessanta anni, quattro anni prima della sua morte. Nelle ultime, meravigliose, quattro raccolte – oltre l’op. 116 compose i tre “Intermezzi” op. 117, i sei “Klaviersucke” op. 118 e i quattro “Klavierstucke” op. 119 – Brahms si dedica a quelle miniature per pianoforte, forma prediletta dal suo maestro Schumann, la cui influenza, nonostante i parecchi anni trascorsi dalla sua frequentazione, appare evidente (ad es. il settimo brano “Capriccio”, ricorda alquanto il settimo pezzo di “Kreisleriana”). Sono brevi brani dal carattere ora impetuoso, come i “Capricci” (n. 1, 3 e 7), ora intimo e pensoso, come gli “Intermezzi” (n. 2, 4, 5 e 6). La fantasia del compositore tedesco si libra in armonie e sfumature che evocano paesaggi nordici, notti misteriose, brume autunnali. I quattro “Intermezzi” in particolare rappresentano pagine profondamente intime e talora struggenti. L’interpretazione di Alice Di Piazza ha convinto fino ad un certo punto. Pianista sicuramente dotata, dal temperamento forse eccessivamente esuberante, la Di Piazza ha fornito una intensa interpretazione del corale di Bach, mentre è sembrata forse troppo veemente nell’esecuzione dei brani di Brahms, musica, come ha acutamente scritto Rostand, connotata ad un tempo di “leggerezza e robustezza”, laddove l’esecuzione della pianista ha fatto prevalere senza dubbio la robustezza, a discapito dell’equilibrio complessivo della raccolta, e ciò vale anche per le due Rapsodie. Molto energica ed impetuosa l’esecuzione del brano di chiusura del concerto, la “Chaconne (in memoriam J.S. Bach)” di Sof’ia Gubajdulina, un impegnativo pezzo ispirato alla celebre Ciaccona della Partita n. 2 BWV 1004 per violino solo di Bach in forma di tema e variazioni, ma ricco di aspre dissonanze, al limite della tonalità, ove l’uso percussivo e martellante dello strumento tradisce l’evidente influenza di Prokofiev.
La pianista, dal temperamento a dir poco eccentrico (il togliersi le scarpe prima di suonare, la scelta, poco felice, di eseguire l’intero programma senza intervallo, il deciso gesto di chiudere il coperchio del pianoforte, ad indicare che non avrebbe concesso alcun bis nonostante gli applausi del pubblico), prima di congedarsi ha voluto partecipare la propria emozione per l’esibirsi nuovamente a Messina, dove all’età di dodici anni vinse il suo primo concorso pianistico, suonando alla Sala Laudamo.
Giovanni Franciò